Ricreare il passato, immaginare il futuro – Terza parte: Bradbury, Simak e la space-opera recente


di Claudio Cordella

Asimov non usa mai il termine postumano, a differenza di Bruce Sterling che negli anni ’80 incentrerà il suo ciclo di (Schismatrix) Matrice Spezzata sulla postumanità, ma i Solariani chiaramente lo sono de facto. Questi ultimi rimangono però un’eccezione, come gli abitanti di Nuova Terra che vorrebbero evolvere in umanoidi anfibi perché il loro mondo è costituito sopratutto da oceani, mentre i milioni di mondi della galassia sono popolati da comunissimi umani non molto diversi da noi. Un modo di vedere il futuro non solo diverso da quello di autori più recenti, come Sterling appunto, ma anche di scrittori ante-guerra come Stapledon; il quale, come abbiamo visto all’inizio, spese molte energie nel tentativo di descrivere l’evoluzione della nostra specie. Al contrario l’insegnamento della narrativa stapledoniana è ben visibile nel romanzo omonimo e nei racconti della Matrice Spezzata. Heinlein e Asimov hanno fatto scuola e dopo di loro gli scrittori di sci-fi, in particolar modo di space-opera, si sono ingegnati nel creare quadri storiografici, più o meno convincenti, che facessero da sfondo alle loro avventure spaziali.

Poul Anderson.

A tal proposito si pensi solo al ciclo della Polesotechnic League (Lega Polesotecnica) di Poul Anderson (1926-2001) (01) oppure alla Terro-Human Future History (02) di Henry Beam Piper (1904-1964). Parlando di colonizzazione interstellare il richiamo al mito del Far West, sempre e comunque, riemerge continuamente con forza; così come il fascino esercitato dall’Impero Romano continua ad aleggiare su tutte le strutture imperiali che vengono evocate. Non si deve però generalizzare. Negli anni ’80 la scrittrice Carolyn Janice Cherryh inizia il suo primo grande successo del 1981, Downbelow Station (La lega dei mondi ribelli), vincitore di un Premio Hugo nel 1982, con un lungo prologo di carattere fantastorico: qui si narra nei particolari delle origini della guerra che contrappone la Sol Corporation o Earth Company (Anonima Terra) con la Union (Confederazione) che ha la sua capitale nel mondo di Cyteen. Il romanzo invece, con toni drammatici e realistici, descrive l’orrore del conflitto tra queste due potenze e la nascita, come reazione alle violenze belliche, alla Merchanter’s Alliance (Lega dei mercanti), una terza forza diversa rispetto alle  potenze in lotta. Anche un altro formidabile creatore di imperi interstellari, Frank Herbert (1920 – 1986), l’autore del monumentale Dune, romanzo di cui abbiamo già avuto modo di parlare diffusamente su Fantasy Planet, definì con precisione, anche attraverso apposite appendici, lo sfondo storiografico del suo capolavoro. Qui possiamo osservare che se Asimov si inspirò alla romanità per il suo Impero Galattico al contrario Herbert prese spunto dal mondo arabo. Termini e concetti tratti dalla cultura islamica non sono però gli unici a esseri usati, pur rivestendo una grande importanza in ambito mistico-religioso; ad esempio, gli aristocratici dell’Impero usano il russo per indicare i veleni che vengono solitamente usati per gli assassini politici e nelle faide. Invece la preziosa spezia attorno alla quale ruota l’economia galattica è nota anche con il nome di melange; una parola francese che letteralmente significa “miscuglio”. In buona sostanza la civiltà della galassia di Dune ricorda diverse culture senza per questo essere la copia carbone di nessuna di loro.

Christine V., uno dei protagonisti di The Five Star Stories. Cavaliere Vicario dell'Impero di Fillmore.Copyright degli aventi diritto.

