FRANK HERBERT, IL CREATORE DI MONDI


a cura di Claudio Cordella

“Questi colori, simili a dolce caramello. Vedete? In nessun punto si scorgono i segni blu dei laghi, dei mari o dei fiumi. E le adorabili calotte polari, così piccole! Chi non riconoscerebbe questo mondo? Arrakis! Veramente unico”. FRANK HERBERT, Dune, 1964; tr. it. Dune, ed. Nord, Milano, 1973, p. 15

Verme gigante di Dune/Arrakis. Illustrazione. Copyright degli aventi diritto.

Non è infrequente che il nome di un autore, in particolar mondo nel campo della letteratura popolare, possa rimaner legato a una sua sola, singola creazione. Assai noto, ad esempio, è il caso del romanziere inglese Sir Arthur Conan Doyle, il creatore del celebre detective Sherlock Holmes (1859 – 1930); il nostro tentò in ogni modo di liberarsi di questo suo personaggio, divenuto per lui quasi un peso. Doyle cercò persino di far morire Holmes, in quella che doveva essere l’ultima avventura dell’investigatore londinese, ma il pubblicò ne reclamò a gran voce la resurrezione, costringendolo a scrivere nuove avventure.

Da questo punto di vista il destino dello statunitense Frank Herbert, non è stato affatto diverso, il suo nome, a 26 anni dalla sua scomparsa, è ancor oggi legato al monumentale romanzo Dune e ai suoi seguiti. Frank Herbert, nato a Tacoma, nello stato di Washington, l’8 ottobre 1920 il nostro inizia da giovane a lavorare per il Glendale Star, durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre è arruolato in Marina, dove finisce per svolgere per sei mesi il lavoro di fotografo sino a che non viene congedato per motivi di salute. Nel ’41 si sposa a San Pedro, in California, con Flora Parkinson ma il loro matrimonio però ha vita breve. Seppur nel ’42 la coppia è allietata dalla nascita di una bambina, Penny, i due nel ’45 divorziano.

Nel ’46, mentre frequenta un corso di scrittura creativa della Washington University, conosce  Beverly Ann Stuart che sposa il 20 giugno di quell’anno. Frank intanto è riuscito a muovere i primi passi nel mondo della narrativa, vendendo due racconti pulp alla rivista Esquire. Nel ’47 a Seattle nasce da questo secondo matrimonio Brian Patrick mentre nel ’52 a Santa Rosa Bruce Calvin. Sempre nel ’52 il nostro pubblica la sua prima storia di fantascienza: Looking for Something, apparsa sulla rivista Startling Stories.

Under pressure (Drago degli abissi).

Frank però non riesce a laurearsi e torna in grande stile al giornalismo collaborando con il Seattle Stars, l’Oregon Statesman e il San Francisco Examiner’s California Living. Sempre negli anni ’50 esce il suo primo lavoro di sci-fi a raggiungere una certa notorietà: The Dragon in the Sea (conosciuto anche come Under Pressure); un romanzo breve, o racconto lungo che dir si voglia, pubblicato a puntate tra il ’55 e il ’56 sulla rivista Astounding. Questa novella, tradotta in italiano come Drago degli abissi, non solo è pesantemente influenzata dal clima di pace armata causato dalla Guerra Fredda, infatti è interamente ambientata all’interno di un sottomarino militare, ma dimostra quel grande interesse per la psicologia che affiorerà nelle opere successive di quest’autore. Senza notare una capacità quasi profetica nel prevedere, negli anni ’50, il diminuire delle scorte petrolifere e il controllo dei pozzi di petrolio rimanenti come possibile causa di un conflitto.

Nei primi anni ’60 il nostro pubblica il monumentale Dune, mastodontico romanzo che viene pubblicato in due parti separate Dune WorldProphet of Dune, a loro volte uscite a puntate sulla rivista Analog tra il ’63 e il ’65. Fu una piccola casa editrice di manuali di Philadelphia, la Chilton, a prendere la decisione di pubblicare questo romanzo-fiume in volume. La scelta, così lontana dalla consueta politica editoriale della Chilton, si rivela ben presto vincente; Dune diventa ben presto un autentico fenomeno editoriale che fa incetta di tutti i premi del settore. Nel ’65 Herbert vince il premio Nebula e l’anno seguente lo Hugo, ex-aequo con lo scrittore Roger Zelazny (1937 – 1995).

