INTERVISTA A SANDRO PERGAMENO


INTERVISTA A SANDRO PERGAMENO

A cura di Stefano Sacchini

“… potremmo dire che una storia fantasy è una storia dove esiste la magia, una storia ambientata cioè in un ‘milieau’ che includa la magia non razionalizzata come parte integrante del mondo quotidiano. E poiché sulla nostra Terra non ci pare che esistano luoghi dove agiscano i poteri magici, i racconti di questo genere implicano la creazione di un mondo immaginario, di un ‘ambiente’ inventato totalmente dall’autore.”

(estratto da “Maghi e guerrieri: dove va la fantasy oggi”, in I tesori della fantasy, a cura di Sandro Pergameno, Roma 2000)

Pochi nomi nell’ambito italiano del fantastico sono presenti come quello di Sandro Pergameno (Roma, 1950). Quale appassionato non ha mai letto una sua introduzione a capolavori grandi o piccoli, a classici come Cristalli sognanti di Theodore Sturgen o L’esilio di Sharra di Marion Zimmer Bradley? Le sue presentazioni, le sue analisi, i suoi riferimenti sono stati, e sono tuttora, fondamentali per chiunque voglia tracciare una mappa e destreggiarsi nell’intricato mondo della fantascienza e della fantasy.

Non potrebbe essere altrimenti: è sufficiente leggere una breve nota biografica di Sandro Pergameno per rendersi conto dell’esperienza da lui accumulata in quattro decenni dedicati al fantastico in generale, sia fantascienza sia fantasy.

Accanito lettore sin da giovanissimo, Sandro Pergameno si lancia in campo editoriale nel 1976 con i tre numeri della rivista Fantascienza Ciscato, curata insieme a Maurizio Nati.

Dopo aver collaborato con Nova, per Ugo Malaguti, nel 1978 accetta l’invito di Gianfranco Viviani e diventa responsabile delle collane dell’editrice Nord (Cosmo Oro, Cosmo Argento, Narrativa d’Anticipazione, Fantacollana solo per fare alcuni nomi), cosa che fa con grande competenza per buona parte degli anni ’80. Nel 1992 Sergio Fanucci gli propone di curare le sue collane dedicate a fantascienza e fantasy. La collaborazione con Fanucci nel 2002 termina.  Non del tutto, però, come dimostra la prefazione alla recente edizione del ciclo di Dune.

E’ quindi con immenso piacere che Fantasy Planet presenta un’intervista a questa personalità indiscussa del fantastico.

Quando è nata la tua passione e c’è un romanzo in particolare che ti ricordi con maggior affetto?

La mia passione per il fantastico risale alla fine degli anni cinquanta. A nove anni, per Natale, un mio zio mi regalò alcuni libri per ragazzi, tra cui un romanzo di fantascienza, Il sole sotto il mare, di Jean Gaston Vandel, che mi piacque enormemente e mi conquistò per il messaggio di libertà di cui era intriso. Era una collana per ragazzi di cui non ricordo più il nome, e in seguito presi a leggere collane da edicola come Urania e Cosmo Ponzoni. Era l’epoca dei primi classici di Urania, e tanti sono i libri che mi colpirono, ma un ricordo particolare va a Cristalli sognanti, del grande Theodore Sturgeon.

 

Come molti altri, sono cresciuto a pane e libri Cosmo; puoi parlarci della tua esperienza come curatore delle collane della Nord?

La mia esperienza di curatore della Nord nasce da una precedente esperienza come curatore di una rivista degli anni settanta (1976, per esattezza), Fantascienza Ciscato, di cui uscirono soli tre numeri ma che fu comunque molto apprezzata dagli appassionati dell’epoca e in particolare da Gianfranco Viviani, editore appunto della Nord. Quando Viviani, nel 1978, si ritrovò a dover scegliere un nuovo curatore delle sue collane, mi telefonò e mi chiese se ero interessato a fare l’editor della Nord. Naturalmente accettai con entusiasmo. Questa esperienza, che durò fino al 1987, fu estremamente divertente, anche se a suo modo impegnativa. Scrivere le introduzioni a quasi tutti i volumi delle collane Nord è stata un’esperienza molto interessante, ma anche piuttosto intensa. Ho dedicato molto tempo alla Nord e Viviani rimane una delle persone più gradevoli e competenti con cui ho collaborato. Devo dire inoltre che mi ha sempre lasciato estrema libertà di scelta, a parte alcuni casi eccezionali. Nel bene e nel male mi sento responsabile di gran parte delle uscite dell’epoca. E ricordiamo che a quei tempi si poteva ancora scegliere il meglio della produzione inedita di autori come Robert Silverberg, Philip Josè Farmer, Jack Vance, Ursula LeGuin e come lo stesso Philip Dick.

