Il Re Nero – Intervista a Maico Morellini


I DELITTI DI POLIS AEMILIA: INTERVISTA AL PREMIO URANIA MAICO MORELLINI

di Claudio Cordella

 

“Chi potevano essere quei malati di mente che in pieno terzo millennio si erano voluti aggrappare a una cultura vecchia di secoli per creare un piccolo regno indipendente all’interno dell’Unione Euro-Asiatica?”.

MAICO MORELLINI, Il Re Nero, Mondadori, Milano 2011, p. 66.

 

Maico Morellini.

Nel corso dei decenni molti bravi autori di sci-fi sono stati in grado, non solo di passare dalla letteratura fantascientifica al “giallo”, ma anche di ambientare delle geniali detective story in contesti futuribili di grande impatto. Lo stesso Isaac Asimov, icona della fantascienza mondiale, pubblicò nel ’74 Tales of the Black Widower (I racconti dei Vedovi Neri), una raccolta antologica di alcuni racconti che rappresentano un esempio magistrale di letteratura gialla. Nel corso degli anni altre novelle analoghe, in genere ospitate sulle pagine della rivista Ellery Queen’s Mystery Magazine, vennero riuniti in volume dando vita alla serie dei Vedovi Neri, completamente incentrata su un club immaginario e sui misteri che i suoi membri si trovano di volta in volta a dover affrontare. Già nel 1954 però Asimov aveva dato alle stampe l’indimenticabile detective story The Caves of Steel (Abissi d’acciaio). All’interno di uno scenario fantascientifico, vi troviamo una Terra sovrappopolata in cui la popolazione vive in squallide metropoli chiuse, inoltre dei Mondi Spaziali abitati da gente ricca e dalla vita plurisecolare, Asimov riuscì a imbastire una trama che rispettava in pieno tutti i canoni del thriller e del poliziesco. Roj Nemmenuh Sarton, uno Spaziale esperto di robotica, residente nella piccola città-enclave di Spacetow, vicina alla sempre più caotica Città di New York, viene trovato brutalmente assassinato. A occuparsi di un caso talmente esplosivo, non privo di implicazioni politiche, sono il detective umano Elijah “Lije” Baley e R. Daneel Olivaw.  L’iniziale R. sta per robot, Daneel è infatti un robot umanoide, indistinguibile a occhio nudo da un umano in carne e ossa, costruito dallo sfortunato dottor Sarton a propria immagine e somiglianza. Il successo di Abissi d’acciaio fu tale che Asimov nel corso degli anni gli diede vari seguiti, impegnando la “strana coppia” Elijah e Daneel in altre indagini, trasformando per di più quest’ultimo in un personaggio-chiave sia per il suo ciclo dei Robot che della  Fondazione.

Relativamente al connubio tra il “giallo” e la sci-fi nell’ambito della produzione letteraria asimoviana non possiamo non citare l’antologia del ’68 Asimov’mysteries (La fantascienza gialla), una gustosa rassegna di novelle in cui la risoluzione di un enigma e la scoperta di un colpevole si sposano felicemente con la fantascienza più tradizionale dei viaggi spaziali e dell’alta tecnologia. Assai interessante è la premessa che Asimov fece a questo suo libro-collage, in essa lo scrittore americano definì quali dovevano essere a suo parere le regole da applicarsi a un “giallo fantascientifico”. Egli affermò che uno scrittore di “gialli” non era di norma disonesto nei confronti dei propri lettori, pur potendosi permettere alcune libertà come introdurre all’improvviso nuovi personaggi, oppure “dimenticare qualcosa cui prima avevano dato la massima importanza, e non parlarne più”, ma non può omettere gli indizi relativi, semmai gli oscura. Quindi, ragionò così Asimov, se il giallista può fuorviare e disorientare i suoi lettori, gli sembro che: “[…] fosse scontata la possibilità di applicare gli stessi principi ad un giallo fantascientifico. Era sufficiente non mettere nuovi aggeggi stranissimi di fronte al lettore, e risolvere il giallo insieme con lui. Bastava non approfittare della storia del futuro al fine d’introdurre fenomeni ad hoc. Anzi, bisogna spiegare scrupolosamente tutti gli aspetti dell’ambiente avveniristico fin dall’inizio, in modo che il lettore abbia una discreta possibilità di intravvedere la soluzione. L’investigatore d’invenzione può avvalersi soltanto dei fatti noti al lettore nel presente o dei «fatti» del futuro immaginario che vengono minuziosamente spiegati in precedenza. Persino alcuni fatti del nostro presente vanno ricordati prima, se devono essere utilizzati, in modo che il lettore conosca bene il mondo che lo circonda”. ISAAC ASIMOV, Asimov’mysteries, 1968; tr. it. La fantascienza gialla, Fanucci, Roma 1975, p. 6.

