Un antico peccato: Intervista a Giulia Marengo


INTRODUZIONE: L’ANTICO PECCATO DELLA SCIENCE-FANTASY

di Claudio Cordella

“La donna sedeva su una poltrona dai braccioli squisitamente intagliati da uno degli artisti più rinomati della Galassia. Da anni l’artigiano lavorava quasi esclusivamente pezzi unici appositamente commissionati per il suo piacere personale. Tutti servivano il suo piacere. Tutti. Altrimenti, non avrebbero più servito nessun altro”. GIULIA MARENGO, Un antico peccato, Reverdito, Trento 2011, p.7.

Copertina di Un antico peccato. Illustrazione di Sara Forlenza.

È inutile nasconderselo, sotto molti punti di vista il fantastico negli ultimi anni si è decisamente impoverito; la cosiddetta fantascienza gioca da diverso tempo in difesa, incalzata da altri sottogeneri, minacciata e messa sotto accusa. Nel nostro paese poi la letteratura fantascientifica, tranne qualche rara eccezione,

è stata praticamente bandita dalle librerie, ritornando così a essere un prodotto per edicola. Forse si potrebbe pensare che in compenso all’horror e al fantasy, visto il successo riscosso da vampiri ed elfi, vada molto meglio. Dipende, a questo punto, a quale parametro si fa riferimento e che cosa si intenda con la parola “successo”. Al di là delle cifre di vendita, il fatto che il gotico sia diventato un terreno di conquista per soli vampiri, spessissimo trasformati in “bei tenebrosi” da romanticume di maniera, e il fantasy sia intasato da pseudo-medioevi copiati alla buona dalla Middle-earth (Terra di mezzo) di J. R. R. Tolkien, non ci sembrano degli indici di buona salute. In definitiva se c’è qualcosa che ultimamente manca al fantastico pare essere una cosa semplicissima: la fantasia; il fantasy, che dovrebbe rappresentare il superamento dei limiti, il territorio della più sfrenata immaginazione e del sense of wonder pare essersi appiattito in modo incredibile. Attualmente dubito che esista un ambito letterario più infestato da luoghi comuni, ambientazioni di maniera, personaggi stereotipati che l’odierno fantasy. Un quadro assai desolante fatto sia di scrittori-imitatori che di lettori amanti (o forse solo rassegnati) a leggere e rileggere sempre la stessa storia, pur con le minime variazioni del caso. Non ci si può sorprendere allora che si stia diffondendo il pregiudizio che l’intera letteratura fantasy, tutta quanta, non sia altro che una robetta per bambini, e nemmeno per quelli più svegli. Se non addirittura una forma di letteratura fatta da ragazzini per altri adolescenti, ennesima banalità che pare condurre a una sorta di gioco al ribasso teso a perpetuare l’idea che il fantasy sia una sorta di vuota buffonata commerciale. Un’effimera moda per cui proprio chiunque, a patto di non esser analfabeta, possa cimentarsi dato che per scrivere romanzi fantastici non servirebbe né una grande esperienza, né solide basi culturali.

In Italia poi la situazione pare essere particolarmente drammatica, perché gli scrittori non solo devono fare i conti con i pregiudizi in circolazione di cui sopra si è detto, ma anche con un mercato estero particolarmente agguerrito, presente tramite traduzioni sul nostro territorio nazionale, sia con un altro genere di deleterie idee comuni, legate proprio all’essere italiani. In base  a simili nefandi presupposti ci sarebbe tutta una serie di storie, ambientazioni e tematiche che uno scrittore di lingua italiana, proprio perché tale, non dovrebbe nemmeno toccare. Il che ovviamente, non fa che insterilire ancor di più il sempre più sottile rivolo del fantastico. Eppure esistono anche dei segnali incoraggianti, sia in ambito anglosassone che in Italia, data la presenza autori capaci e coraggiosi, desiderosi di infrangere le anguste gabbie in cui qualcuno vorrebbe vederli rinchiusi. A nostro giudizio uno dei modi in cui sia la sci-fi che il fantasy possono uscire dalla triste età buia in cui sono entrati è l’ibridazione tra i generi; ad esempio, il New Weird, che annovera tra i suoi autori l’inglese China Miéville e lo statunitense Michael Swanwick, può essere considerato un’ottima risposta all’esigenza di oltrepassare le barriere, offrendo ai lettori dei romanzi “adulti”, emozionanti ma al tempo ricchi di idee, originali e lontani dagli stereotipi. Lo stesso Giuseppe Lippi, nella sua introduzione al poderoso I draghi del ferro e del fuoco (mega-volume che riunisce i pregevoli The Iron Dragon’s Daughter e The Dragons of Babel) di Swanwick, notava le radici comuni della fantascienza e del fantasy, nonché le infinite possibilità della commistione tra i due generi. Analogamente sembra pensarla così Giulia Marengo, classe 1983, torinese di nascita ma cittadina d’adozione di Alba, che con il suo Un antico peccato – Il risveglio del potere ha saputo regalare al pubblico italiano un originalissimo science-fantasy, un sottogenere che vanta già una ricca tradizione. Bisogna infatti dire che ancor prima del New-Weird il panorama letterario di lingua inglese, ma non quello nostrano, ha conosciuto un gran numero di opere che mescolavano tra loro fantascienza e fantasy. Sin dagli anni ’30 l’eccentrico Clark Asthon Smith pubblicò su rivista dei bizzarri racconti, cupi e ricolmi di venature horror, ambientati nel continente futuro di Zothique.

