Intervista a Ilenia Gennari


di Alexia Bianchini

Gironzolando per internet ci si imbatte in artisti nostrani davvero interessanti. Una di questi è Ilenia, che con i suoi progetti ha subito attirato la mia attenzione. Curiosa come sono non ho resistito e mi sono catapultata nel suo sito. Molte domande sono sorte spontanee, sapete bene quanto interesse nutro per gli illustratori. Non so se è pura invidia per le loro doti, o senso di meraviglia che mi coglie quando osservo le loro opere.

Ilenia Gennari. Nasce il 1 Marzo 1992. Si diploma al liceo artistico nel 2011. Dal 2010 porta avanti una fanzine autoprodotta con il gruppo Fattore Manga, con sede ufficiale di vendita a Lucca Comics & Games. Le piacerebbe diventare fumettista (anche in proprio) e game designer per qualche casa produttrice.

Progetti realizzati

Pubblicazione sul tankobon di Disegna Manga e Anime (2009)

Esposizione a Lodi Cartoonia (2010)

Copertina per il gruppo Energon per il singolo La croce Bianca La-la (2010)

Manifesto per il gruppo Energon (2011)

Copertina per il gruppo Energon, per l’album Abuga nell’Occhio (2012)

Copertina per l’artista Jan McFly, per l’album Aura Furens (2012)

Opere a fumetti

The Window (2010)

La Rosa del Deserto (2011)

Intervista all’illustratrice

Ciao Ilenia, raccontaci un po’ di te.

Ciao Alexia, innanzitutto grazie per questa opportunità, sei stata un po’ una sorpresa! Non pensavo di ispirare interviste, in un certo senso, ho ancora tantissime lacune e questa cosa mi ha un po’ spiazzato.

Beh, cosa posso dire? Mi chiamo Ilenia, ho 20 anni, ho frequentato il liceo artistico di Lodi; aspiro a fare fumetti e se le cose andranno meglio, anche animazione. Sono da sempre mie fonti di ispirazione alla pari, quindi penso sia un peccato sacrificarne una perché ho deciso di seguirne un’altra. Quindi, eccomi!

Come è nata la tua passione per il disegno?

Da che ne so, l’ho sempre avuta. I miei genitori raccontano sempre agli amici che come regalo non ho mai voluto giocattoli, ma matite, colori e fogli. In effetti non ricordo di aver mai ricevuto bambole o pupazzi per il compleanno. La voglia di fare fumetti per professione mi è però venuta in seconda media, quando hanno cominciato ad insistere con la domanda “Cosa volete fare da grandi?”.

Disegnare è sempre stata l’unica cosa che sapevo fare e che facevo senza che nessuno mi chiedesse o imponesse di farlo, quindi è stato un po’ strano dover razionalizzare la cosa.

Quali difficoltà hai riscontrato nel tuo lavoro?

Beh, di difficoltà nel mio “campo” ce ne sono tante, è risaputo. Specialmente in Italia, c’è tanta offerta e poca domanda. La gente non è più abituata a leggere fumetti nostrani, perché abituata alle importazioni o ad altri media. Credo che ci sia stato un vuoto di produzione e di offerta tale da spingere i lettori a cercare altro. Se poi tu sei uno che non si colloca nell’attuale mercato italiano, è difficile venir considerati, specie per quelli come me che mescolano varie influenze provenienti da vari mercati.

La cosa che mi sento di più dire di solito è che sono o “Troppo manga” o “Troppo NON manga”; essenzialmente è questo il mio cruccio più forte, ma in realtà di difficoltà ce ne sono ben di più, anche se ci si rivolge a mercati esteri.

Quale stile senti più vicino e quale invece non ti appartiene?

Come ho appena detto, io rientro in quella categoria di artisti che si dicono “ibridi” (sebbene io non ami questa definizione). Mescolo influenze manga ad influenze Disney/francesi. Adoro in egual misura sia artisti come Urasawa, Inio, Miyazaki, Kon, Otomo, lo Studio 4°C, sia artisti occidentali come Moebius, Frezzato, LRNZ, Tenderini e altri artisti provenienti dal mondo dell’animazione: Walt Disney, Richard Williams, Glen Keane, Don Bluth, Tim Burton. (senza dimenticare la Dreamworks!)

A dire il vero, ora che ci penso, le mie influenze maggiori arrivano più che altro dall’animazione e dal cinema, che dal fumetto!

Uno stile che proprio non sento vicino è quello realistico. Sto proseguendo su una strada completamente diversa, verso la stilizzazione e l’espressività della linea e ormai il realismo non mi appartiene più da tempo.

Che differenza c’è lavorare su un proprio progetto, per un privato e per un editore?