Curiosamente il fumettista giapponese Mamoru Nagano, il quale nei volumi a fumetti della serie The Five Star Stories strizza più volte l’occhio ad Asimov e a Herbert, afferma di aver volutamente dato vita a un cocktail unico di culture e civiltà nel tratteggiare i mondi e i regni del suo immaginario Ammasso Stellare del Joker. È lo stesso autore, parlando di due importanti nazioni dell’Ammasso, l’Impero di Fillmore di re Chorus III del pianeta Kalamity e l’Amaterasu Kingdom Demesnes (A.K.D) di Delta Belun, governato dall’incarnazione divina Amaterasu Dis Grand Gris Eihtath IV e difeso dall’ordine cavalleresco dei Cavalieri Mirage, ad affermare che: “L’Impero di Fillmore, su Kalamity, ha una storia lunga e ininterrotta come il Giappone, ma il suo ordine cavalleresco ha costumi simili alle guardie svizzere vaticane, mentre lo stile del Re ricorda l’Impero Ottomano. Amaterasu, dell’A.K.D. Indossa un kimono a maniche larghe e ha i capelli acconciati alla giapponese, ma i suoi Cavalieri Mirage ricordano l’Ordine del Tempio d’Oriente […] Re Chorus risiede in un palazzo simile a una piramide Maya, però veste alla giapponese ed è su una veranda in legno che si perde nei ricordi […]”. MAMORU NAGANO, The Five Star Stories, vol. 1, Kadokowa Shoten, Tokyo 1987; ed. Flashbook, Bologna 2010, p. 179. Nagano, compiendo un’operazione simile a quella di Herbert, mescola assieme Ottomani, Giapponesi, Templari e Maya, etc.; suggestioni diverse, come nell’abbigliamento e nell’architettura, sono adattate tra loro per rendere l’idea di una civiltà diversa, simile per certi versi a quelle del passato ma in realtà a suo modo unica e irripetibile. Assai singolare è anche la cronologia che Nagano elabora per il Joker, precisa e accurata quanto quella elaborata a suo tempo da Heinlein, di ampio respiro cosmico quanto quella di Stapledon. Si consideri poi che all’interno della struttura di The Five Star Stories il quadro storico ha sin dall’inizio un ruolo determinate: l’autore ci mostra sin dall’inizio qual’è sarà il destino di ciascun personaggio principale, nel prologo e nell’appendice cronologica, definendo immediatamente gli avvenimenti cardine di questa saga. Nagano preferisce analizzare l’evoluzione psicologica dei suoi eroi all’interno di una dimensione temporale chiusa, una dimensione storica di cui egli ha già stabilito un inizio e una fine. Un altro sensei (maestro) del fumetto nipponico, Masamune Shirow (pseudonimo di è Masanori Ota), ricorre a un accurata cronologia per il suo manga Appleseed, un originale assortimento di tematiche cyberpunk, fantapolitica e utopismo  non rivelando però quale sarà la sorte dei suoi eroi che a tutt’oggi non ci è stata ancora rivelata. Al contrario però sia Ursula K. Le Guin, sia Iain M. Banks nell’elaborare le loro trame ad ambientazione interstellare, con l’Hainish Cycle (Ciclo dell’Ecumene o Ciclo Hainita) la prima e la saga della Cultura il secondo, non si impegnarono affatto nel costruire un’accurata ipotetica cronologia del futuro.

Consider Phlebas (Pensa a Fleba).

Al massimo, in entrambi i casi, possiamo rintracciare un solo evento storico importante atto a far da spartiacque all’interno di questi due universi narrativi. Ad esempio, sappiamo che la Cultura venne coinvolta in un cruento conflitto interstellare con una specie aliena bellicosa e fanatica religiosa, dunque se Consider Phlebas (La mente di Schar o Pensa a Fleba) è ambientato durante questa guerra al contrario altri romanzi, come Use of Weapons (La guerra di Zakalwe) e Look to Windward (Volgi lo sguardo al vento), sono temporalmente collocabile dopo il suo termine. Nel caso del Ciclo Hainita, che coinvolge diversi popoli umanoidi discendenti da un capostipite, un evento basilare è l’invenzione di un sistema di comunicazione interstellare superluminale (l’ansible), così com’è deducibile da Dispossessed: an ambiguos utopia (I reietti dell’altro pianeta o Quelli di Anarres). Una scoperta che consente all’organizzazione nota come Ecumene di svolgere un ruolo decisivo nello scambio di informazioni tra i diversi mondi. Sia la Le Guin che Banks regalano ai loro lettori la descrizione di società dalla durata millenaria, interessandosi la prima più all’antropologia e alla sociologia, e il secondo alla psicologia oltre che alla politica e alle scienze sociali. (L’interesse per tali discipline tra l’altro è ben visibile anche nelle opere fantasy della Le Guin, come ad esempio nella saga di Earthsea). In entrambi i casi la storiografia in senso stretto passa in secondo piano, delineando al massimo uno sfondo di massima definito solamente a grandi linee.