Herbert scrive altri romanzi negli anni ’60 e ’70, come The Green Brain (Il cervello verde) e The Eyes of Heisenberg (Gli occhi di Heisenberg), entrambi del ’66, oppure il bizzarro The Dosadi Experiment (L’esperimento Dosadi) del ’77; un romanzo in cui si incontrano strane società aliene, incentrato su di un allucinante esperimento psicologico che coinvolge un mondo intero. Eppure, nonostante questi e altri romanzi, il nome di Herbert è già inscindibilmente legato a quello di Dune di cui scriverà ben altri cinque seguiti, di cui l’ultimo volume viene dato alle stampe poco prima della morte della sua morte.

Nel 1985, dopo la morte della seconda moglie Beverly avvenuta il 7 febbraio del 1984, Herbert si sposa nuovamente, per la terza volta, questa volta con Theresa Shackleford ma il matrimonio è di breve durata perché il romanziere muore il 11 febbraio 1986 a Madison, nel Wisconsin.

Il deserto di Dune e un verme gigante con le fauci spalancate, cover di un card game dedicato. Copyright degli aventi diritto.

Il successo di Dune è stato così travolgente che il figlio di Frank Herbert, Brian, in collaborazione con lo scrittore Kevin J. Anderson, ha dato alle stampe diversi romanzi sia come prequel di questa saga, sia come sequel. Di recente il duo ha persino dato vita a una serie di interquel (Heroes of Dune) approfittando dei buchi narrativi esistenti all’interno del ciclo originario. Già nel 1984 il regista David Lynch, con esiti assai alterni, portò il capolavoro di Herbert nei cinema di mezzo mondo. Negli Usa il film fu un autentico flop mentre venne accolto decisamente meglio in Europa e in Giappone. Lo stesso scrittore americano si proclamò convinto del genuino valore artistico del film di Lynch: “È mia opinione che Dune, il film di David, resterà vivo e vegeto per molto tempo […] Dune è un film indirizzato come nessun altro ai sensi dell’udito e della vista: vi costringe a partecipare, e non vi permette di rimanere là seduti mentre si svolge per voi”. FRANK HERBERT, Introduction, in The Road to Dune, 1985; Introduzione, in La strada per Dune, 1990, p.  12.

Però lo stesso Frank Herbert, pur dimostrando di aver apprezzato sia il lavoro del regista, quanto dei produttori Dino e Raffaella De Laurentiis, non poté esimersi da esprimere alcune critiche alla pellicola. Effettivamente egli venne direttamente coinvolto nella stesura della sceneggiatura, ma nonostante ciò non poté evitare alcune scelte registiche che non approvava affatto: “Paul era un uomo che recitava la parte del dio, ma non era un dio capace di far piovere. Dune puntava sull’idea di una guida infallibile, perché la mia visione della storia dice che gli errori fatti dai capi (o fatti nel loro nome) sono tanto più amplificati quanto più numerosi sono i seguaci che non fanno domande.” FRANK HERBERT, ibid., p.  11.

In buona sostanza la versione cinematografica di Dune, pur segnalandosi per l’interpretazione di Kyle Merritt MacLachla, che in seguito diventerà l’attore-feticcio di Lynch, per la presenza nel cast della rock-star Sting, e per gli effetti speciali del nostrano Carlo Rambaldi, all’epoca all’apice della carriera, viene ancor oggi variamente giudicata dagli appassionati. Nel 2000, proprio per venire incontro a quei fans di Herbert che non avevano gradito il film di Lynch, venne realizzata una miniserie televisiva maggiormente fedele al testo herbertiano: Frank Herbert’s Dune (Dune – Il segreto dell’universo). Tale serial ebbe persino un seguito nel 2003, questa volta dedicato ai volumi 2 e 3 dell’esalogia qui trattati come un tutt’uno: Frank Herbert’s Children of Dune (I figli di Dune).

Ma qual’è il segreto del successo di Dune? Che cosa l’ha reso un autentico romanzo di culto? Il lontano futuro descrittoci da Herbert, il 101° secolo, ha un carattere prettamente feudale, una sorta di medioevo di portata interstellare in cui vige una rigida distinzione delle classi sociali: il faufreluches. Se il fascino medievaleggiante, garantito dalla presenza di castelli, simboli araldici e duelli, può senz’altro venir incontro al palato degli appassionati di fantasy, la peculiarità dell’opera di Herbert risiede nella sua accuratezza. Dune è un mosaico formato da una miriade di tessere che si incastrano perfettamente tra loro, niente avviene per caso e ogni elemento di questa realtà viene accuratamente presentata al lettore. La struttura feudale della galassia e lo stretto controllo della tecnologia non sono semplici fatti di “colore”, ma elementi preziosi per l’economia narrativa del romanzo, la cui presenza viene giustificata con una tremenda guerra scoppiata secoli prima gli avvenimenti narrati in Dune: il Butlerian Jihad (Jihad Butleriano).