Beh, lavorando su un progetto proprio hai il pieno controllo di quello che uscirà dalla tua matita. Lavori e pensi a tutto: dalla sceneggiatura e la “regia”, al disegno, al colore. I dialoghi, i personaggi, l’atmosfera. È tutto di testa tua, quindi è normale avere un feeling più forte con i personaggi e con le storie, rispetto ad un progetto a cui lavori parzialmente. Lavorare con editori per me è tre volte più difficile perché senti la pressione, hai paura di non soddisfare le richieste o di non essere abbastanza brava per una cosa così importante. Poi, devi avere un certo tipo di intesa anche con lo sceneggiatore, altrimenti è impossibile trovare un accordo o quantomeno risultare una buona squadra.

Lavorare per privati è una via di mezzo, diciamo. Ti viene assegnato un progetto, magari non per forza un fumetto, in cui bene o male ti viene lasciata libertà decisionale. Hai una linea da seguire, ma per il resto, la maggior parte delle volte si affidano a te.

Cosa preferisci illustrare?

Non ho una vera preferenza, ma se devo scegliere, direi che mi piace molto fare disegni dinamici con ambientazioni strane e particolari.

Mi piace il genere steampunk e tutti i sottogeneri, quindi qua e là infilo macchine strane a vapore e progetto oggetti di uso comune strambi, prendendo ispirazione dai prototipi di fine ottocento/inizio novecento. Mi piacciono anche le ambientazioni un po’ paradossali, piene di cianfrusaglie o oniriche; ultimamente sto facendo tante ricerche sull’Italia e sui suoi luoghi particolari, è assurdo che nessuno prenda il nostro paese come fonte di ispirazione… Voglio dire, guarda Amalfi!

Qual è la cosa che più ti stimola nel tuo lavoro e quella invece più monotona?

La musica mi stimola incredibilmente. Ho una raccolta di soundtrack di film grandissima, di tantissimi generi e atmosfere diverse, aiutano un sacco. Spesso apro le playlist costruite apposta per scene o storie particolari e ciò mi aiuta ad immaginare meglio le scene. La cosa più monotona? I flat: ossia, il riempimento degli spazi a colori piatti prima di cominciare a ombreggiare la tavola. È la parte più terribilmente noiosa di tutto il progetto.

C’è un personaggio o una storia su cui hai lavorato che ti è rimasta nel cuore?

Sì, quelli su cui sto lavorando ultimamente. Li sto amando tutti, dal primo all’ultimo. Ogni tanto saltano fuori nuovi tratti caratteriali a cui non avevo pensato, è uno spasso sciogliere la mente e lasciarli affrontare situazioni causali, ti aiuta a concretizzarli meglio o come si dice tra amici, a “conoscerli meglio”. Ma se devo esprimere una preferenza, direi che i miei cocchini sono Kay e Lucjan.

So che stai ultimando un progetto molto interessante, ce ne vuoi parlare?

È il progetto di cui fanno parte i personaggi che ho nominato poco sopra. È una miniserie basata su La Regina delle Nevi di Hans Christian Andersen. Ad ispirarmi questo progetto è stato un film d’animazione russo degli anni 50 di Lev Atamanov. Tra l’altro, visto che è una cosa curiosa che ho scoperto settimane fa, questo stesso film ha convinto Miyazaki a fare animazione. Per me è molto importante, visto che Miyazaki è al primo posto nel podio dei miei maestri supremi.

Non ti dico il panico quando ho scoperto all’inizio di quest’anno che anche la Disney sta lavorando ad un adattamento della stessa storia. La casualità a volte è proprio malvagia dentro.

L’idea è quella di abbinare il fumetto ad una serie di contenuti extra in animazione, ma ti assicuro che è la parte che ti porta via più tempo: milioni di disegni per due minuti di filmato.

Per questo progetto sto collaborando con alcuni giovani doppiatori che come me sono partiti dal web, per esempio, la voce di Kay è di Federico Maggiore, Mystinsun su Youtube.

http://www.youtube.com/user/mystinsun

Qual è il progetto che ti piacerebbe seguire, ma che non ti senti ancora pronta ad affrontare?

Credo proprio questa miniserie che sto cercando di produrre sia un passo enorme che sto facendo, perché a parte un paio di one shot, non ho mai prodotto serie a fumetti. Non mi sento affatto pronta, ma è una cosa che sento di dover fare il prima possibile, quindi eccomi.

Cosa ti riserva il futuro? Hai fatto dei piani?

Beh, i piani sono sempre molto ambiziosi. Per esempio, aprire uno studio Ghibli all’italiana oppure una casa editrice sarebbe una cosa fantastica, ma sono davvero progetti che vanno rimandati di tanto, perché non ti lasciano più spazio per disegnare per te. Sono cose che devi cominciare a progettare quando ormai non hai più l’età per fare il disegnatore a tempo pieno.

Per ora preferisco lavorare come semplice operaia del disegno o creativa, poi si vedrà.


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