Concludiamo questa nostra carrellata fantastorica con un’originale opera di chiara ispirazione stapledoniana: The Third Millennium: A History of the World AD 2000-3000 (Il Terzo Millennio. Storia del mondo: 2000 – 3000 d. C.), opera a quattro mani nata dal genio di BRIAN STABLEFORD e DAVID LANGFORD. Stableford e Langford, seguendo per molti punti di vista il loro predecessore Stapledon, narrano l’evoluzione della specie umana durante l’arco di un millennio, arrivando a corredare il loro volume con foto e illustrazioni ad hoc. La creazione di un genuino governo mondiale, sotto l’egida dell’ONU, la sconfitta del problema della fame, la fuoriuscita dei paesi del Terzo Mondo dal sottosviluppo vengono esaminati uno dopo l’altro dai due autori. Curiosamente il duo, che pubblica la sua opera nella prima metà degli anni ’80 del secolo scorso, non riesce nemmeno ad immaginare una fine a breve termine della Guerra Fredda. I due autori parlano di un continuo smorzarsi della tensione tra le due superpotenze, USA e URSS, tale da rendere l’esplosione di un conflitto termonucleare globale impossibile, senza ipotizzare un possibile collasso della seconda; fatto che storicamente avvenne solo pochi anni dopo la pubblicazione del loro libro. Decisamente più interessanti sono i capitoli relativi alla scoperta della fusione fredda e alla colonizzazione del Sistema Solare, ricolmi di particolari e di dati tecno-scientifici in modo da risultare il più possibile realistici. L’espansione del cosmo e l’evoluzione tecnologica conducono inevitabilmente alla stelle, ma in tal caso Stableford e Langford si ingegnano nel descrivere un propulsore interstellare che non violi le leggi fisiche oggi note, senza per questo ricorrere all’iperspazio o a trovate simili da space-opera. Invece lo sviluppo dell’ingegneria genetica permette all’umanità di modificare sé stessa creando individui dalla lunga vita, gli emortali, oltre a creare delle specie postumane adatte a diverse condizioni ambientali; come gli spazi siderali o gli oceani.

La storiografia, così come in Stapledon, si intreccia dunque con la biologia. In seguito il solo Stableford ritornò sullo scenario de Il Terzo Millennio con alcune opere di narrativa; tra queste la più famosa è senz’altro la novella del ’95 Mortimer Gray’s History of Death (Storia della morte di Mortimer Gray). Questo romanzo breve è completamente incentrata sulla vita di uno storico emortale, ambientata tra il terzo e il quarto millennio, ricolma di riflessioni sulla vita e sulla morte dal punto di vista di un postumano la cui esistenza dura diversi secoli. Mortimer, dopo essere fortunosamente sopravvissuto a un naufragio causato da uno tsunami, inizia a scrivere diversi libri di storia, tutti incentrati sulla lotta dell’umanità contro la mortalità. Alla conclusione del racconto, dopo che il protagonista è scampato all’ennesimo incidente, vengono scoperti dei microrganismi alieni che distruggono qualsiasi ecologia al loro passaggio. La scoperta di una simile calamità, lungi dall’intimorire lo studioso, lo porta al contrario a pensare che sia sia aperto un nuovo capitolo della storia  umana, in cui il premio in palio sarà lo stesso universo. Non si dimentichi  però che gli scrittori sono sopratutto tali e che anche gli autori di science – fiction possono avere poco interesse per il realismo e per le scienze, anche per quelle di carattere umanistico. Ecco che allora romanzieri come Clifford D. Simak (1904 – 1988) e Ray Bradbury, pur essendo considerati come due stelle di prima grandezza nel panorama fantascientifico, hanno  regalato alla storia di questo genere letterario due capolavori  intrisi di poesia e sentimento ma assai scarsi di verosimiglianza: rispettivamente City (Anni senza fine) e The Martian Chronicles (Cronache marziane).

