Hyperion di Dan Simmons


Vi è mai capitato di passare in libreria, vedere un romanzo nascosto sugli scaffali, sfogliarlo e poi dire “ok, lo prendo la prossima volta”? Beh, questa è la sintesi della mia storia d’amore con “Hyperion” di Dan Simmons. Non so quante volte l’ho tenuto tra le mani, ne ho letto frammenti prima di decidermi a comprarlo, a portarlo a casa. C’era qualcosa che non mi convinceva, sarà stato un processo infame del mio inconscio che mi portava a diffidare del “vincitore del premio Hugo” messo in bella evidenza in copertina, temevo nell’ennesima mossa commerciale finalizzata a vendermi un mattone che avrei poi abbandonato a pagina 80. Ovviamente mi sbagliavo.

Hyperion è il primo volume della saga “I Canti di Hyperion” (composta da quattro libri:Hyperion,  La caduta di Hyperion, Endymion e Il risveglio di Endymion). Quella di Dan Simmon è fantascienza, quella vera e pura che con la sua complessità e le sue atmosfere sollecita il lettore con costanti interrogativi, lo spinge a riflettere anche dopo aver chiuso il libro. Una fantascienza classica che parte dal “Ciclo delle Fondazioni” di Asimov per abbracciare scenari futuristici, contraddistinti da lotte politiche per l’egemonia, viaggi nello spazio e spunti di fantarcheologia che incuriosiscono e non poco.

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Il romanzo è ambientato nel ventottesimo secolo, in un futuro ipertecnologico nel quale l’umanità si è sparsa per tutto l’universo su pianeti e colonie varie, anche in ragione dell’esplosione di Vecchia Terra (a causa del cosiddetto Grande Errore), che ci ha costretto a una sorta di diaspora futuristica, l’Egira. I pianeti colonizzati sono controllati dall’Egemonia. Pianeti su cui è possibile spostarsi grazie al teletrasporto gestito dal Nucleo Centrale, una sorta di Matrix di intelligenze artificiali che gestisce la rete dei mondi. All’interno di questo universo complesso esiste un pianeta, Hyperion.

Hyperion ha nulla di speciale, se non il fatto che sulla sua superificie si trova un sito archeologico, le Tombe del Tempo, composto da piramidi, sfingi, e avvolto da un campo anti-entropico che in qualche modo inspiegabile permette di controllare il tempo. A tutto ciò si aggiunge lo Shrike,  una sorta di divinità meccanica che sembra aver potere sul tempo e sulla vita degli uomini. Periodicamente, molte persone – scelte tra i fedeli della Chiesa Shrike – affrontano un pellegrinaggio allo Shrike, con qualche desiderio in tasca. I pellegrini devono andare in un numero primo, e solo il desiderio di uno di loro verrà realizzato. Gli altri verranno assassinati.

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Il pellegrinaggio descritto da Simmons è particolare per due motivi: il primo è che i viaggiatori, sette tra uomini e donne, non sono fedeli della Chiesa Shrike (tra loro c’è addirittura un prete cattolico), l’altro aspetto è che durante il viaggio verso Hyperion questi condivideranno le rispettive storie, il modo in cui la loro vita si è connessa allo Shrike, dando al romanzo la forma di una cornice, tipo il Decamerone di Boccaccio o I Canterbury Tales, costruita appunto intorno ai racconti dei sette protagonisti. Tutto ciò avviene durante un’imminente guerra stellare tra l’Egemonia e gli Ouster (una razza d’umani mutati a causa dell’esposizione a diverse condizioni di gravità).

All’inizio ho fatto un pò di difficoltà, sia per la difficile caratterizzazione dei personaggi che per il bombardamento di termini “fantascientifici” che mi hanno fatto perdere l’orientamento, dopo però è tutta un’altra storia. L’ambientazione è solida e credibile dal punto di vista scientifico: le teorie del viaggio nello spazio, la concezione del tempo e degli anni standard, le città planetarie sviluppate come grandi alveari che si stagliano contro cieli alieni. Simmons è uno scrittore d’elite, non spiega il 100% delle cose con cui pervade il romanzo, le mostra, fornisce indizi affidandosi poi all’attenzione e alla capacità del lettore di ricongiungere i fili. Insomma, se cercate Fabio Volo, Dan Simmons non fa per voi. I racconti dei pellegrini sono tutti belli (e anche questo giustifica il meritato Premio Hugo), ma quello che ho preferito è la storia molto toccante narrata dal Console, il diplomatico che fa parte del gruppo dei sette, che racconta il suo legame con lo Shrike attraverso gli occhi e le vicende dei suoi nonni, l’odio verso quell’istinto naturale dell’uomo a distruggere gli ecosistemi, a ripetere gli sbagli del passato a causa di una continua e spasmodica ricerca del profitto attraverso lo sfruttamento delle risorse naturali.

Hyperion non ha un finale compiuto, anzi ti lascia lì con l’amaro in bocca. Attualmente il seguito è reperibile solo in ebook, spero che Fanucci si decida presto a farne una ristampa.

Stile e Tecnica
Originalita'
Personaggi
Gestione della Trama
Copertina
Voto Personale
Final Thoughts

Un classico della fantascienza. L’ambientazione è solida e credibile dal punto di vista scientifico: le teorie del viaggio nello spazio, la concezione del tempo e degli anni standard, le città planetarie sviluppate come grandi alveari che si stagliano contro cieli alieni. Simmons è uno scrittore d’elite, non spiega il 100% delle cose con cui pervade il romanzo, le mostra, fornisce indizi affidandosi poi all’attenzione e alla capacità del lettore di ricongiungere i fili.

Overall Score 4.1