 Ci sono scrittori che hai fatto conoscere al pubblico italiano?

Sì, penso anche di aver lanciato qualche autore importante, anche se poi qualcuno è già passato di moda. Penso a Joan Vinge, alla Marion Zimmer Bradley, alla C.J. Cherryh, a Charles Sheffield, a Gene Wolfe. E anche il meglio di Fred Pohl, Poul Anderson, Gordon Dickson, e degli stessi Farmer e Vance è passato per le mie mani quando ero alla Nord.

Hai ricordi personali di qualche scrittore in particolare?

In realtà ho sempre condotto una vita molto ritirata. Devo precisare inoltre che, a parte alcuni anni all’inizio, la fantascienza è rimasta sempre un’attività secondaria rispetto all’informatica, con cui mi guadagnavo da vivere. Quindi non ho girato molto e non ho conosciuto tanti autori. Ricordo con piacere Theodore Sturgeon, che venne alla prima Convention italiana a Ferrara come ospite d’onore: una persona di una sensibilità straordinaria. E Robert Silverberg, con cui ho intrattenuto una lunga amicizia epistolare.

Com’è cambiata l’editoria in questi ultimi trent’anni?

Il mondo dell’editoria è cambiato in maniera sostanziale in questi trent’anni. La fantascienza è andata perdendo sempre più pubblico e popolarità, a favore della fantasy e di altri generi collaterali, come l’urban fantasy. Ciò è dovuto, a mio modesto parere, a una serie di fattori. In primis, gli autori di fantascienza hanno denunciato sempre più una carenza di nuove idee, proprio mentre la realtà andava oltrepassando la fantasia e le predizioni (spesso rivelatesi fasulle) dei vecchi autori. Al contempo si è sviluppata enormemente la fantasy, sull’onda dei successi di saghe grandiose e avvincenti, come Il Signore degli Anelli e La ruota del tempo di Robert Jordan. La fantasy ha un grosso vantaggio rispetto alla fantascienza: può essere apprezzata più facilmente perché richiede meno sforzi intellettuali e si rifa’ a canoni unanimemente riconosciuti nella letteratura mondiale e nella tradizione epico-favolistica (la lotta tra il bene e il male, le saghe nordiche, l’eroe che si batte per conquistare l’amore della principessa). Il cinema ha inoltre aiutato molto il successo della fantasy: mi riferisco non solo alla trilogia del Signore degli Anelli ma anche alla saga di Harry Potter, che ha portato una ventata nuova anche nella letteratura per ragazzi ed  ha avvicinato nuove generazioni di lettori a questo genere letterario. In sostanza, oggi la fantascienza è diventata un genere secondario rispetto alla fantasy ed è apprezzato soprattutto da vecchi appassionati come me… In realtà i due generi hanno progenitori comuni, e le stesse origine della fantascienza vengono spesso rimandate a classici del fantastico come i romanzi gotici del Settecento, o il Frankestein di Mary Shelley. La svolta cruciale avviene alla fine dell’Ottocento e agli inizi del Novecento, con la pubblicazione dei romanzi di Jules Verne e Herbert George Wells: se non ci fossero state opere come Dalla terra alla Luna, La guerra dei mondi, I primi uomini sulla Luna, Il cibo degli dei, la fantascienza non sarebbe nemmeno esistita. Per tutto il novecento la fantascienza si è sviluppata sull’onda dell’evoluzione tecnologica dei paesi anglosassoni. Ora è in un momento di calo e di riflessione.

Per quanto riguarda le differenze tra fantascienza e fantasy, condividi il punto di vista di Massimo Mongai: “Non c’è spazio per la magia nella fantascienza, né per la mistica o la religione, o una qualunque forma di spiritualismo che sconfini nel soprannaturale” (in Come si scrive un romanzo di genere, Roma 2007) ?

Sulla definizione di fantascienza e fantasy concordo abbastanza con Mongai: in sostanza la fantascienza deve sempre dare una spiegazione logica, tecnico/scientifica, agli avvenimenti che si succedono nella narrazione, anche se poi il confine diventa molto labile, e spesso un’opera può essere definita fantasy o fantascienza a seconda del punto di vista del critico.

 Quale pensi sia il futuro dei due generi?

Prevedo che in futuro il genere fantastico possa incrementare ancor più il suo vantaggio sulla fantascienza tradizionale, ma non sono del tutto pessimista. Penso che ci saranno sempre autori di fantascienza e un certo spazio per le loro pubblicazioni, anche se in Italia questo spazio si sta riducendo sempre più. Tieni conto che ciò avviene anche nei paesi anglosassoni, pur se in misura minore.

 Il cyberpunk, da una parte, e l’urban fantasy, dall’altra, contribuiscono, secondo te, ad avvicinare nuovi lettori a questi generi?