Nel Dopoguerra fu invece Jack Vance, con il suo incredibile Big Planet (Pianeta Gigante) o con il variegato mondo di Tschai, a condurre per mano i propri lettori in incredibili reami, bizzarri e surreali, ma posti in remote regioni del cosmo e non in dimensioni magiche. A questo proposito il ciclo più noto della science-fantasy rimane forse quello di Darkover della Marion Zimmer Bradley; rara commistione di realtà feudali, tecnologia e poteri mentali. A volte, proprio per la sua commistione di sci-fi e feudalesimo, pure Dune di Frank Herbert viene ascritto in tale sottogenere. In campo cinematografico l’esempio supremo ci viene invece offerto dall’esalogia di Star Wars di George Lucas, mentre in campo fumettistico non si può non citare il notevole The Five Star Stories del giapponese Mamuro Nagano. Per molti aspetti Un antico peccato della Marengo, romanzo d’esordio che sfugge a ogni facile collocazione, è accostabile proprio alle opere di science-fantasy sopracitate, possedendo un’analoga carica suggestiva e libertaria dalle convenzioni letterarie.

Sinossi di Un antico peccato – Il risveglio del potere dalla quarta di copertina.

Un tempo regolata dal Potere che i Precursori attingevano ai quattro elementi, la magia nella Galassia è stata quasi del tutto soppiantata dalla tecnologia. I Potenziali e i Portatori, gli unici in grado di manipolare il Potere, stanno ormai scomparendo. Ma qualcuno si sta muovendo nell’ombra: è Verenith Aurennan, Custode del pianeta Micondar, bellissima quanto diabolica, la quale ha deciso di giocare tutte le sue carte evocando il Ka’Alarish, il grande potere chiamato anche “l’Antico Peccato”. Un atto folle e sconsiderato che può portare in un attimo tutta la Galassia sull’orlo della rovina. Solo un Elementale può infatti riuscire a controllare il Ka’Alarish, Verenith questo lo sa. E tramando come un ragno la sua tela, segnerà il destino di una navetta carceraria che trasporta la giovane Jayce Reel: una ragazza nelle cui vene scorre, ancora sopito, il grande potere che consentirebbe di frenare l’Antico Peccato. Le vite di due donne fuori dal comune stanno per sfiorarsi, incontrarsi… e affrontarsi.

Intervista a Giulia Marengo

Il tuo romanzo è un’opera corale, ricca di numerosi personaggi. Potresti parlarci un po’ di loro?

Amo i personaggi a tutto tondo, vivaci, ricchi di contraddizioni. Perché è così che sono le persone, là, fuori dalla nostra finestra. Abbiamo perciò chi non riesce a liberarsi di un passato ingombrante, e si porta dietro il peso di azioni sconsiderate. Chi protegge la propria identità, e le proprie motivazioni, salvaguardandole con ferocia, e chi, esule, piange la propria casa e gli affetti perduti. Ma troviamo anche personaggi che darebbero la propria vita per le persone care, leali fino all’estremo, e figure appassionate, che seguono il cuore invece della mente, o dell’interesse. Persino i cuori più oscuri, gli animi più biechi, seguono le proprie ragioni. Non ho mai amato il mondo in bianco e nero, le persone, quelle reali, palpitano di mille sfumature diverse, e i personaggi di Un antico peccato ne riflettono alcune.

L’amore e l’amicizia, così come la lealtà e il tradimento, sembrano essere fattori importanti per i protagonisti delle tue storie. Vale lo stesso anche per te nella vita reale? Definiresti  la tua narrativa come una varietà di romance?