Herbert non entra mai nei particolari riguardo a questo immane conflitto, avvenuto molto prima della nascita dei protagonisti di Dune, solo il figlio Brian assieme a Kevin J. Anderson ha dato vita alla trilogia prequel Legends of Dune, uscita tra il 2002 e il 2004, dedicata a questo titanico scontro. Già dalla lettura di Dune però veniamo a sapere che il Jihad Butleriano è stata una sorta di crociata intrapresa dagli uomini, ormai ridotti al rango di semplici schiavi, contro le macchine senzienti che li avevano asserviti. Solo in seguito alla vittoria degli umani sui loro padroni, vengono poste le basi della civiltà feudale che ritroviamo in Dune. Ad esempio, uno dei leader della rivolta diviene il fondatore della Casa Corrino, ovverosia del casato imperiale.

Il sovrano, che riceve l’appellativo di Imperatore-Padisha, non è solo a governare ma è circondato dai diversi esponenti della nobiltà, divisi in Case Maggiori (o Grandi Case) e Minori, entrambe rappresentante nell’assemblea del Landstraad. La Grande Intesa, firmata tra i vari casati, assicura che i vari clan non usino mai le testate nucleari di cui sono dotati. Effettivamente le lotte feudali e le faide non paiono esser infrequenti e l’uso massiccio, su scala galattica, di armi atomiche avrebbe senz’altro esiti apocalittici.

Il pianeta Dune nella miniserie televisiva. Copyright degli aventi diritto.

I casati degli Atreides, che Herbert fa assurdamente discendere direttamente dai nobili Atridi della mitologia greca, e degli Harkonnen sono tra quelli più in vista dell’intera galassia e la loro inimicizia pare risalire proprio al Jihad Butleriano, quando i secondi tradirono i primi durante una battaglia.

I duelli, per risolvere quel tipo di lotta tra famiglie aristocratiche chiamata kanly, sono all’arma bianca ma solo perché gli scudi di energia impiegati in battaglia generano una forte esplosione se colpiti da un’arma laser; da qui la necessità di inventare un nuovo tipo di scherma in cui i duellanti sono protetti da una simile barriera energetica. Su Arrakis poi è assai pericoloso usare gli scudi, questi ultimi infatti attirano gli enormi Sandworm (Vermi delle sabbie), il che rende generalmente i combattimenti ancor più cruenti e primitivi.

É diritto dell’imperatore assegnare i feudi ai propri feudatari che ricevono interi mondi non in piena proprietà  ma solo in concessione del sovrano; quest’ultimo dunque può ordinare a una ben determinata famiglia di abbandonare un pianeta per andarne poi a occupare un altro. All’inizio di Dune è proprio l‘Imperatore Padisha in persona, Shaddam Corrino IV, che ordina alla famiglia Harkonnen di lasciare il mondo chiamato Arrakis, o ma noto più semplicemente come Dune, onde permettere agli Atreides di trasferirvisi.

La struttura politica di quest’universo è però direttamente interconnessa con quella economica e con quella filosofico-religiosa.  Nell’universo di Dune, in cui vige una sorta di “tecnofobia” nata in seguito al Jihad Butleriano, solo la Spacing Guild (Gilda Spaziale) e la Ixian Confederacy (Confederazione ixiana) conservano parte dell’antico sapere tecnologico, pur tra mille difficoltà e sottoposti a numerosi vincoli. Se ai pianeti di Ix spetta il compito di essere, per così dire, il “distretto industriale” della galassia ai Navigatori della Gilda spetta il compito di mantenere i mondi in contatto gli uni con gli altri pilotando attraverso lo spazio interstellare delle immense astronavi. Per scegliere la rotta adeguata però, che prevede un balzo a velocità  maggiori di quella della luce da una stella all’altra, costoro hanno assolutamente bisogno del melage, o spezia, una misteriosa sostanza che non si può riprodurre artificialmente e che si raccoglie dalle sabbie di Dune/Arrakis. Solo il melange permette ai Navigatori di avere quelle visioni preveggenti del futuro che gli consentono di fissare la rotta più sicura per arrivare a destinazione.