City (Anni senza fine).

Entrambe le opere nascono dalla riunione di alcuni racconti precedentemente pubblicati su rivista. Anni senza fine di Simak appare in volume nel ’52, un vero gioiello letterario che tratta l’evoluzione futura di esseri umani, robot e animali; gli automi che vi appaiono sono benigni e fedeli alla specie umana come quelli di Asimov ma non ci viene affatto spiegato il perché. L’intero corpus di racconti viene presentato come un insieme di leggende che i Cani, divenuti intelligenti e capaci di passare da un a dimensione della realtà all’altra, continuano a tramandarsi. Per costoro la stessa esistenza degli esseri umani nel passato è una questione dibattuta. In Simak l’ispirazione stapledoniana, rintracciabili nelle riflessioni di carattere filosofico ed evoluzionistico, pur se assai imprecise dal punto di vista scientifico, si sposano con un genuino sentimento poetico dipingendo un affresco fantastorico che va dal ventunesimo secolo al 1000000 d. C. In Cronache Marziane di Bradbury, uscito nel ’50, la forma cronachistica serve quale collante per i racconti che compongono tale collage: il mito del Far West, qui spostato su Marte, rivive con accenti di grande lirismo ma in una maniera completamente distaccata dalla realtà, quasi sognante. I marziani ivi descritti sono degli umanoidi dalle incredibili capacità; esseri telepatici in grado di ingannare con le loro allucinazioni il prossimo. Nell’episodio Agosto 1999 – I terrestri, i membri della Seconda spedizione su Marte, giunti sul Pianeta Rosso dopo il fallimento di una precedente missione esplorativa, sono considerati alla stregua di un delirio allucinatorio da parte dei marziani. Questi ultimi sono abituati ad avere a che fare con alienati capaci di proiettare telepaticamente le visioni nate dalla loro follia. In un delirio surreale gli astronauti vengono prima rinchiusi in un manicomio e alla fine uccisi da uno psichiatra; quest’ultimo convinto che sia il razzo interplanetario giunto su Marte, sia lo stesso equipaggio dell’astronave siano il prodotto della pazzia di un solo marziano che identifica nel povero capitano Williams.

The Martian Chronicles (Cronache marziane).

In maniera consapevole un gruppo di marziani nel capitolo Aprile 2000 – La terza spedizione usa questi incredibili poteri telepatici per annientare i membri della Terza Spedizione; gli alieni spacciandosi per i cari defunti degli astronauti ne approfittano per ingannare gli umani, dividerli e ucciderli uno dopo l’altro. In questo caso i marziani non sembrano solo in grado di influenzare le menti dei loro nemici, ma così pure di plasmare concretamente il loro aspetto fisico. Questo almeno possiamo dedurre dalle riflessioni fatte dal capitano Johan Black poco prima di morire: “Uno non si mette a far troppe domande, quando si vede improvvisamente davanti la madre morta da venti e più anni! È troppo felice per fare domande. Ed ora siamo tutti qui, stanotte, sparsi in case diverse, coricati in letti diversi, senz’armi che ci proteggano, mentre il razzo se ne sta ritto nel chiaro di luna, solo come un obelisco. E non sarebbe orribile, terrificante, scoprire che tutto ciò è parte d’un vasto piano intelligentemente escogitato dai marziani per dividerci, conquistarci, infine ucciderci? A un certo punto, durante la notte, forse, mio fratello, che ora dorme nel letto accanto al mio comincerà a mutare forma, si scioglierà, sostanza fluida e plastica, per diventare un’altra cosa, una tremenda creatura, un marziano!”. RAY BRADBURY,  The Martian Chronicles, 1950; Cronache marziane, Mondadori, Milano 1986, p. 79. Nonostante gli incidenti e l’opposizione dei marziani, nonché di qualche terrestre (come il ribelle Jeff Spender della Quarta Spedizione di Giugno 2001 – “And the moon be still as brigh”), la colonizzazione di Marte procede a grandi passi. Gli indigeni vengono falciati dalle malattie che i coloni umani portano con sé dallo spazio, purtroppo per gli alieni persino un semplice morbillo ha effetti letali su di loro. I loro corpi si trasformano, si carbonizzano, riducendosi in un ammasso di scaglie secche. Le città-fantasma marziane, assieme ai miseri resti dei loro abitanti, divengono oggetto di spensierate scorribande da parte dei bambini umani (Aprile 2003 – I musici). Tra i pochi superstiti a quest’epidemia uno di loro andrà incontro a un tristissimo destino in Settembre 2005 – Il marziano; un alieno infelice presentato come un mutaforma che può cambiare il loro suo aspetto in base agli impulsi mentali di coloro che gli stanno attorno. Sono i desideri degli umani che egli può leggere che influenzano il suo aspetto, permettendogli di prendere questo o quell’aspetto; un’incredibile capacità che lo condurrà a un’orribile morte. Sottoposto a tutta una serie di impulsi contrastanti, dato che chiunque riconosce in lui il volto di qualcuno, l’extraterrestre si scioglie come cera: “Lo stringevano follemente ai polsi, gli roteavano intorno, sino a quando, con un ultimo urlo di terrore, egli cadde. Rimase disteso sulle lastre si pietra, cera sciolta che si rassodava, la sua faccia tutte le facce, un occhio azzurro, l’altro d’oro, capelli ch’erano castani, rossi, biondi, neri, un sopracciglio folto, un altro esile, una mano grande, l’altra piccina”. BRADBURY, Cronache marziane, p. 237.