Penso sia impossibile narrare di ciò che non si conosce, che non si è sperimentato almeno una volta. Beh, non mi riferisco, naturalmente, ai viaggi interstellari e alle cospirazioni planetarie! Ma il fantasy e la fantascienza consentono di ambientare storie molto reali e vicine al vissuto del lettore in una realtà altra e meravigliosa. Quindi suppongo che le passioni che attraversano il volume (passione, ambizione, desiderio di rivincita, nostalgia per coloro che di sono lasciati alle spalle) siano familiari un po’ a tutti.  Tuttavia, no, non definirei il romanzo un romance. Non è mai stata quella la mia intenzione. Volevo scrivere un romanzo che mescolasse fantascienza e fantasy, avventura e intrighi. Sebbene all’epoca scrivessi esclusivamente per me, l’idea era quella di una storia che potesse piacere sia ai lettori che alle lettrici.

In Un antico peccato – Il risveglio del potere si citano diversi pianeti e prodigi tecnologici, hai dovuto svolgere delle ricerche particolari per poterlo scrivere?

A parte aver letto tanta fantascienza e tanto fantasy? No. Ho inventato tutto, cercando naturalmente di usare il buonsenso. Adoro inventare pianeti, e pensare a come la diversa gravità, o la concentrazione di elementi differenti nell’atmosfera, potrebbero aver influenzato la vita su di essi. Metto le mani avanti e mi scuso se saltasse fuori qualche incongruenza, perché ho ben poche conoscenze di fisica astronomica; anzi, direi quasi nessuna. Ma amo descrivere i colori, e i paesaggi, e i portenti. Con i prodigi tecnologici mi sono sbizzarrita, perché adoro la tecnologia: ecco quindi i flottoveicoli, i lumiglobi, il crystacciaio

Da che cosa nasce la tua idea di un universo nel quale l’alta tecnologia convive con la magia?

Sarebbe bello un universo del genere, non è così? Sebbene nella Galassia di Vis la magia stia scemando, soffocata dall’avidità e dall’ambizione dei potenti, imbrigliata e costretta a piegarsi a fini disonorevoli, non si rivela difficile da sottomettere. Si ribella, e brilla più chiara nelle persone che ancora credono in essa. Gente normale, in apparenza, eppure percorsa da una corrente sotterranea di potere che palpita appena sotto la superficie. Il potere elementale descritto nel romanzo nasce dalla natura stessa, e da essa trae nutrimento. Forse sarebbe il caso che anche nel nostro mondo prestassimo più spesso orecchio dalla sua voce.

C’è qualche opera letteraria, fumettistica, cinematografica o televisiva che ti ha influenzato durante la stesura del tuo romanzo?

Le influenze sono tante, parole e frasi e sensazioni raccolte in anni di lettura. Probabilmente gli studi classici mi hanno lasciato appiccicati un po’ dei temi della tragedia greca, che ho amato appassionatamente. Le donne forti di Sofocle, per esempio, e la hybris, la cieca superbia di Euripide. Il tema del viaggio è arcinoto, e uno dei miei romanzi preferiti è, in effetti, Heart of darkness (Cuore di tenebra) di Joseph Conrad.
Poi, naturalmente, tanto, tanto fantasy. L’influenza di Herbert, con il suo Dune, è innegabile. Un maestro nel costruire mondi così finemente cesellati, ricostruiti alla perfezione in ogni aspetto: religioso, sociopolitico, economico. Ho una passione per George R.R. Martin, i suoi intrighi e i suoi misteri, e beh, vivo e respiro Guerre Stellari da quando ero una bimba. Se ho ricominciato a scrivere, dopo il liceo, è stato grazie a un gioco di narrazione del portale guerrestellari.net.

Durante la giornata ci sono dei momenti in cui ami scrivere più che in altri? Hai dei riti particolari che segui quando lavori a un tuo manoscritto?

Per scrivere ho bisogno di immergermi in una bolla silenziosa di autismo creativo. Ho un lavoro a tempo pieno, quindi per scrivere prediligo il fine settimana, quando posso rinchiudermi in una stanza per dieci, undici ore. Un antico peccato è stato scritto di getto, anche se nel frattempo studiavo e lavoravo. Quasi un flusso di coscienza. Ma ciò che nasceva sulla pagina era esclusivamente per me stessa, quindi potevo lasciare l’immaginazione a briglie sciolte. Mille volte mi è capitato di sedermi con un’idea, salvo poi scoprire che i personaggi avevano in mente tutt’altro… Ora sono diventata più metodica, pianifico con più attenzione l’evolversi della trama. Suddivido il testo in capitoli. E prendo appunti, un po’ dove capita: sul lavoro, a cena, a volte durante la notte; immagini, sensazioni, frasi che mi colpiscono particolarmente.