Altro inconveniente del melage, oltre la sua scarsezza, è il suo provocare delle autentiche mutazioni nei corpi degli esseri umani; i Navigatori, che ne assumono in gran quantità, finiscono con il diventare dei grotteschi mutanti simili a dei pesci, costretti a vivere in apposite capsule. La descrizione completa di uno di questi esseri ci viene fornita solo nel seguito diretto di Dune, Dune Messiah (Il messia di Dune), in cui appare un Navigatore giunto alla fase finale della sua mutazione: “Il rappresentante della Gilda Spaziale aveva un aspetto vagamente umanoide. Il suo lungo profilo poteva anche essere quello d’un pesce. Con i suoi lenti movimenti esibiva le pinne ai piedi, le mani palmate, mentre una pallida esalazione aranciata s’innalzava dagli sfiatatoi dell’ampolla, spandendo nella cupola il profumo della droga… Strano pesce in uno strano oceano”. FRANK HERBERT, Dune Messiah, 1969; tr. it. Il messia di Dune, ed. Nord, Milano 1974, p. 10.

Dune come appare nel film di David Lynch. Copyright degli aventi diritto.

D’altro canto l’assunzione regolare di spezia allunga la durata vita pur se finisce con il provocare assuefazione, rendendo da questo punto di vista il melange identico a qualsiasi droga, pur se segna subito il corpo di chi ne fa uso con un segno assai particolare: l’iride assume un intenso color blu e in seguito pure la sclera dell’occhio inizia progressivamente ad assumendo il medesimo colore bluastro. Non solo i Navigatori, oltre i ricchi e i nobili che desiderano allungare la durata della loro vita, fanno uso del melange ma anche per l’ordine femminile della sorellanza Bene Gesserit esso è indispensabile. Ogni adepta del Bene Gesserit che desideri raggiungere il rango di Reverend Mother (Reverenda Madre), cessando così di essere una semplice novizia, deve affrontare una pericolosa trance, che può anche avere esiti mortali, chiamata Spice agony (Agonia di spezia). Costei, solo dopo aver superato questa prova, che prevede una massiccia assunzione di spezia, è in grado di accedere alle memorie delle proprie antenate. L’Agonia di spezia è una prova durissima e non tutte le novizie che la tentano riescono a sopravvivere. Qui Herbert evidentemente ipotizza l’esistenza di una memoria genetica, trasmissibile da una generazione all’altra a cui le Bene Gesserit, grazie alla spezia, posso sfruttare. Si badi bene che persino le più potenti Reverende Madri possono solo leggere, o meglio rivivere, i ricordi relativi alle femmine delle loro famiglie e non dei maschi che a loro rimangono preclusi.

Una Reverenda Madre può anche svolgere il ruolo di Veridica, cioè di persona capace di entrare in un particolar tipo di trance, la Veritrance, che la rende capace di smascherare ogni menzogna che viene detta in sua presenza. In Dune l’imperatore tiene sempre presso di sé durante le udienze la sua personale Veridica. Da quello che si può capire dalla lettura di Dune, e dalle relative appendici, solo una Reverenda Madre può ricoprire il ruolo di Veridica dato che solo una Bene Gesserit che ha affrontato e superato l’Agonia di spezia, dimostrando così di esser capace di controllare la chimica del proprio corpo, ha le carte in regola per diventarlo. Solo nell’ultimo romanzo dell’esalogia, Chapterhouse Dune (La rifondazione di Dune) del 1985, si parla di uomini e non di Reverende Madri, che adempiono a questo ruolo.

Oltre alla Sorellanza esistono però anche i Mentat, veri e propri computer umani che possono uguagliare le capacità logico-matematiche di qualsiasi macchina; individui del genere sembrano essere estremamente preziosi per le casate nobiliari e ciascuna pare averne uno al proprio servizio. Di certo sappiamo che gli Harkonnen hanno ai loro ordini lo spietato e perverso Piter de Vries mentre i loro rivali Atreides hanno ai loro ordini l’abilissimo Thufir Hawat, il quale ricopre l’incarico di Master of Assassins (Maestro degli Assassini).

La CHOAM invece, sigla che sta per Combine Honnete Ober Advancer Mercantiles, è una corporazione per lo sviluppo commerciale che non pare avere una reale autonomia; perennemente sottoposta all’influenza dell’imperatore, delle Grandi Case, della Gilda e del Bene Gesserit che la manovrano “dietro le quinte”. Decisamente ripugnanti sono invece i membri della corporazione del Bene Tleilax, volta a sperimentare le più aberranti tecniche di ingegneria genetica. Tra i prodotti tipici dei loro esperimenti abbiamo i Volti Danzanti, assassini mutaforma in grado di cambiare aspetto, e in particolar modo i ghola, cloni creati a partire dai tessuti di persone defunte capaci di ricordare la propria vita precedente. Pur se i loro servizi paiono esser richieste dai nobili, anche per semplice diletto dato che i Volti Danzanti sono impiegati anche negli spettacoli di varietà, i membri del Bene Tleilax sono generalmente disprezzati. Frank Herbert accenna a costoro in Dune come dei creatori di Mentat pervertiti, come de Vries appunto, ma il loro ruolo viene maggiormente definito solo partire dal succesivo Il messia di Dune.

