Lo Hobbit 2 – La desolazione di Smaug – La recensione


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di Lucia Sky Ghidetti

Dopo un’attesa durata un anno riprende il viaggio della compagnia di Thorin Scudo di Quercia verso la Montagna Solitaria, ma non vi illudete di ritrovare quei toni fiabeschi che sono presenti nel testo originale di Tolkien e nel primo capitolo dello Hobbit diretto da Peter Jackson: l’avventura dei nani per riconquistare il regno di Ereborn si intreccia infatti con eventi molto più grandi di loro, che si ricollegano inevitabilmente alla trilogia del Signore degli Anelli.
Nonostante le critiche ricevute dopo il primo film dello Hobbit per le differenze rispetto al libro, Peter Jackson decide di continuare sulla strada intrapresa, e si allontana ancora di più dal testo originario; la scelta di trattare una storia in origine per “bambini” in tre film, esige molti cambiamenti e aggiunte da parte del regista. Egli cerca di unire il racconto fiabesco ai toni epici e cupi con cui ha girato il Signore degli Anelli, infatti vorrebbe che le due trilogie fossero una il continuo dell’altra: inserisce per questo sia nel primo film, e ancora di più nella Desolazione di Smaug, molti particolari e richiami che facciano immediatamente pensare al Signore degli Anelli; la stessa colonna sonora in alcuni punti è simile.
Tolkien scrive lo Hobbit venti anni prima del Signore degli Anelli, per questo motivo in questo suo primo racconto non sono presenti molti elementi che invece diventeranno caratteristici del mondo che ha creato subito dopo; Peter Jackson tenta di riscrivere la storia e di ampliarla, ma si attiene quasi sempre a ciò che Tolkien ha scritto; in pochi casi decide di inventare qualcosa.
Tuttavia vi sono alcune scelte che sono discutibili, come la brevissima parentesi dell’incontro con il mutaforma Beorn. Fisicamente ricorda più un lupo mannaro che un orso, e viene liquidato in pochi minuti nonostante sia uno dei punti più interessanti del romanzo; la speranza è che almeno nella versione estesa abbia qualche scena in più.

E’ stato poi inserito nuovamente Legolas, egli è infatti il figlio di re Thranduil signore di Bosco Atro, e anche se non era presente nel libro dello Hobbit, la sua presenza è facilmente giustificabile. Ciò che invece è più difficile da accettare è la presenza di Tauriel, un’elfa silvana (che di elfico ha ben poco). E’ comprensibile la necessità di inserire una figura femminile in un’opera totalmente al maschile, ma è il voler creare a tutti i costi una storia d’amore, che finisce col tradire le intenzioni originali dell’autore. Questa scelta mina la credibilità dell’intero film, perchè Tolkien non avrebbe mai scritto una cosa del genere.hobbit
Tralasciando questi particolari, Peter Jackson ha saputo girare un film spettacolare che mantiene viva l’attenzione dello spettatore dal primo minuto fino alla fine. Non vi sono mai momenti noiosi, e anche le parti più cupe sono intervallate da battute che alleggeriscono il tutto.
Vi è in alcuni momenti un uso eccessivo della computer grafica, che traccia una differenza significativa rispetto al Signore degli Anelli dove non era stata abusata.
Le ambientazioni sono davvero convincenti: dalla dimora degli elfi silvani, Bosco Atro, che immerge completamente lo spettatore in un mondo magico e antico, alla città in decadenza di Pontelagolungo che riporta l’osservatore alla nuda realtà fatta di povertà e miseria.
Per giungere poi al meraviglioso regno di Ereborn sotto alla montagna, caratterizzato da monumentali opere realizzate dai nani, e da una quantità inimmaginabile di oro. E’ qui che troviamo il punto forte di tutto il film: il drago Smaug. Nonostante abbia anche egli ricevuto qualche critica perchè secondo alcuni è rappresentato come una viverna e non come un vero drago, ritengo che la sua realizzazione e caratterizzazione sia perfetta. Dal suo aspetto, fino alla voce stessa doppiata in Italiano da Luca Ward, che contribuisce ad attribuirgli quell’aura spaventosa e grandiosa allo stesso tempo, non c’è una scelta che sia stata sbagliata. I dialoghi ricalcano il tono usato nel libro, e permettono a Bilbo di mettere alla prova ancora una volta le sue abilità da scassinatore.
Lo scontro è epico: da una parte la forza fisica di Smaug, dall’altra l’astuzia e la velocità di Bilbo.
Continua nel frattempo la parentesi del Negromante, che vede coinvolto tutto il bianco consiglio e in particolare Gandalf; in questo modo Peter Jackson cerca di spiegare il motivo delle assenze frequenti di Gandalf dalla compagnia di Thorin, rifacendosi ad altri scritti successivi allo Hobbit. Anche questa parte rivelerà non pochi colpi di scena.
Il film finisce poi lasciando le vicende interrotte nel punto cruciale, preannunciando un finale grandioso. Se questo secondo film si presenta più avvincente sotto ogni punto di vista del primo, sicuramente il terzo continuerà questa scalata culminando con un finale atto a richiamare quello del Ritorno del Re.
Nel suo complesso il film merita assolutamente di essere visto, perchè ci dà la possibilità di immergerci ancora una volta nel fantastico mondo di Tolkien, che Peter Jackson ha saputo così abilmente portare sul grande schermo. Inoltre la qualità dell’immagine e la stupenda colonna sonora trasportano lo spettatore in un mondo a parte fatto di magia e oscurità, che appare così nitidamente da sembrare davvero reale.
Se cercate un film che vi lasci con il fiato sospeso per tutta la visione, pieno di colpi di scena e di combattimenti spettacolari, un film che vi emozioni e vi ricordi i valori dell’amicizia e del coraggio, Lo Hobbit – La Desolazione di Smaug fa al caso vostro. E forse anche voi troverete dentro la “caverna” come Bilbo il vostro coraggio, anche se eravate certi di non possederlo

Sceneggiatura e dialoghi:
Cast
Fotografia e Effetti Speciali:
Colonna Sonora
Regia
Voto Personale
Final Thoughts

Overall Score 4.2

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