Tra gli scampati a ques’ecantombe della popolazione indigena dobbiamo anche annoverare gli Antichissimi; marziani che sono stati persino in grado di trascendere i propri limiti fisici già in vita  diventando degli esseri di pura energia (Novembre 2002 – Le sfere di fuoco). Così può notare le storie narrate da Bradbury non hanno nulla di realistico: i marziani e loro città deserte, i leggendari quanto impossibili canali del Pianeta Rosso. Lo stesso linguaggio che viene usato dall’autore è evocativo, suggestivo e fortemente simbolico. Non mancano nemmeno accenni alla letteratura gotica, in particolare a Edgar Allan Poe (1809 – 1849); in Aprile 2003 – Usher II Bradbury rende omaggio al grande scrittore americano e al tempo stesso si scaglia contro bigottismo, conformismo e censura. Effettivamente quel che a questo scrittore interessa è analizzare attraverso metafore letterarie di carattere fantascientifico i pregi e i difetti dell’uomo americano medio. La conclusione a cui giunge Bradbury non è però di natura pessimista, la Storia è scritta con il sangue ma non tutto è solo distruzione o insensato consumismo. Scoppiata la Terza Guerra Mondiale, le colonie marziane vengono abbandonate in fretta e furia (Novembre 2005 – Stagione morta); un gruppo di famiglie terrestri, stufe dell’inaudita violenza del conflitto, decide però di occupare nuovamente il pianeta (Ottobre 2026 – La gita d’un milione di anni). Questa volta su Marte non sbarcano nè astronauti, nè militari, nè industriali; sono solo uomini e donne desiderosi di vivere una vita libera dalla paura e di poter allevare in pace i loro figli. Essi non sono estranei al Pianeta Rosso, quel mondo è per loro a tutti gli effetti, ora e per sempre, la loro casa: “Erano là, i marziani, nell’acqua del canale, che ne rimandava l’immagine. Erano Tim, Mike, Robert, la mamma, il babbo. E i marziani rimasero là, a guardarli dal basso, per molto, tempo, in silenzio, a guardarli dall’acqua che s’increspava lieve…”. BRADBURY, Cronache marziane, p. 306. I marziani dalla pelle ramata, sterminati dalle epidemie e marginalizzati come già in passato accade gli Indiani d’America, vengono sostituiti da chi è disposto a comprenderne il modo di vivere, l’antichissima civiltà, la bellezza e le conquiste raggiunte.