Sui Tleilax in realtà non sappiamo molto, solo verso la fine dell’esalogia ci viene spiegato realmente qualcosa sulle loro tecniche di clonazione e sulla loro società. Comunque siamo indubbiamente meglio informati sulla sorellanza del Bene Gesserit, in particolare riguardo all’addestramento che viene impartito alle novizie, costituite sopratutto da fanciulle di nobile lignaggio, che viene chiamato prana-bindu. Quest’ultimo prevede uno sviluppo armonico sia della mente quanto del corpo, permettendo il totale dominio cosciente dei propri muscoli. Non a caso le Bene Gesserit, come dimostra la stessa Lady Jessica, concubina del duca Leto Atreides e madre del giovane Paul, sono anche delle abili combattenti. La loro conoscenza del corpo e della mente di un essere umano è tale che un’adepta di questa scuola utilizzando una particolare intonazione vocale, la Voce, può controllare l’altrui volontà semplicemente parlando.

Per via di tutte queste loro singolari capacità, che a molti sembrano quasi magiche, pur nascendo in realtà da un semplice addestramento psico-fisico, le adepte di questa scuola vengono comunemente chiamate con disprezzo “streghe”. Si badi bene inoltre a come il Bene Gesserit appaia legata a doppio filo all’imperatore e alla nobiltà; il sovrano si serve di una Veridica, le famiglie dei vari casati nobiliari affidano spesso le loro figlie alla sorellanza, la stessa Irulan, una delle figlie dello stesso Shaddam IV è una di loro. Le finalità di quest’ordine femminile però non si fermano all’istruzione e alla pratica di una particolare dottrina: scopo ultimo del Bene Gesserit è la creazione del Kwisatz Haderach, cioè “colui che abbrevia la strada”, cioè di un maschio dotato di tutti i poteri di una Reverenda Madre ma in più capace di usufruire dei ricordi ancestrali di tutti i suoi antenati, sia maschi che femmine, e dotato di poteri profetici (la cosiddetta prescienza). La Reverenda Madre Gaius Helen Mohiam, la stessa Veridica dell’imperatore, definisce così lo Kwisatz Haderach: “E tuttavia c’è un luogo dove nessuna Veridica può guardare. Ne sono respinte, terrorizzate. Si dice che un giorno verrà un uomo, e che costui troverà nel dono della droga il proprio occhio interiore. Potrà guardare dove noi non possiamo… in entrambi i passati, femminile e maschile”. FRANK HERBERT, Dune, p. 13.

Per permettere la nascita di quest’essere le Bene Gesserit manipolano a loro piacimento le linee di sangue della nobiltà, onde generare gli incroci più confacenti ai loro scopi. Il protagonista di Dune, Paul Atreides, non è altri che il tanto atteso Kwisatz Haderach, nato con una generazione di anticipo a causa della disobbedienza della madre Lady Jessica, colei che ha voluto dare un erede maschio al duca Leto, nonostante le consorelle del Bene Gesserit le avessero ordinato di dar luce a una femmina. Le Bene Gesserit non manipolano solo le linee genetiche o si servono della loro conoscenza della psiche umana per ingannare il prossimo; esse fanno ben di più essendo a tutti gli effetti una forza politica che plasma a suo piacimento le religioni a proprio uso e consumo. Una particolare sezione del Bene Gesserit, chiamata Missionaria Protectiva, ha il compito di diffondere quelle leggende e quelle superstizioni che possono essere utili alla sorellanza. Paul e sua madre Jessica, in fuga dagli Harkonnen che si sono ripresi Arrakis con la complicità dello stesso imperatore, riescono a salvarsi e ad allearsi con le popolazioni del deserto, i Fremen, proprio grazie al culto segreto nato dall’attività della Missionaria Protectiva.

Dune, copertina della prima edizione americana.

