RICREARE IL PASSATO, IMMAGINARE IL FUTURO – Introduzione


Fantasy Planet presenta tre articoli di Claudio Cordella sull’uso della storia nella fantascienza. Questo articolo fungerà da cappello introduttivo. Il saggiò verrà proposto in tre sezioni che verranno pubblicate rispettivamente il: 07 Dicembre – 14 Dicembre – 21 Dicembre

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Redazione FP

RICREARE IL PASSATO, IMMAGINARE IL FUTURO – INTRODUZIONE

a cura di Claudio Cordella

“Allorché ebbe inizio il periodo moderno, le specie umani esistenti erano quattro: Homo sapiens, la specie ancestrale, detta anche uomo normale, uomo ordinario, o semplicemente “sapiente”; i trasformati Zaman, o emortali; gli adattati allo spazio, detti dapprima ET, e in seguito, meno geocentricamente, faber; e gli uomini del mare, o uomini sirena”. BRIAN STABLEFORD & DAVID LANGFORD, The Third Millennium: A History of the World AD 2000-3000, 1985; tr. it. Il Terzo Millennio. Storia del mondo: 2000 – 3000 d. C.; Mondadori, Milano 1987, p. 207.

 “Stirpe guerriera figlia del Joker, temibile al pari dei Cavalieri. Si tratta di individui dotati d’un codice genetico modificato nella remota antichità, le cui facoltà si sono tramandate sino al presente. Mentre i Cavalieri sono in grado di reagire fisicamente a una velocità superiore, i Daiver hanno facoltà psichiche potenziate”. MAMORU NAGANO, The Five Star Stories, vol. 3, 1990; tr. it., Flashbook, Bologna 2011, p. 165.

L’uso della storia e dell’archeologia nella letteratura popolare, nel cinema e nei fumetti è un capitolo assai affascinante legato allo sviluppo dell’attuale letteratura popolare. Senza contare che i romanzi storici, nell’epoca dei nazionalismi ottocenteschi prima e dei totalitarismi poi, assunsero una posizione centrale all’interno dei vari programmi scolastici e dei rispettivi panorami culturali nazionali. Basti pensare all’importanza dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni per l’Italia post-unitaria. Persino la narrativa horror, sia in autori classici come Howard Philipps Lovecraft che in idoli  indiscussi del genere come Stephen King, si ispira a ricostruzioni storiografiche. Il terrore scaturisce dal passato, ricostruito nella maniera più   realistica e verosimile possibile; nel caso di Lovecraft è la stessa storia naturale del nostro pianeta, riscritta in maniera da raccordarsi con le immaginarie di vicende di Cthulhu e degli altri Old Ones (Grandi Antichi), a fare da sfondo alla narrativa del brillante scrittore di Providence.

Anche la letteratura fantasy novecentesca, come nei romanzi di J. R. R. Tolkien e di C. S. Lewis, si abbeverò alla fonte del sapere storico, in particolare della medievistica. Invece la narrativa di Robert E. Howard si basa su una visione dualistica che contrappone civiltà e barbarie; la prima è indolente, corrotta e destinata a cadere, la seconda invece è innocente, vigorosa e legata alle forze primordiali della Natura. Idee chiaramente debitrici dalla storiografia tedesca influenzata dal romanticismo; una linea di pensiero che, ad esempio, contrapponeva i virtuosi Germani ai Romani debosciati. Da un certo punto di vista è andata peggio all’archeologia, una disciplina capace di esercitare un notevole appeal sul grande pubblico ma al tempo stesso mal compresa e fraintesa. Si pensi come in ambito accademico, ancora nel primo Dopoguerra, l’archeologia fosse vista come una disciplina ausiliaria della storia, priva di una sua autonoma dignità. Solo con il passare dei decenni, e l’accumularsi dei dati di scavo e degli studi degli esperti, sempre più accurati e decisivi per la ricostruzione di interi periodi storici, l’archeologia ha raggiunto una sua ben precisa fisionomia indipendente da altri saperi a lei contigui.

Si pensi solo a quel periodo convulso della storia umana conosciuto come l’età delle invasioni, o delle migrazioni, relativo alla caduta dell’Impero romano d’Occidente e all’insediamento delle popolazioni germaniche nelle province un tempo dominate da Roma. Senza l’archeologia un’epoca simile, fatta di guerre, distruzioni su larga scala e spostamenti di popoli, sarebbe per noi completamente incomprensibile. Peccato che la reale utilità dell’archeologia, come i suoi effettivi scopi, sono sempre stati completamente travisati dall’immaginario popolare. Dopo i film di George Lucas la figura dell’archeologo – tipo presso il grande pubblico è rappresentata da Indiana Jones, eroico avventuriero che ha il volto dell’attore Harrison Ford. È possibile che la figura di Indiana nasca non solo dalle suggestioni dei film d’avventura degli anni ’30 ma anche dall’esempio di certi ardimentosi archeologi che, nell’Ottocento e nei primi anni del Novecento, effettuarono delle spedizioni in Asia Centrale e in Mesoamerica portando alla luce intere civiltà scomparse. L’eroe lucasiano, agile come un gatto, impossibile da uccidere per legioni di nemici armati e imbattibile, però non sembra realmente interessato a ricostruire il passato. L’archeologia viene presentata in queste pellicole come una branca dell’antiquariato, non priva di venature di carattere sacrale; infatti Indiana parte alla ricerca di oggetti come l’Arca dell’Alleanza e del Sacro Graal.

Una visione che verrà riproposta nelle varie incarnazioni, videoludiche, fumettistiche o cinematografiche, della serie multimediale Tom Raider; qui è Lara Croft, quasi una versione femminile di Indiana, che contribuisce al generale fraintendimento di che cosa sia veramente l’archeologia. Un capitolo a parte poi lo meriterebbero gli autori della pseudo-saggistica relativa a all’archeologia misteriosa; una disciplina priva del benché minimo fondamento ma capace di attirare su di sé l’interesse dei media sostenendo ancor oggi l’antichissimo mito platonico di Atlantide o inesistenti atterraggi alieni nel passato. Questa pseudo-archeologia ispirò negli anni ’90 il film Stargate di Roland Emmerich, dal quale in seguito nacque una longeva serie televisiva, più due spin-off relativi, mentre in Italia un’omonima trasmissione televisiva lanciò il giornalista Roberto Giacobbo, forse il divulgatore numero uno di questo genere di teorie nel nostro paese. In un ambito similare possiamo collocare anche i best-sellers di Dan Brown; romanzi di successo, come il celebre The Da Vinci Code (Il codice Da Vinci), che propongono nelle loro trame una visione inedita del noto passato quanto completamente fantastica. La storia per Brown è tutta una serie intricata di congiure e di misteri, dando importanza a una visione “complottista” della realtà, mescolando tra loro simbologia, numerologia e misticismo spicciolo. Se l’atteggiamento di questo scrittore rimane ambiguo, infatti egli pare disposto a riconoscere la natura fantasiosa e romanzesca delle sue trovate solo quando viene preso in castagna dagli esperti, come il medievista Franco Cardini e il critico d’arte Philippe Daverio che ne hanno elencato gli errori, gli scrittori di fantascienza son stati assai più onesti nella manipolazione del sapere storico a fini narrativi.


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