La grande considerazione che Asimov aveva per la fantascienza gialla, non è però una prerogativa esclusiva della sua vasta produzione letteraria. Sempre negli anni ’50, due anni prima che fosse pubblicato Abissi d’acciaio, Alfred Bester (1913 – 1987) uscì nel ’52 con il suo splendido The Demolished Man (L’uomo disintegrato); un tesissimo fanta-thriller ambientato in una Terra futura dove i poteri telepatici sono la norma e in cui la caccia a uno spietato assassino si tramuta necessariamente in un terrificante viaggio nei labirinti nella mente del colpevole. Asimov e Bester in buona sostanza introdussero i canoni di un genere, che nel corso del tempo non hai mai smesso di affascinare nuove generazioni di scrittori e di lettori. Per la sua capacità di coniugare tra loro osservazioni di natura sociologica, tecnologia, ambientazione urbana e una trama serrata il connubio tra fantascienza e “giallo” ha conosciuto nuovi fasti all’epoca del cyberpunk; infatti sia il romanzo-cult di William Gibson Neuromancer (Neuromante) del 1984, che il celebre film del 1982 di Ridley Scott Blade Runner, possono essere considerati delle ibridazioni perfettamente riuscite tra i due diversi generi.

In particolare Blade Runner, tratto dal romanzo Do Androids Dream of Electric Sheep? (Il cacciatore di androidi) di Philip K. Dick (1928 – 1982), accentua le caratteristiche noir presenti nella storia originaria; facendo così del protagonista un “duro” della tradizione hard-boiled dai tratti malinconici. Altri scrittori cyberpunk, come Greg Bear con la sua Los Angeles ipertecnologica di Queen of Angels (La regina degli angeli) del 1990 e George Alec Effinger (1947 – 2002) con il suo futuristico ghetto arabo del Budayeen, protagonista di un’intera trilogia, dimostrano la validità di una simile mescolanza. Il cyberpunk intanto si diffonde in paese e media diversi tra loro, non solo nella letteratura e nel cinema. Ad esempio, la maggior parte dei manga del fumettista Masamune Shirow (pseudonimo di Masanori Ota) possono essere descritti come dei fanta-thriller ad alta-tecnologia; si pensi solo al capolavoro di quest’autore: Kōkaku kidōtai (Ghost in the Shell), uscito in volume nel ’91 e trasformato nel ’95 in uno splendido film d’animazione dal regista Mamoru Oshii. In Italia, tramontata ma non dimenticata l’esperienza del cyberpunk, abbiamo avuto modo di assistere alla pubblicazione di diversi romanzi capaci di riproporre in maniera sempre nuova il mix tra la sci-fi e il thriller. Citiamo qui, a mero titolo esemplificativo tra i titoli più recenti, e-Doll di Francesco Verso, vincitore nel 2008 della ventesima edizione del Premio Urania; prestigioso riconoscimento nell’ambito della letteratura fantascientifica italiana che nel 2010 è andato a Il Re Nero di Maico Morellini, romanzo che  prosegue la nobile tradizione della fantascienza gialla. Morellini, nato a Reggio Emilia nel 1977, per molti anni presidente dell’associazione culturale Yavin 4 (www.yavinquattro.net) e della giuria del concorso letterario Space Prophecies, regala ai suoi lettori una storia al cardiopalma, tesissima, che non lascia un attimo di respiro, che prende il via con il brutale omicidio di una prostituta. Particolarmente originale lo scenario prescelto per questo thriller futuristico made in Italy: un’immensa conurbazione  che riunisce sotto di sé Modena, Reggio Emilia e Bologna. Questa metropoli, chiamata Polis Aemilia, tende a riproporre le strutture delle città-stato greche (le poleis appunto) con le medesime pretese di indipendenza e autonomia; a ciascuno dei nuclei urbani originari viene assegnato un ruolo differente: “Così erano nate sia la ricca Acropoli bolognese, sia la pittoresca necropoli reggiana, verde polmone di morte della prima. Al loro centro la polis modenese, cuore delle strutture di servizio, scuole e trasporti sopratutto. E l’immenso impero del Policlinico. Tra queste colonne portanti, erano stati rigurgitati nomi latini con i quali battezzare monumenti, aree, quartieri. Un’altra arma per la formalizzazione di un progetto che trovava le sue origini in fasti e miti passati. Una megalopoli, divisa per funzionalità e ricchezza”. MORELLINI, Il Re Nero,  p. 20. La creazione Polis Aemilia, dal punto di vista della complessità e dell’originalità il paesaggio urbano, può stare alla pari con i migliori esempi della fantascienza anglosassone o con gli spettacoli paesaggi iper-tecnologici dei manga giapponesi. A questo proposito noi di Fantasy Planet siamo andati a intervistare il creatore di questa complessa e pericolosa città del nostro avvenire, andiamo a conoscerlo meglio.