Da dove nasce la tua passione per la fantascienza e per il fantasy?

Da bambina i libri di fantascienza, in casa, erano tanti. Gli Urania, soprattutto. Asimov è stato una delle mie prime scoperte, e ricordo di aver pianto sconsolata per giorni leggendo Robot NDR113. Poi, avrò avuto sì e no sette anni, un mio carissimo amico d’infanzia cominciò a parlarmi, ancora e ancora, di un libro, che stava leggendo e che gli piaceva moltissimo. Era La spada di Shannara, di Terry Brooks. Ne fui conquistata a tal punto che in poche settimane divorai l’intera eptalogia. Da allora i miei gusti sono cambiati, con Gaiman, Mièville, Martin, per citarne alcuni, ma la passione è rimasta.

Tu credi che ci siano temi legati al fantastico di cui uno scrittore italiano,  proprio perché tale, non possa parlare? 

Non credo. Sto lavorando a un progetto ambientato a Colonia, una città che amo moltissimo e in cui ho vissuto per un certo periodo. La mia nazionalità non mi preclude la possibilità di interessarmi dei miti norreni, o, per dire, del folklore irlandese. Eppure, nel nostro Paese ci sono moltissime leggende che meriterebbero di essere esplorate. Io sono piemontese, e qui da noi si tramandano le storie sulle masche, le megere della tradizione, che si trasformavano in gatti neri, capre, o giovani donne attraenti per ammaliare i malcapitati contadini. Che cos’hanno le nostre masche da invidiare ai leprechaun?
In tal caso, perché un inglese sarebbe autorizzato a parlare di civiltà galattiche mentre un italiano, no?

A maggior ragione, se i confini nazionali non sono un vincolo per l’immaginazione, tanto meno lo è lo spazio infinito. L’unico limite, in questo caso, è la fantasia e il desiderio di esplorare di chi scrive. La fantascienza è meravigliosa proprio perché consente di ampliare al massimo il respiro narrativo.

Secondo te gli scrittori nostrani sono troppo dipendenti da estemporanee mode straniere, oppure riescono a dar vita a un fantastico italiano dotato di caratteristiche proprie?

Le mode, o meglio, i filoni importati dall’estero ci sono, ed è evidente che le case editrici tendono a privilegiare testi che hanno riscosso successo su altri mercati. Per cui abbiamo il filone dei vampiri, il filone degli angeli… penso tuttavia che i talenti letterari in Italia non manchino, e che, come accennavo prima, la nostra storia e la nostra tradizione siano ricche di materiale su cui lavorare per dar vita a storie fantastiche di magia e portenti, senza necessariamente ricalcare le idee altrui.
Che cosa ne pensi del mondo editoriale della nostra penisola, in particolare di quello relativo alla fantascienza e al fantasy?

Ritengo che ci sia spazio per crescere, e far evolvere il concetto di letteratura di intrattenimento. Molto spesso il fantasy e la fantascienza vengono sbrigativamente etichettate come “letteratura di genere”, quasi che fossero di serie B. Soprattutto in Italia, perché all’estero già rivestono una diversa dignità.
Eppure, non riesco a immaginare nulla di più meraviglioso, per uno scrittore, che rapire i sensi di chi legge per trasportarlo in una realtà completamente diversa, intessuta di paesaggi struggenti e personaggi vibranti. Anche solo per pochi minuti al giorno. Fantasy e fantascienza hanno il grande merito di costituire un’esperienza totalizzante per il lettore, e qui risiede gran parte del fascino che esercitano. Basterebbe poco, forse, per buttare giù quelle barriere fatte di pregiudizio nei confronti del genere, mostrando come magia e prodigi servano talvolta a svelare con grazia storie di vita, e di esperienze, comuni a tutti noi. Penso che gli autori italiani ce la possano fare. Insieme.

Che progetti hai in riserbo in futuro per i tuoi lettori?

Un antico peccato non è autoconclusivo, e il suo seguito è già ultimato. Ci sarà più azione, in questo nuovo capitolo, e più magia. E si scopriranno alcuni segreti tenuti accuratamente celati… Ora sto lavorando al terzo volume, mentre nell’estate ho concluso un nuovo progetto, un romanzo urban-fantasy ambientato in Germania. Per ora resta nel cassetto, ma chissà?


Un antico peccato, copertina fronte e retro. Illustrazione di Sara Forlenza.


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