Il mito delle streghe nella Letteratura – Seconda Parte


II parte: Il mito delle streghe nella letteratura

Dal Macbeth di William Shakespeare a Harry Potter di J.K.Rowling

A cura di Maila Daniela Tritto

Trapped _ Melanie Delon

 

Atto primo,
Scena prima.
(Una radura. Tuoni e lampi. Entrano tre streghe).
Prima strega: Quando ci rivedremo noi tre?
Tra tuoni, lampi o raffiche di pioggia?
Seconda strega: Quando il tumulto sarà finito
e la battaglia vinta e perduta.
Terza strega: Avverrà prima che il sole tramonti
(William Shakespeare, Macbeth).

Il grande merito da attribuire alla letteratura è certamente quello di dare voce ai pensieri dell’uomo, ma anche alle sue passioni, desideri e talvolta paure. Leggere, lo sappiamo, è importante poiché contribuisce alla costruzione della nostra identità. Date queste brevi premesse, che forse sanno tanto di “etico-sociale”, mi piacerebbe iniziare la seconda parte dello speciale dedicato al mito della strega con la citazione di una delle scrittrici che più apprezzo, e che stimo per le sue personali battaglie Virginia Woolf (n.b. aderì al movimento femminista[1]) che scriveva: «Che fonte inesauribile di piacere sono i libri per me! […] Credo che potrei vivere qui beatamente, leggendo in eterno». E ancora,

«Con quanta interezza vivo nella mia immaginazione; come dipendo assolutamente da zampilli di pensiero che mi vengono mentre cammino, mentre mi siedo; cose che roteano nella mia mente, componendovi un incessante corteo, che dovrebbe essere la mia felicità»[2].

L’esempio di questa donna, in realtà, è emblematico perché dà voce a tutta quella schiera di autrici che, in passato, hanno avuto difficoltà a esprimere i propri pensieri attraverso l’ars scribendi. Di qui il ricorso a pseudonimi che, più o meno velatamente, nascondono la loro vera identità.

Ma cosa c’entra questa premessa? In effetti molto, se si valuta la produzione culturale che generalmente riflette le caratteristiche della società che l’ha prodotta. Il genere fantasy ci propone una pluralità di temi di origine folkloristica che si fondano sulla magia e sulle arti oscure. Di qui  anche l’interesse per la figura delle streghe, e il mio per la sua trattazione.

Invero, la strega riceve molte connotazioni dagli scrittori che si dedicano al suo sviluppo narrativo. Viene esaminata sia con valori positivi che negativi, a seconda della natura del testo. Per esempio, il Malleus Maleficarum (traduzione dal latino Il martello delle streghe, del 1487) scritto dai frati domenicani Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer è un’opera che rivela l’urgenza dell’uomo di reprimere gli atti eretici e la stregoneria. Fino alla metà del XVII secolo restò il più consultato manuale della caccia alle streghe sia da parte degli inquisitori cattolici, sia dei giudici protestanti. Le vittime, come ho avuto modo di dire nella prima parte che Fantasy Planet ha pubblicato il 24 gennaio, sono le donne: le «esiliate della società». Il testo dei due domenicani recita, più o meno, così:

 

«Ma poiché ai giorni nostri la perfidia si riscontra più spesso nelle donne che negli uomini, come l’esperienza ci insegna, noi, cercando di stabilirne meglio la causa, possiamo affermare, completando quello che è stato detto: poiché esse mancano di forze sia nell’anima che nel corpo, non c’è da meravigliarsi se cercano di stregare chi odiano. In quanto all’intelligenza e alla comprensione delle cose spirituali, esse sembrano appartenere ad una, natura diversa da quella degli uomini – è un dato comprovato dall’autorità della ragione e che trova molti esempi nella Scrittura. Terenzio dice: ‘Le donne sono da paragonarsi a dei bambini per l’inconsistenza del pensiero” […] L’etimologia del nome, del resto, lo dimostra: foemina viene da fe [fede] e minus [minore], perché sempre essa ha ed è capace di conservare minore fede. […] Infine per quello che riguarda il desiderio carnale del loro corpo: dove provengono tanti degli innumerevoli mali della vita umana? A buon diritto possiamo affermare con Catone l’Uticense: “Se il mondo potesse esistere senza donne, noi non vivremmo lontani dagli dei».

 

All’inizio tuttavia ho citato il Macbeth[3] di William Shakespeare, per una ragione precisa. Infatti, l’autore – mediante le sue molteplici opere – ha contribuito a una personale caratterizzazione e sviluppo dell’universo femminile. Nel caso del Macbeth l’elemento magico deriva dal mondo naturale (che si distingue fra ‘bene’ e ‘male’) e la donna assume il classico ruolo del «demone tentatore», con allusioni all’erotismo come arma di seduzione. Ciononostante, Shakespeare associa alle tre streghe – antagoniste del dramma – una natura pagana, piuttosto che luciferina. Inoltre, è importante contestualizzare l’opera al periodo di riferimento: l’età elisabettiana, un’epoca in cui la donna era ancora fortemente limitata dall’uomo.

Il mio obiettivo non è analizzare il periodo storico, piuttosto valutare con voi la letteratura stregonesca che deve molto alla cultura popolare. Mi viene in mente la ben nota saga di Harry Potter scritta da J.K.Rowling che è da considerarsi quale «fenomeno intergenerazionale», presentando al suo interno una trama complessa e variamente sviluppata dalla presenza della mitologia, delle leggende e della storia della civiltà occidentale.