Sinossi del romanzo Il Re Nero

Muore una squillo a Polis Aemilia, la città del prossimo futuro. Niente di straordinario, pensa Riccardo Mieli, una specie di investigatore privato con agganci nei servizi: la ragazza era sacrificabile come tante. Ma chi sono i Dissonanti? Cosa è successo nel mondo? E chi muove i pezzi nella micidiale partita che ha per posta l’ultimo avamposto della civiltà sulla penisola? Una serie di enigmi che sembrano senza rapporto tra loro, a poco a poco convergono verso un centro. Ma al centro c’è qualcosa di oscuro, qualcosa che gli uomini chiamano con terrore: il Re Nero.

Intervista Maico Morellini.

Perché hai scelto un’ambientazione italiana per il tuo romanzo?

Ci sono due principali motivi che mi hanno indirizzato verso l’ambientazione italiana. Il primo è che, per come la vedo io, è meglio scrivere su qualcosa che si conosce. Per descrivere usi, costumi, mentalità e anche geografia di un luogo bisogna conoscerlo molto bene. Sono italiano e, guardandomi attorno, posso cercare di immaginare come si svilupperà il nostro paese, e nel dettaglio la mia regione. Se non ci sono motivi stringenti di narrazione, credo sia molto più realistico ambientare le proprie storie in luoghi che si conoscono. Il secondo motivo è che mi sono molto divertito a proiettare l’Italia nel futuro. E divertirsi, per chi scrive, è almeno metà del lavoro.

Hai dovuto svolgere delle ricerche particolari per scrivere Il Re Nero?

No, direi di no. Ho una formazione scientifica che mi garantisce una certa famigliarità con biologia, tecnologie e aspetti un po’ più tecnici della fantascienza. Mi sono un po’ documentato su alcuni aspetti delle polis greche, in cerca di spunti ma non molto di più.

A che cosa ti sei ispirato per la creazione della metropoli immaginaria di Polis Aemilia?

Come accennavo, mi intrigava molto l’idea di qualcosa che richiamasse l’antica Grecia, ma ambientato nel futuro: poteva creare situazioni molto interessanti. Poi le grandi città alla Blade Runner, o quelle che sono magistralmente descritte dai padri del cyperpunk, mi hanno di sicuro influenzato. Ma, sotto molti altri aspetti, Polis Aemilia è una città del tutto italiana.

Perché hai scelto di scrivere una detective story ambientata nel futuro?

Mi piace molto creare intrighi. Mi piacciono i personaggi complessi e con motivazioni sia evidenti che occulte. Accompagnare il lettore nello sviluppo della storia facendogli seguire l’ombra dell’indagine era quello che mi serviva per raccontare ciò che avevo in mente. In più, un futuro da me immaginato mi dà un enorme grado di autonomia e rende molto più interessante gestire le motivazioni dei personaggi.

Chi è il protagonista del tuo romanzo, Riccardo Mieli?

Non è un eroe, nel senso stretto del termine. E’ irriverente e sicuro di sé, al limite del fastidioso. Adora fare battute e si trova invischiato in un legame con Polis Aemilia che non gli piace per niente. Non è uomo d’azione e porta i segni di un passato molto doloroso che lo fanno odiare o ammirare dagli altri. E’ intelligente, e questo lo costringe a non accontentarsi mai. Insomma, dovrebbe stare simpatico, ma potrebbe stare anche molto antipatico.

Da dove nasce la tua passione per la fantascienza, l’horror e in generale per il fantastico?