All’interno di questo scenario, che come chiunque può constatare è già di suo molto complesso, Herbert arriva anche a descriverci l’affascinante ecologia di Dune che ha dato vita al melange. Intere pagine sono dedicate alla biologia e al comportamento dei Vermi delle sabbie, esseri dai diversi stadi vitali: infatti è proprio una forma larvale di queste creature, chiamata sandtrout (trota delle sabbie), a produrre la spezia. Per l’esattezza sono i suoi escrementi a formare quella che viene chiamata massa di pre-spezia, quando quest’ultima esplode spande tutt’attorno a sé i corpi delle trote delle sabbie e la vera spezia. Le trote che sopravvivono all’esplosione hanno l’occasione di crescere e diventare adulti, trasformandosi così in Vermi delle sabbie: “[…] il verme delle Sabbie di Arrakis, il “Vecchio del deserto”, il “Vecchio Padre Eternità”, il “Nonno del Deserto”. Questo nome, pronunciato con un certo tono o scritto con l’iniziale maiuscola, designa la deità terrena delle superstizioni familiari dei Fremen. I vermi delle sabbie crescono fino a raggiungere dimensioni gigantesche (esemplari lunghi 400 metri sono stati visti nelle profondità del deserto) e vivono molto a lungo, a meno che non siano uccisi dai loro simili o non finiscano annegati nell’acqua, che per essi è un veleno. La maggior parte della sabbia esistente su Arrakis probabilmente è stata prodotta dall’azione dei vermi». HERBERT, Dune, p. 565.

La vita dei Fremen, le popolazioni del deserto di Dune, dipende direttamente dalla loro capacità di vivere in simbiosi con l’ecologia di questo pianeta così arido. Solo i Fremen vivono nei sietch, sorta di città sotterrane scavate nella roccia, all’interno di immense cavarne; solamente questo popolo delle sabbie ha saputo ideare la tuta distillante, un dispositivo capace di riciclare i liquidi persi dal corpo, indispensabile strumento per poter sopravvivere su Dune. I Fremen inoltre riescono persino a cavalcare i mastodontici Vermi delle sabbie, utilizzandoli come delle autentiche cavalcature.

I Fremen, in barba sia alle Grandi Case e all’imperatore, nonché ai contrabbandieri di spezia e alla CHOAM, una sorta di potente multinazionale galattica, raccolgono grandi quantità di spezia che utilizzano in vari modi. Per prima cosa per corrompere la Gilda onde rendere impossibile che una rete di satelliti meteorologici sia messa in orbita attorno a Dune; questi ultimi infatti scoprirebbero il più grande segreto di questo popolo. I Fremen, in combutta con il Planetologo Planetario Pardot Kynes, il primo uomo che riuscì realmente a capire l’ecologia di questo strano mondo, hanno iniziato le prime fasi di trasformazione di Dune in una terra verde. Pardot si rese infatti conto di come gran parte dell’umidità sia in realtà stata “rubata” dalle trote delle sabbie che hanno l’abitudine di incistarsi in gruppi nel terreno, dando origine alla già citata massa di prespezia. I Fremen allora iniziano in tutti i modi a raccogliere l’umidità necessaria al loro piano di rinnovamento; i loro sietch nascondono al loro interno vasti serbatoi idrici mentre nell’emisfero meridionale questo fiero popolo riesce persino a creare delle autentiche oasi. Pardot visto dai Fremen come una sorta di guida spirituale suprema, un Umma, cioè un profeta a cui bisogna dare indiscussa obbedienza, dà solo il via alla trasformazione che verrà portata avanti in seguito dal figlio Liet. Paul Atreides, divenuto alleato dei Fremen anche grazie alle profezie della Missionaria Protectiva a cui le genti del deserto credono, non solo userà questo popolo contro l’imperatore e contro gli Harkonnen, colpevoli di avergli ucciso il padre, ma  si farà continuatore del sogno di Pardot. Alla fine sarà proprio Leto II, il successore di Paul, a portare a compimento tale sogno facendo di Dune un mondo verde una volta diventato un imperatore-dio dalla vita plurisecolare.

