Timescape di Gregory Benford


Timescape cover originaleRICORDIAMO I GRANDI CLASSICI

Questo spazio, dedicato ai grandi classici, è qualcosa di fortemente voluto da tutta la redazione ed io non posso che essere d’accordo con loro. Ogni cosa ha un inizio e così è stato per la nostra passione. Le origini sono a volte dimenticate, ma non è così per il percorso che un vero appassionato ha seguito, tracciato da autori che a volte hanno creato capolavori, altre volte no, ma hanno tutti in comune la stessa cosa, la capacità di averci fatto sognare. Quindi non mi dilungo oltre e benvenuti nella storia della Fantasia!

Timescape

Esisteva un tempo la Fantascienza, quella con la F maiuscola. Per quanto potremo essere bravi noi oggi, non potremo mai scrivere a quel livello. Perché? Semplice, quelli che scrivevano quella Fantascienza erano fisici e scienziati. Gente che conosceva perfettamente il dettaglio scientifico-tecnico e in più lo sapeva descrivere come fosse un gioco da ragazzi. Ma a questo si aggiungeva la capacità di scrivere bene. Ma proprio bene. Un esempio su tutti è il solito Asimov che scrisse Neanche gli dei per fare un dispetto a un suo collega e amico R. Silverberg (un pinco pallino qualunque) che in una presentazione fece riferimento a un isotopo del plutonio che non può esistere (Pu-186). Lui per sfida scrisse forse il suo più bel romanzo, con delle basi scientifiche impressionanti, portando lo sviluppo della storia avanti su queste basi e senza farti mai pesare il fatto che tu eri un perfetto ignorante in materia di isotopi del plutonio e creando un universo alternativo che mi ha lasciato letteralmente privo di parole (ed è cosa rara, chiedete a mia moglie). Ecco, cosa intendo per Fantascienza.

Di questa nobile schiatta (per dirla come direbbe Gandalf), fa sicuramente parte Gregory Benford. Fisico statunitense che tra i suoi lavori può con orgoglio inserire questo Timescape. Vi dirò che è uno dei rarissimi libri che ho letto due volte. Per me è quasi un caso unico. Il suo stile di scrittura è brillante, mai banale, sa giostrare con maestria i punti di vista tra i diversi personaggi della storia (qualche annetto prima di Martin) e riesce a tenere con il fiato sospeso il lettore. Certo lo aiuta il fatto che sta parlando in un certo qual modo di viaggi nel tempo. E chi, amante della fantascienza, non ha mai sognato di viaggiare nel tempo? Chi non ama la DeLorean di Doc? Parlate adesso o tacete per sempre!

Torniamo seri. In Timescape Benford però non parla del classico viaggio del tempo alla Ritorno al futuro. No, il suo è il punto di vista di un fisico che sa che tecnicamente c’è qualche problema a mandare a spasso nel tempo un corpo, ma se invece si usassero i tachioni? Cosa sono? Beh, nel libro viene raccontato come si tratti di particelle capaci di muoversi nel tempo e di come un gruppo di scienziati del 1998 li usi per spedire un messaggio indietro nel tempo agli studiosi del 1962-63. La domanda potrebbe essere “a che pro?”. Immaginate, ipotesi così… campata in aria, che il vostro pianeta inizi ad avere qualche problema ecologico, che ad esempio i fertilizzanti chimici facciano sviluppare una strana diatomea nei mari e che da questa poi si abbia una mutazione che trasformi le nuvole nel veicolo di gigantesche catastrofi. Che fareste? Nel 1998 di Benford un gruppo di scienziati costruisce una sorta di telefono tachionico per comunicare con il loro passato e avvisare la gente di quel periodo di non fare le scelte sbagliate. Il classico effetto sliding doors. Ma la fisica, si sa, è un gioco complicato dai risvolti assolutamente imprevedibili. E allora la prima sfida che si pone a questi ingegnosi scienziati, al di là del trovare i fondi per l’esperimento, è chi chiamiamo? Insomma chi ha oltre a noi un telefono a tachioni? Domanda a dir poco lecita. Ed ecco la genialità dello scrittore, gli scienziati sanno che negli anni sessanta venne eseguito un esperimento con un elemento chimico in grado di ricevere il messaggio a tachioni.

Gregory BenfordNon voglio raccontare altro della storia, piuttosto preferisco citare l’autore nella sua incredibilmente lucida prefazione all’edizione italiana del libro:

Lavorai alacremente al libro per altri quattro anni.

Benford ha scritto questo romanzo in circa quindici anni, partendo da alcuni piccoli racconti e da un suo saggio scientifico pubblicato su una rivista specializzata (non in SF). Questo mi fa pensare a quanto siamo veloci oggi a scrivere. A quanto il mondo dell’editoria ha bisogno di bruciare storie e come invece questi scrittori riflettessero a lungo, tanto che lui aggiunge

… terminata la stesura del libro, ebbi l’impressione che si trattasse di un’opera molto densa, piena di complicati problemi filosofici e di una quantità di sfaccettature sulla mentalità scientifica…

Infatti, l’azione non è quella di un thriller, e tuttavia vi garantisco che ce n’è e tanta. Ma è vero, è un libro denso, che fa riflettere e in particolare sugli sbagli che commettiamo, nonché sul peso e le conseguenze che ne derivano. Ma non con monologhi del tipo essere o non essere, bensì con dialoghi spesso pungenti, con il racconto di come uno scienziato possa mettersi in gioco fino a venire deriso dalla comunità scientifica. Del coraggio che ci vuole per dire la verità, anche se può apparire follia. E questa non è fantascienza, ma è accaduto a Pasteur, a Galilei e a molti altri.

Un altro punto che ritengo davvero rilevante è come Benford affronta il tema della costruzione dell’ambientazione e come lo risolva con semplicità:

Timescape mi ha fatto scoprire, con mia grande sorpresa, quanto sia facile per chi scrive romanzi realistici costruire il proprio mondo: basta osservare con attenzione e trascrivere.

Insomma le astronavi sì possono pure esserci, ma per fare SF hard basta usare il mondo reale. Potremmo pure dire che per fare un buon libro è necessario che la storia sia costruita con un rigore e una validità scientifiche inoppugnabili. Ecco perché giustamente dice lui che un conto è fare romanzi che parlino di tecnologia (le astronavi appunto) un altro quelli che parlino di scienza. Ed ecco perché concludo io che oggi quella SF è assai complicata da realizzare. Scriviamo fantasy scientifici le cui basi possono facilmente essere ribaltate. Ma questo può essere un difetto e non esserlo, scriviamo storie diverse, perché la SF è cambiata e questi sono appunto grandi classici.

Stile e tecnica
Originalita'
Personaggi
Gestione della trama
Copertina
Voto personale
Final Thoughts

Overall Score 4.7
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