Stephen King – Blaze


BLAZE
Stephen King (scritto con lo pseudonimo di Richard Bachman)
Sperling & Kupfer, 2007, collana: Narrativa
Pag: 464 Prezzo: 18,50 €
Giudizio:

“Avete mai provato a fare il colpaccio del secolo con l’aiuto di un fantasma? Blaze, un omaccione alto due metri e pressocché ritardato, ci tenta, con esiti tragicamente prevedibili. Si fa aiutare dal suo amico George, ormai morto da un po’ di tempo, per rapire il bambino Joe, di pochi mesi, figlio della ricca famiglia Gerald.
Per tutto il romanzo, non molto lungo (400 pagine circa), l’interrogativo è: c’è veramente il fantasma di George a guidare le azioni di Blaze o è la sua mente, insospettatamente acuta e intelligente, che ne fa le veci?”

Scritto tra il 1972 e il 1973, ma pubblicato solo nel 2007 con lo pseudonimo di Richard Bachman (già utilizzato per altre sei opere), Blaze si presenta soprattutto come la triste storia di un uomo solo e abbandonato a se stesso. L’elemento fantastico, il fantasma di George che mai si vede ma sempre si sente parlare, è così al limite dell’effetto psicologico da relegare questo romanzo all’ambito dei thriller psicologici o perfino del realismo magico. A ben vedere, questa è la caratteristica principale di tutti i romanzi di King pubblicati con lo pseudonimo di Bachman, ma qui il gioco tra persuasione della propria mente e realtà sovrannaturale raggiunge un livello toccato, precedentemente, solo da L’occhio del Male (1984).
La vicenda avviene in un tempo non meglio precisato, sebbene King si adoperi per spiegare che, trattandosi di un manoscritto giovanile, all’epoca della stesura giudicato negativamente ma riscoperto più valido di quanto pensasse, non ha voluto modificare eccessivamente l’ambientazione per adattarlo al giorno d’oggi. Perciò si potrebbe dire che si svolge nell’America di qualche tempo fa.
Blaze, al secolo Clayton Blaisdell Jr., lascia dietro di sè una tale scia di indizi che, per la polizia, non sarà difficile rintracciarlo. Ma il fulcro della vicenda non è la (supposta) stupidità del protagonista, quanto il protagonista stesso, che dà il nome al romanzo. Il tempo che le forze dell’ordine impiegano per trovare il malvivente, viene utilizzato per illustrare la vita di Blaze e per far comprendere al lettore come, in fin dei conti, Blaze non sia altro che una vittima della vita. Quand’era piccolo fu così tanto maltrattato dal padre, che l’intelligenza spiccata del ragazzino ne subì gravi conseguenze. La testa ammaccata, Blaze tentò di sopravvivere alla sua condizione pratica di “orfano” con furtarelli, fino a quando non conobbe George. George gli cambiò la vita, perché gli diede lungimiranza. Fu con lui che iniziò a sviluppare il suo piano.
Purtroppo per lui, George morì prima di mettere in atto le loro trame ai danni dei Gerald.
A Stephen King interessa mostrare come, nella realtà, Blaze sia l’eroe di una vita nemica, che lo ha bastonato con ogni sorta di vessazioni e che non gli riserva granché. Blaze scopre il proprio equilibrio interiore a cavallo tra follia e stupidità, nel quale fanno tuttavia capolino molti sprazzi di lucidità. Mentre è alle prese con il proprio “colpo del secolo”, due certezze illuminanti si affacciano nella sua vita, tanto da rendere quel breve periodo di tempo che gli rimane prima della tragica fine come il migliore della sua vita: l’amore per un bambino e il desiderio di essere padre. Un sole che brilla sul paesaggio perennemente innevato della storia.

Quando lasciamo Blaze, lo facciamo con molta nostalgia.

Fabrizio Valenza


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