Il mito delle streghe – Witch and Wizard, di James Patterson – Prima Parte


Witch and Wizard, di James Patterson: il mito delle streghe nella trattazione storico-sociologica

I parte: L’origine storico-letteraria del mito

A cura di Maila Daniela Tritto

«Immagina un mondo…un mondo simile al tuo. Un universo parallelo, dove la vita è ancora fatta di amici, amori, scuola e sport, chiesa e famiglia. Ma poi tutto cambia. All’improvviso. La gente non fa attenzione e la società perde qualcosa di fondamentale. Libri, film, musica. Libertà e giustizia. E il rispetto per l’incredibile potere creativo dei bambini. Può sparire tutto in un lampo. Fa’attenzione, dunque. Non lasciare che questo accada anche al tuo mondo»(JAMES PATTERSON & GABRIELLE CHARBONNET, Witch and Wizard. Il nuovo ordine, Nord, Milano 2012).

Quando si parla di stregoneria, e di figure femminili che esercitano questa pratica magica, inevitabilmente si finisce con il trattare argomenti che variano dall’esoterismo alla mitologia, dalle tradizioni popolari e folkloristiche ai conseguenti sviluppi fiabeschi. Sono molti i volumi che affrontano, più o meno consapevolmente, la tematica e che pongono attenzione alla figura della ‘strega’, che nell’immaginario collettivo europeo è associabile all’età medievale.

Tuttavia, il mito della strega nasce fin dagli albori della Storia della civiltà. Il mito, si sa, è una fabula che può avere diverse varianti, nelle zone in cui si diffonde, allo scopo di insegnare qualcosa. In realtà,

«Nessun mito ha perciò una struttura definitiva, ma in quanto linguaggio storico e nello stesso tempo astorico è possesso di tutti i popoli e di tutti i tempi»[1].

Pertanto, per comprendere la sua genesi è necessario considerare le testimonianze epigrafiche provenienti dal mondo greco che ne hanno confermato l’esistenza di feste biennali di tipo estatico e assimilabili allo stereotipo sabbatico, praticato mediante le danze notturne svolte dalle tipiche congregazioni femminili.

È chiaro che, in una società che abbia connotazioni maschili, le donne siano ridotte al silenzio; costrette a circondarsi delle sole «mura domestiche». Si tratta, perciò, di un dibattito fondamentale nella storia del femminismo e, più in generale, degli Women’s Studies che si sono sviluppati con il preciso obiettivo di far emergere la personalità – e le testimonianze, spesso taciute – delle donne. Così, la credenza nella stregoneria si è unita allo «studio di genere» ed è nata quando ancora la società si fondava secondo un ordine matrilineare.

In effetti, tra i miti più fortunati della cultura occidentale vi è quello di Medea che, nella mitologia greca, era la figlia di Eete – re delle Colchide – e di Idia. Era inoltre la nipote della maga Circe, dalla quale ne aveva ereditato i poteri magici e di cui si hanno altrettante testimonianze. Ancora prima di trovare un riscontro nella tradizione letteraria – memorabili sono, infatti, le tragedie di Quinto Ennio e Euripide, nonché di Publio Ovidio Nasone e Lucio Anneo Seneca, fino a giungere a versioni più moderne come nel caso del romanzo Medea. Voci, della scrittrice tedesca Christa Wolf[2] – il mito fu trasmesso oralmente sulle rive del Mediterraneo. Il personaggio di Medea si carica, dunque, di elementi appartenenti a sfere diverse: è sia una maga che una dea, nipote del Sole.

Sebbene nell’età classica la ‘strega’ abbia avuto molteplici sviluppi, è solo in epoca medievale che si afferma – e consolida – il termine che deriva dal latino ‘strinx’, ossia un uccello rapace notturno a cui si attribuivano generalmente poteri malefici.

Nel saggio di Xiena von Tippelskirch Sotto controllo. Letture femminili in Italia nella prima età moderna, l’autrice affronta il tema delle letture ritenute

“superstiziose”. Offre, infatti, un esempio – risalente all’autunno del 1567 – che ha coinvolto una donna di nome Porzia, accusata di stregoneria[3]. In Sotto controllo emerge, quindi, come i processi si svolgessero per «sortilegio». Di solito venivano aperti con una domanda rivolta all’accusata: “Credi alle streghe?”. Se la donna avesse risposto in modo positivo sarebbe stata accusata di stregoneria e condannata al rogo; viceversa, se avesse risposto in modo negativo, sarebbe stata considerata un’eretica da condannare. Il risultato, comunque, è il medesimo.

Tali accuse, tuttavia, celavano il vero motivo per cui venivano fatte ovvero il «controllo» – da parte della società maschilista – sui molteplici aspetti della vita delle fanciulle. La coercizione fu resa «forzata» ed effettiva con l’istituzione della Congregazione dell’Indice nel 1542 – che si occupò della questione femminile -, per impedire le pratiche di lettura e il conseguente sviluppo culturale delle donne. Emerge, dunque, come la Storia si sia unita alla letteratura – più o meno di genere – e ne abbia evidenziato l’aspetto prettamente simbolico della stregoneria, che deriva dall’antica lotta tra le forze del bene e quelle del male.


[1] A. Caizza, Medea: fortuna di un mito, Dionisio LIX (1989), pp. 9-84

[2] C. Wolf, Medea. Voci, E/O, Roma 2000. Versione aggiornata dal titolo Medea, E/0, Roma 2011.

[3] X. Von Tippelskirch, Sotto controllo. Letture femminili in Italia nella prima età moderna, Viella, Roma 2011, p. 78


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