«Vedo che tu, come molti altri prima di te, hai scoperto le dolcezze dello specchio delle brame. Suppongo che ormai tu abbia capito cosa fa. Voglio darti un indizio: l’uomo più felice della terra guarderebbe nello specchio e vedrebbe solo se stesso, esattamente come te»[4].

 

L’impianto narrativo di Harry Potter non poggia sulla classica contrapposizione fra bene e male. Non segue la tipica struttura morfologica della fiaba elaborata da Vladimir Jakovlevic Propp, in cui l’acume sta nella lotta – e conseguente vittoria – col cattivo. Harry Potter non segue questa struttura, anzi la scrittrice la deforma e plasma a suo piacimento.

Tuttavia, come ha già evidenziato J.R.R. Tolkien, è sbagliato associare le fiabe ai bambini poiché si finirebbe per considerarli come una specie a sé stante. Esse sono, perciò, un processo di crescita storico-sociologica. La Rowling, dunque, ha dato vita ad opere che affrontano diversamente la figura delle streghe. La connotazione positiva di solito è la norma – pur con tutte le eccezioni del caso -, ed è importante allo scopo di educare i più giovani che non sempre si dedicano alla lettura. Harry Potter si distingue dal Malleus Maleficarum per le caratteristiche di cui ho parlato.

Inoltre, non essendoci un’assoluta contrapposizione tra le forze del bene e quelle del male – nonostante Voldemort, ad esempio,  sia rappresentato nella sua negatività -, i personaggi – come quelli femminili – vivono una dualità interna fra le parti buone e quelle cattive. Infatti, «non esiste bene e male…esiste solo il potere e chi è troppo debole per usarlo».

Fin dalla sua pubblicazione, nel 1997, Harry Potter diventa un vero e proprio fenomeno di crossover, passando per la prima volta dalla sfera dei ragazzi a quella degli adulti. Rovescia, dunque, la tradizione che voleva il passaggio inverso. Raggiunge, poi, il traguardo nella letteratura per ragazzi, che aveva precedentemente ottenuto solo Il piccolo principe[5] di Antoine de Saint-Exupéry. E tutto ciò affrontando con molte novità, diversamente da quanto si è visto nella prima parte da me curata, la tematica della stregoneria.

Tuttavia, nello stesso filone è bene citare un’altra opera degna di nota: Cronache del Regno di Oz in rivolta[6] (Wiked: The Life and Times of the Wicked Witch of the West, 1995) di Gregory Maguire, illustrata da Douglas Smith. Il romanzo di Maguire si pone quale rivisitazione del celebre Il meraviglioso mago di Oz[7] (The Wonderful Wizard of Oz, 1900) di Lyman Frank Baume e della trasposizione cinematografica Il mago di Oz diretto da Victor Fleming e interpretato da Judy Garland nel memorabile ruolo di Dorothy, che lancia la canzone Over the rainbow (trovando numerose versioni come quella di Frank Sinatra).

Se nell’opera di Lyman Frank Baume emerge la spiccata personalità della Strega dell’Ovest – che svolge il ruolo di antagonista -, nella rivisitazione di Gregory Maguire  la strega – di nome Elphaba – non è proprio malvagia, piuttosto è isolata dal mondo per il colore verde della sua pelle. Emerge sempre il tema della «diversità», ma questa volta non di sesso piuttosto di «etnia».

«Aaah, maledetta! L’acqua mi uccide! Mi sciolgo, mi liquefo! Aaah, maledetta! Non immaginavo che la bontà di una bambina avrebbe potuto distruggere la mia stupenda cattiveria!» (La strega cattiva dell’Ovest).

 

Tuttavia, dal punto di vista storico-culturale, entrambe le opere ricordano le donne che fin dall’età medievale venivano considerate «malvagie e senza scrupoli». Nel 2013 sarà possibile vedere la nuova versione della strega Theodora in Il grande e potente Oz (Oz: the Great and Powerful), diretto da Sam Raimi e prodotto dalla Disney.

Ovviamente potrei citare altre opere – letterarie e cinematografiche – che trattano il tema da me affrontato, gli esempi di certo non mancano. Tuttavia, preferisco concludere con una domanda: «dove risiede il segreto della magia?», che sa tanto di «Harry Pottiana memoria». La mia risposta è nell’immaginazione di ognuno di noi, e la letteratura è un valido supporto per esprimerla.

 


[1] V. Woolf, Una stanza tutta per sé, Mondadori, Milano 2000

V. Woolf, Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 2000

[2] V. Woolf, Diario di una scrittrice, Minimum Fax, Roma 2009

[3] W. Shakespeare, Macbeth. Testo originale a fronte, Feltrinelli, Milano 2001

[4] J.K.Rowling, Harry Potter e la pietra filosofale, Salani, Firenze 1998

[5] A. de Saint-Exupéry, Il piccolo principe, Bompiani, Milano 2000

[6] G. Maguire, Strega. Cronache del mondo di Oz in rivolta, Sonzogno, Venezia 2006

[7] L.F. Baume, Il meraviglioso mago di Oz, Mondadori, Milano 2001


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