Non saprei dirlo con precisione. Da che ricordi l’ho sempre avuta e non ha fatto altro che crescere con il passare del tempo. Credo sia legata anche sia alla meraviglia che provo quando incontro una bella storia di uno di questi generi sia allo sforzo creativo che c’è dietro. Adoro essere terrorizzato e non è nemmeno così difficile, visto quanto mi lascio coinvolgere e abbraccio, sospendendo ogni tipo di incredulità, le narrazioni horror. Di sicuro Guerre Stellari mi ha folgorato, l’ho visto quando ero molto piccolo, e forse ha catalizzato in modo meraviglioso questa passione che era comunque sottopelle, pronta a uscire.

Sei stato per anni presidente di un’associazione culturale dedicata alla saga di Star Wars, alla sci-fi e al fantasy come Yavin 4. Come giudichi complessivamente questa tua esperienza?

Mi ha fatto molto crescere sotto tanti aspetti. Mi ha aiutato a migliorare la mia capacità critica, sia letteraria che cinematografica. E mi ha fatto scoprire autori, registi, aspetti del fantasy e della fantascienza che ignoravo. E’ stato un bello scambio e una bella condivisione. Certo, ha anche tolto molto tempo alla scrittura, ma ogni cosa che ci dà qualcosa richiede che si investa nei suoi confronti.

Quando hai deciso di iniziare a scrivere?

Ho battuto i primi tasti, consapevole di farlo, intorno ai dodici anni. Prima la mia scrittura era relegata all’ambito scolastico ma è più o meno quello il momento in cui, armato di macchina da scrivere, ho iniziato a portare le mie idee fuori dai quaderni di scuola. E non mi sono più fermato anche se la vera consapevolezza di volermi migliorare è arrivata verso la fine delle superiori.

Avresti mai pensato di poter vincere un giorno il prestigioso Premio Urania?

Ci speravo. Lo vedevo come un sogno, un traguardo. Ma quando ho ricevuto quelle mail nelle quali mi si comunicava la vittoria, be’, non ci potevo credere. Avevo molta fiducia ne Il Re Nero, ma da lì a vincere l’Urania il passaggio non è per niente immediato.

Pensi che in un romanzo di fantascienza si possano affrontare temi d’attualità, come la politica o le perplessità sollevate dalla bioetica riguardo agli sviluppi della scienza moderna?

Per quello che mi riguarda, è uno degli aspetti più divertenti e interessanti della narrativa di fantascienza. Un buon romanzo di genere deve guardare il presente, smembrarlo, e provare a riassemblarlo nel futuro. Non è un’operazione priva di rischi perché si rischia di fare il passo più lungo della gamba ma al tempo stesso crea un’ambientazione che poggia comunque su basi solide e convincenti. E’ naturale che nel futuro ci si trovi ad affrontare o a risolvere gli stessi problemi che abbiamo adesso con la sola differenza che una tecnologia migliore o conoscenze superiori possono cambiare la prospettiva con la quale li si affronta.

Qual è secondo te la situazione della letteratura fantastica in Italia?

Coordinare un concorso letterario a tema fantascientifico, e la vittoria stessa del Premio Urania, mi hanno garantito una visione della fantascienza in Italia che prima non mi era così chiara. Abbiamo tanti bravissimi autori e c’è un’attenzione molto passionale al genere. Abbiamo persone che la promuovono e che la seguono perciò per quello che riguarda la fantascienza, credo stiamo andando in una bella direzione che la porterà a diffondersi ancora di più. Il fantasy pare avere trovato una sua dimensione già da diversi anni e, al di là dei titoli stranieri che hanno grande seguito, vedo anche molti italiani che scrivono e pubblicano questo genere. Insomma, sono molto ottimista! Farei anche molta fatica a non esserlo, in questo momento.

Che progetti hai per il futuro?

Due principali. Sto raccogliendo materiale per un fantasy storico ambientato nella Vienna di metà/fine Settecento. E’ un lavoro molto impegnativo e divertente al tempo stesso. Il protagonista sarà il medico/alchimista/psicologo Franz Anton Mesmer, padre del mesmerismo, disciplina già citata da Edgar Allan Poe in uno dei suoi racconti. La ricerca per garantire credibilità storica promette di essere lunga. Poi si sta formando l’idea di un fantasy post-apocalittico con anche un po’ di fantascienza. Qui l’idea è già pronta, in buona parte. Insomma, avrò un bel da fare. Mille grazie per l’intervista!

 

 


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