L’affascinante ecologia di Dune venne suggerita a Frank Herbert dalla particolare situazione di una cittadina realmente esistente: “L’idea specifica di Dune nacque una decina d’anni prima che scrivessi i romanzi, in un periodo in cui preparavo un articolo per un quotidiano. L’articolo mi aveva condotto a Florence, nell’Oregon: una cittadina costiera che aveva dei guai con le dune di sabbia. […] Per le dune, mi nacque una vera passione. Cominciai a studiare i popoli che abitano nelle regioni aride, perché erano le regioni in cui s’incontrava la maggior parte delle dune.  […] Poi, lentamente, lo scrittore che è in me si risvegliò, e si accorse che questi argomenti potevano offrire lo spunto per una storia […] Un mondo intero: un pianeta portato agli estremi dalla mancanza d’acqua. Gente spinta alla violenza da questo bisogno. Una cultura, una civiltà che si fa strada faticosamente tra questa avversità”. FRANK HERBERT, Introduzione dell’autore. Come si costruisce un mondo (Discorso tenuto da Frank Herbert alla XXII Convention Mondiale della Fantascienza, Los Angeles 1964), in Il messia di Dune, ed. Nord, Milano 1974, pp. V – VII.

Potremmo ben dire che Herbert abbia plasmato un immenso deserto a partire da un ben piccolo granello di sabbia! Altro elemento di indubbio fascino presente in Dune, e nei suoi sequel, è la complessa natura dei suoi protagonisti. La maturazione del giovane Paul, come nel miglior romanzo di formazione che si rispetti, è trattata con grande sensibilità da parte di questo romanziere. Il nostro eroe dovrà superare tutta una serie di prove, prima tra tutte quella della “scatola del dolore” e dell’ago avvelenato gom jabbar da parte della Bene Gesserit Gaius Helen Mohiam, la Veridica dell’imperatore. In seguito, dopo la morte del padre, egli dovrà imparare a sopravvivere al duro esilio assieme alla madre e alla sua giovane sorellina, Alia. Paul, dopo essere sopravvissuto all’Agonia di Spezia, diviene la guida spirituale e politica dei Fremen e li conduce alla vittoria contro gli Harkonnen e l’imperatore. Quest’ultimo, alleatosi con il barone Vladimir Harkonnen proprio per paura che il duca Leto, divenuto sin troppo popolare presso la nobiltà del Landstraad, addestrasse dei Fremen come suoi soldati assiste impotente alla sconfitta delle sue truppe, i celebri Sardaukar. I Sardaukar, pur essendo nativi dello spietato pianeta-prigione di Salusa Secundus, possono infatti ben poco contro i coriacei guerrieri Fremen. Al termine di Dune Paul è dunque riuscito a sgominare tutti i suoi nemici, la stessa principessa Irulan è destinata a diventare sua sposa, pur solo per convenienza politica, mentre lo stesso trono imperiale è alla sua portata. Eppure la sua prescienza, pur avendogli consentito di ottenere la vittoria finale, inizia ad ossessionarlo; le immagini che egli vede gli parlano di un nuovo jihad galattico, portato questa volta di pianeta in pianeta dai Fremen. Inoltre queste sue visioni gli mostrano l’unica possibilità di assicurare un futuro alla specie umana: la Via Aurea.

Paul, in grado di controllare la produzione di spezia e uomo più potente dell’universo, diventa sempre più insofferente: prima di tutto verso il cerimoniale di corte e il ruolo di uomo-dio che è costretto a recitare, poi verso le sue visioni che continuano ad ossessionarlo. Ne Il Messia di Dune, dopo che la concubina Fremen Chani muore dando alla luce i gemelli Leto II e Ghanima, il nostro decide di avventurarsi nel profondo deserto per non farvi più ritorno. Paul, divenuto cieco in seguito a un attentato, si avvale di un’antica legge Fremen che prevede che i deboli e i malati gravati debbano morire tra le sabbie. Egli spera così di liberarsi del dolore delle sue visioni. Intanto però i Fremen stanno già devastando la galassia con il loro jihad. Purtroppo per Paul però egli non trova la morte da lui così tanto agognata. Nel terzo libro della saga, I figli di Dune (Children of Dune) del ’77, Paul è ancora vivo ed è diventato un predicatore folle manovrato da alcuni reietti; nonostante tutto riuscirà ad aiutare il figlio Leto II a sconfiggere i suoi nemici e a salire sul trono. Un’azione questa che costerà, questa volta per davvero, la vita a colui che i Fremen chiamavano con rispetto Muad’dib, lo stesso nome del tenace topo canguro di Arrakis, oppure Usul, cioè “la base del pilastro”. Frank Herbert, come si può già intravedere dalla sommaria biografia di Paul “Muad’dib” Atreides, non ci presenta una visione manichea della realtà, con le forze del Bene schierate tutte da una parte e quelle del Male da un’altra, ma un universo dove la linea tra “giusto” e “sbagliato” è decisamente confusa.