Invece Cordwainer Smith, pseudonimo di Paul Myron Anthony Linebarger (1913 – 1966), nei suoi racconti degli anni ’50 – ’60 relativi all’universo della Instrumentality of Mankind (Strumentalità dell’Uomo) fornisce ai suoi lettori uno scenario appena abbozzato, nel quale si intuiscono solo alcuni fatti essenziali come l’avanzata nel cosmo grazie a sistemi di propulsione mano a mano sempre più avanzati, oppure l’ascesa al potere della Strumentalità dopo un periodo di barbarie causato da più conflitti globali. Smith, come Bradbury, Simak e la Le Guin, è interessato al mito più che alla storia, le sue novelle son sempre presentate come le leggende di un remoto futuro, con una singolare attenzione verso il simbolismo e il romanticismo. Le storie d’amore disperate e impossibili, ad esempio tra uomini e animali antropomorfi (creature geneticamente modificate dette underpeople, sottopersone), svolgono un ruolo cardine nella produzione letteraria di questo singolare scrittore. Passando al Sol Levante anche un sensei come Leiji Matsumoto (pseudonimo di Akira Matsumoto), celebre a livello mondiale e notissimo nel nostro paese per esser stato il creatore del pirata spaziale Hārokku  (Harlock), pur avendo intrecciato tra loro i suoi diversi manga, componendo così un affascinante universo fumettistico, il Leijiverse, non solo non hai mai composto una cronologia analoga a quella della Storia Futura di Heinlein, o se per questo di The Five Star Stories del connazionale Nagano, ma non si è nemmeno mai preoccupato delle diverse incongruenze presenti al suo interno.

2001 Nights, copertina vol.1

Un altro grande autore giapponese di manga fantascientifici, Yukinobu Hoshino, all’interno del suo capolavoro Space Fantasia 2001 Yoru Monogatari  (2001 Nights Space Fantasia), raccolta antologica in tre volumi che comprende diversi racconti a fumetti apparsi in precedenza su rivista, dimostra al tempo stesso grande attenzione ai particolari tecno-scientifici quanto scarsa attenzione per la cronologia. Hoshino pur raccontandoci dell’avanzata del genere umano nel cosmo, descrivendo i primi tentativi di viaggio interstellare, come l’invio di sonde automatiche, astronavi contenenti embrioni o le sperimentazioni relative ai viaggi nell’iperspazio, non si sofferma su eventi di natura più terrestre e anch’egli pare accontentarsi di delineare uno sfondo fantastorico appena abbozzato. Possiamo concludere il nostro lavoro affermando che in ambito fantascientifico vi sia stato in alcuni casi stato un uso ponderato dei risultati del sapere storico, come in Herbert e parzialmente anche in Asimov, mentre altri sembrano perdersi in sterili miti e nei luoghi comuni. Intanto riflessioni sull’applicazione delle più recenti scoperte della genetica, assieme alle speculazioni relative all’evoluzionismo, aprono degli scenari inediti in cui il futuro della nostra civiltà si intreccia con quello del genere umano.

Note

(01) La Lega Polesotecnica è solo una parte del più ampia saga della Technic History: “La storia pone le sie basi con il ciclo polesotecnico e le avventure di Falkyn-Van Rijin, dato che la narrazione andersoniana è su scala stellare e affronta anche e pregiudizialmente il problema della conquista di questo spazio che fa da teatro alla vicenda. […] L’era mercantilistica di Anderson si snoda così di pianeta in pianeta, di missione commerciale in missione commerciale, di mercato in mercato”.  ALEX VOGLINO, Il concetto di Impero nella fantascienza, p. 614- 615. (02) “Il ciclo si snoda attraverso cinque romanzi, più vari seguiti meno legati al tronco della narrazione, e segue la colonizzazione e successiva organizzazione dello spazio conosciuto così come immaginata dall’autore sulla base delle sue peculiari concezioni storiche. Vediamo così la Federazione Terrestre aprire la via delle stelle, ma col dilatarsi della propria area d’azione, da un lato irrigidirsi in atteggiamenti centralizzatori e autoritari, dall’altro indebolirsi e frammentarsi a causa di dissidi e di scissioni interne”. ALEX VOGLINO, Il concetto di Impero nella fantascienza, p. 613. La Storia Futura di Piper si ispira direttamente al medioevo dell’Europa occidentale, riscrivendolo in chiave fantascientifica sulla scia del Ciclo della Fondazione di Asimov.

Immagine tratta dalla copertina del primo volume di The Five Star Stories. Copyright degli aventi diritto.

 

 

 

 

 


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