Gli uomini d’oro di Chiara Cini


Il regno di Cashalia è schiacciato dalla tirannia del re Amdir II, la guerra miete ogni giorno sempre più vittime e la nobile razza degli Eolin rischia di estinguersi: nonostante qualche inevitabile deja-vu, quello così riassunto non è l’ultimo romanzo di Licia Troisi, bensì il racconto Gli uomini d’oro di Chiara Cini, in uscita a Luglio per la casa editrice Wizard and Blackholes.

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Con una pregevole contaminazione tra mitologia e cristianità, l’autrice mette in piedi l’epopea di un popolo ingiustamente perseguitato, i cui misteri sono tutti trincerati dietro un portale intarsiato e sormontato da un enigma di non facile risoluzione. Al di là della soglia d’ametista, la morte attende tutti coloro che avranno compiuto il loro ingresso senza aver compreso il senso del rompicapo, dunque spinti dalla motivazione sbagliata.

Non molto diversamente dalle colonne d’Ercole che Ulisse incautamente volle varcare, la soglia per la terra degli Eolin sembra rappresentare un limite invalicabile, che una volta oltraggiato non prospetta altro che una pena tremendamente giusta; come nel mito greco, insomma, il peggior peccato di cui l’uomo può macchiarsi resta sempre la hybris, la folle superbia che induce a perdere contatto con i propri limiti, e per questo a volerli superare.

Ma se non vi fosse chi quegli stessi limiti ha la facoltà di superarli senza pagarne le conseguenze, la narrazione non potrebbe prendere alcuna piega, ed è appunto per questo che sull’apparente impenetrabilità del popolo Eolin s’innesta la vicenda di Dana, giovanissima ribelle in fuga dalla sua comunità e decisa a superare il portale.

È qui che il mito lascia il posto alla fede, o almeno, a quella che sembra essere l’influenza determinante dei temi religiosi: ciò che infatti rende speciali gli Eolin non è tanto la constatazione del loro distacco dalle vicende umane e dai luoghi comunemente abitati, quanto il tributo richiesto perché Dana possa entrare a far parte della loro splendida comunità.

Come un’anima che si spogli delle vesti mortali per abbracciare l’eterea serenità del paradiso, la donna deve lasciarsi alle spalle la sua vita, il suo passato, meglio ancora sé stessa, perché anch’essa possa essere annoverata tra i cosiddetti Uomini d’Oro; come un novello messia, Dana trova modo assumere le fattezze e lo stile di vita degli Eolin per dedicare l’intera propria esistenza alla loro causa, e infine ricondurli alla pace.

Non solo la prova del portale, ma tutto ciò che contraddistingue il popolo d’oro dal resto dell’umanità contribuisce ad avvalorare il raffronto  con un’etnia sacra, il cui strabiliante habitat non ha alcunché da invidiare all’Eden: gli Eolin sono di incantevole aspetto, hanno la pelle tinta d’oro, rifuggono dalla violenza e vivono in armonia tra loro; per di più, la loro specie non viene semplicemente perpetuata tramite procreazione, bensì periodicamente rafforzata dalle più degne adozioni.

Qualora il parallelo con i motivi cristiani dovesse sembrare un po’ azzardato, si potrebbe ripiegare sul rimando, certamente più immediato, con un classico della letteratura fantascientifica qual è La macchina del tempo di H.G. Wells, nel quale il futuro è diviso tra i disgustosi Morlock, condannati a vivere nelle viscere della terra, e gli stupendi Eloi, pacifici, felici e  decisamente rassomiglianti agli Eolin, come l’assonanza tra i nomi aveva già lasciato intendere.

Che Chiara Cini abbia guardato con più attenzione al mito, alla fede, piuttosto che alla migliore tradizione fantastica è in realtà irrilevante, perché questo intreccio di linee svetta comunque trionfante il percorso di formazione di una ragazzina in procinto di farsi  donna e di prendere finalmente in mano le redini della propria vita.

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Articolo di Alessandra Sorvillo

STILE E TECNICA
ORIGINALITA'
PERSONAGGI
GESTIONE DELLA TRAMA
COPERTINA
VOTO PERSONALE
Final Thoughts

Overall Score 3.5