Indubbiamente il barone Harkonnen ci viene presentato come un essere abbietto, edonista, egoista e sadico mentre al contrario i suoi oppositori Atreides sono nobili, giusti e leali ma in realtà il vecchio Vladimir non è altri che il padre della stessa Lady Jessica. Le due famiglie rivali, perennemente in lotta tra loro, sono dunque imparentate tra loro. Un pericoloso filo rosso unisce quindi i due casati. Alia, sorella di Paul, è una prenata; dato che la madre ha affrontato l’Agonia di spezia quand’era già incinta, la piccola è diventata cosciente quand’era ancora nel ventre materno. Alla nascita possiede già i poteri di una Reverenda Madre ma con la possibilità di rivivere i ricordi degli antenati maschi, alla scomparsa del fratello maggiore le responsabilità che gravano su Alia, diventata ufficialmente reggente del regno in nome dei nipoti, la rendono psicologicamente fragile. Lo spettro del proprio nonno materno, il barone Harkonnen, prende possesso della sua coscienza e del suo corpo sino a un tragico epilogo finale. Senza citare il caso di Alia anche la vita di Paul, direttamente responsabile dello scatenarsi di un sanguinoso jihad, non è comunque un santo. Il figlio Leto II, deciso a intraprendere quella strada pericolosa che il padre chiamava la Via Aurea, abbandona persino la sua umanità. Rivestitosi della pelle delle trote delle sabbie, come narrato ne I figli di Dune, si procura un’invincibile armatura vivente e diventa una sorta di creatura di transizione tra i Vermi delle sabbie e gli esseri umani. La sua vita durerà interi millenni, egli diventerà un monarca assoluto, un vero tiranno, capace anche di grandi violenze ma esteriormente egli perderà interamente la sua umanità: “Le mani erano il suo orgoglio. Sotto la grigia membrana della pelle di trota della sabbia, le lunghe dita e i pollici opponibili si potevano  usare più o meno come mani umane. Le pinne pressoché inutili che un tempo erano state le sue gambe e i suoi piedi erano motivo più di fastidio che di vergogna. Lui poteva strisciare, rotolare e dibattersi con sveltezza sorprendente; ma qualche volta cadeva sulle pinne, e allora soffriva”. FRANK HERBERT, God Emperor of Dune, 1981; L’imperatore-dio di Dune, ed. Nord, Milano 1982, p. 16.

Scomparsi tutti i Vermi da Dune, in seguito alla trasformazione ecologica, questi ultimi riappariranno solo dopo la morte di Leto II; dalla pelle del suo corpo morente si sganceranno delle trote delle sabbie pronte a iniziare un nuovo ciclo vitale. Leto II, un prenato come la sorella gemella e la sfortunata zia Alia, è dunque al tempo stesso carnefice e vittima, sovrano illuminato e despota, patetico mostro ed eroe disposto a sacrificarsi per il bene di tutti. Egli infatti, a differenza del padre, accetta di cambiare la sua stessa carne per seguire quella Via Dorata che consentirà all’umanità di sopravvivere e di avere un futuro. In buona sostanza, buona  parte della narrazione de L’imperatore-dio di Dune ruota attorno alla natura di quest’essere: in definitiva un martire che finisce per morire durante lo stesso giorno delle sue nozze assieme alla donna che ama. Lo stesso Duncan Idaho, spadaccino morto al servizio degli Atreides, viene di volta in volta clonato nel corso dei secoli; questi ghola però, copie che conservano i ricordi dell’individuo originario, iniziano con il tempo ad assumere un comportamento assai diverso da quello del primo Duncan. In  L’imperatore-dio di Dune una discendente degli Atreides votatasi alla ribellione, Siona, si allea proprio con l’ultimo ghola di Duncan per poter assassinare l’imperatore-dio Leto II. A partire dal quarto volume della saga, Heretics of Dune (Gli eretici di Dune), Duncan diviene sempre più simile a Paul Atreides essendo chiaramente diventato capace di ricordare le proprie passate reincarnazioni. L’antico guerriero, considerato dalle Bene Gesserit come un pericolo, ne La rifondazione di Dune, romanzo a cui Herbert fu impossibilitato di dare un seguito, decide di opporsi al suo destino e di fuggire dalla galassia. Ducan dunque attraversa un processo di maturazione e di cambiamento addirittura plurisecolare! Ecco dunque che i personaggi di Herbert, di cui abbiamo voluto dare solo qualche esempio, sono perennemente in bilico tra l’umanità di oggi e una sua forma evolutiva futura, tra il bene e il male; anch’essi elemento imprescindibile del successo di una saga degna di essere ricordata tra le più importanti della letteratura fantastica.


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