Penso che il cyberpunk e l’urban fantasy possano in qualche modo avvicinare nuovi lettori, di tipologie diverse tra loro. Ritengo infatti che cyberpunk e urban fantasy siano originati da spinte intellettuali contrapposte: il cyberpunk (ormai in declino) fa ricorso a problematiche tecnologiche molto attuali ma circoscritte, che fanno leva su sensibilità tecnologiche tipiche del giovane lettore medio di sesso maschile, mentre l’urban fantasy, con i vampiri della Meyer e le sue tematiche romanticheggianti, solletica soprattutto l’interesse delle nuove generazioni femminili. In sostanza comunque nuova linfa vitale per il genere fantastico: un buon segno, a patto che poi questi nuovi lettori non restino ingabbiati dagli schemi del singolo sottogenere e amplino i loro orizzonti.

 Quali sono gli scrittori che rappresentano la tua fantascienza preferita?

Per quanto riguarda i miei gusti e i miei autori preferiti, ti dirò che ho sempre preferito la fantascienza avventurosa a quella tecnologica, ma queste definizioni cadono di fronte al valore degli autori. Penso che Jack Vance rimanga l’autore che mi ha fatto sognare di più: le sue costruzioni spaziali e i suoi pianeti esotici non hanno eguali. Philip Josè Farmer e Frank Herbert gli sono molto vicini, come immaginazione e grandiosità di idee. Philip Dick è sicuramente lo scrittore più visionario che la fantascienza abbia mai prodotto, e Robert Silverberg ha il merito di aver provato, spesso con grande successo, a introdurre un valore stilistico/letterario nelle tematiche del genere. Citare solo le opere più interessanti di questi autori comporterebbe troppo tempo: dovrei elencare almeno venti romanzi e non mi pare il caso. Magari lo faremo in un’altra circostanza.

 Fra gli autori più recenti, secondo te chi si segnala per la qualità?

Sul fronte dei nuovi autori citerei brevemente alcuni scrittori britannici che mi hanno colpito negli ultimi tempi. Alastair Reynolds (di cui è uscito un romanzo su Urania) mi sembra quello più dotato. E’ un autore che riesce a combinare trame avvincenti e grandiose, idee tecnologiche all’avanguardia e avventura classica in una maniera davvero perfetta. Un autore eccellente. Peccato che le sue opere siano sempre molto lunghe (600-700 pagine) e che ciò pregiudichi, assieme al costo dei diritti e delle traduzioni, la loro pubblicazione in Italia. Un altro, che invece è già noto nel nostro paese, e che mi sembra eccezionale nella sua ecletticità, è Ian M. Banks, autore del ciclo della Cultura. Infine citerei anche Paul McAuley, di cui mi ha colpito un’opera che ritengo eccezionale, Fairyland (pubblicata dalla Nord, per inciso). Nel campo della fantasy pura vorrei citare alcuni autori nuovi che mi hanno favorevolmente impressionato. China Mieville mi sembra quello stilisticamente più dotato, e le sue originalissime opere (da Perdido Street Station a La città delle navi, uscite per Fanuci editore) sono dei veri e propri capolavori della fantasy moderna. Nel campo della fantasy epica più tradizionale ci sono molti autori (purtroppo tutti ancora inediti in Italia) che meriterebbero più attenzione: mi riferisco a Mark Charan Newton, con il suo magnifico ciclo del sole Rosso (inglese come China Mieville, cui un po’ si ispira), a Jennifer Fallon, australiana, più romantica ma sempre molto brava nella costruzione dei suoi cicli, e Sarah Ash, anch’essa britannica, che mi ha impressionato con la serie delle Lacrime di Artamon.

 

Chi sono gli autori italiani di fantascienza più significativi?

Non conosco molto la nuova fantascienza italiana. Ricordo con piacere i vecchi libri del compianto Vittorio Curtoni e di Ugo Malaguti, mentre sul fronte dei nuovi vorrei spendere una parola di stima particolare per Dario Tonani, un autore che ha dimostrato una certa originalità con il suo ciclo apparso su Urania, composto da Infect@ e Toxic@.

 

Scrivere fantascienza o fantasy: mai passato dall’altra parte della barricata?

In realtà non sono dotato di grande fantasia, per cui, dopo alcuni tentativi piuttosto miseri, ho rimesso subito nel cassetto i miei sogni di scrittore. Penso di essere una persona competente ed esperta nel genere, e mi piacerebbe tornare a collaborare con qualche editore coraggioso che voglia rispolverare in Italia il genere fantascientifico. Ti confesso che non sono molto fiducioso, ma “spes ultima dea”, la speranza rimane viva, come la mia grande passione per la fantascienza.


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