Lo Hobbit: il trionfo dell’immaginazione


di Claudio Cordella

 «Se io dico che è uno Scassinatore, Scassinatore è, o lo sarà al momento opportuno. È più in gamba di quanto egli stesso immagini. Mi auguro che possiate tutti sopravvivere per ringraziarmi ancora». (J. R. R. TOLKIEN, Lo Hobbit o Andata e ritorno, edizione rivista, ampliata e annotata da DOUGLAS A. ANDERSON, a cura di ORONZO CILLI, traduzione italiana di ELENA JERONIMIDIS CONTE, ed. Bompiani, Milano 2000, p. 39).

Sin dalla lettura delle prime pagine anche il più sprovveduto dei lettori può immediatamente accorgersi di come The Hobbit (Lo Hobbit), opera del 1937 del romanziere inglese John Ronald Reul Tolkien, non abbia nulla a che spartire con quelle narrazioni di heroic fantasy dove abbondano gli eroi senza paura, dalla possente muscolatura e dalla spada invincibile. In buona sostanza, nonostante tutte le rocambolesche avventure che ne costituiscono la trama, Lo Hobbit si distanzia nettamente dalle storie che autori come l’americano Robert E. Howard (1906-1936), il creatore del personaggio Conan il barbaro, erano soliti offrire agli appassionati del fantastico

La casa di Bilbo, illustrazione di John Howe. Copyright degli aventi diritto.

Il protagonista, l’agiato hobbit Bilbo Baggins, è intento a fumare tranquillamente presso l’uscio di casa (01) dell’erba-pipa, sorta di tabacco coltivato nello Shire (Contea), quando si vede venir incontro lo Stregone Gandalf: “Tutto quello che l’ignaro Bilbo vide quel mattino era un vecchio con un bastone. Aveva un alto cappello blu a punta, un lungo mantello grigio, una sciarpa argentea sulla quale la lunga barba bianca ricadeva fin sotto la vita e immensi stivali neri” (TOLKIEN, Lo Hobbit, p. 42). Quest’ultimo, nonostante l’inclinazione degli Hobbit in generale e di Bilbo in particolare ad una vita oziosa e tranquilla, è infatti ben deciso a coinvolgere il poveretto in una rischiosa caccia al tesoro assieme ad un gruppo di Nani (02), capeggiati dal borioso Thorin Scudodiquercia. Il Gandalf de Lo Hobbit è un personaggio ben diverso da come appare nella successiva trilogia The Lord of the Rings (Il Signore degli Anelli): se nella seconda, monumentale saga, lo Stregone è praticamente un santo, una figura messianica, nella sua prima apparizione è invece una sorta di simpatico malandrino.

Si consideri poi che se i Nani, così come gli Elfi e altre creature mitologiche, appartengono al folklore nord-europeo, pur se debitamente rivisitato, gli Hobbit sono invece una creazione del tutto originale, parto della fertile fantasia di Tolkien: “Sono (o erano) gente piccola, alti all’incirca la metà di noi, e più minuti dei barbuti Nani. Gli Hobbit non hanno barba. Del resto, poco o niente di magico c’è in loro tranne il modo in cui spariscono silenziosamente e velocemente quando gente grossa e stupida come me e voi capita lì attorno, facendo il rumore di un elefante che essi possono sentire a un miglio di distanza” (TOLKIEN, Lo Hobbit, p. 40).

Un autentico trionfo dell’immaginazione insomma, un bizzarro intreccio tra vecchio e nuovo la cui singolarità non è sfuggita agli stessi mitografi: “Con Bilbo, lo Hobbit, Tolkien si pone nella scia di J. M. Barrie, creatore del celebre Peter Pan, ma se ne distingue nettamente in quanto le sue fantasie si basano sistematicamente su esseri di cui il folklore gli fornito almeno i nomi (anche se vi aggiunge personaggi di sua invenzione, come appunto gli hobbits) […] Con un catalogo di attori come questi, un terreno d’azione costituito da vaste regioni con una topografia articolata, le meravigliose possibilità fornite da malie, incantesimi e anelli dell’invisibilità e uno scopo attraente (un tesoro ben costudito), c’è di creare una storia dalle innumerevoli peripezie […]” (YVES BONNEFOY, Dictionnaire des mythologies, Paris 1981; traduzione italiana “Dizionario delle mitologie e delle religioni”, vol. 2, ed. Rizzoli, Milano 1989, pp. 863 – 864).

L’impresa di questo stravagante gruppo di eroi consiste sostanzialmente nell’attraversare le Wilderland (Terre Selvagge) per arrivare sino alla Lonely Mountain (Montagna Solitaria); lì il drago Smaug domina da tempo incontrastato dopo aver devastato il regno dei Nani. Lo scopo di Thorin, intenzionato a recuperare ciò che considera una sua eredità per diritto di nascita, è quello di recuperare il tesoro sorvegliato dal mostro. In tutto questo, al seguito delle indicazioni di Gandalf, che ha addirittura tracciato sull’uscio della casa di Bilbo un apposito segno che lo qualifica come Scassinatore, o Esperto Cacciatore di Tesori che dir si voglia, al nostro protagonista viene riservato un ruolo importantissimo nella lotta contro il drago. Dopo alcune avventure iniziali, in cui appaiono dei Troll cannibali, l’intrepido gruppetto giunge sino all’Ultima Casa Accogliente, la dimora di Elrond il Mezz’elfo: “Il padrone di casa era un amico degli Elfi, una di quelle persone i cui padri compaiono nelle strane storie anteriori all’inizio della Storia, nelle strane storie anteriori all’inizio della Storia, nelle guerre tra gli Orchi malefici, gli Elfi e i primi Uomini del Nord. Nei giorni in cui si svolge la nostra storia c’erano ancora persone che avevano per antenati sia gli Elfi sia gli Eroi del Nord, e Elrond, il padrone di casa, era il loro capo. Era nobile e bello in viso come un sire elfico, forte come un guerriero, saggio come uno stregone, venerabile come un re dei Nani, e gentile come la primavera” (TOLKIEN, Lo Hobbit, p. 104).

Qui i nostri avventurieri scoprono il giorno utile in cui sarà visibile la serratura nascosta che gli consentirà di accedere alle viscere della Montagna Solitaria. In seguito, dopo aver affrontato gli Orchi delle Montagne Nebbiose, essi incontrano il “mutatore di pelle” Beorn, un essere capace di trasformarsi in orso: “Muta la sua pelle: talvolta è un grosso orso nero, talvolta è un uomo forte dai capelli neri con due grosse braccia e una gran barba. Non posso dirvi di più, ma comunque questo dovrebbe bastare” (TOLKIEN, Lo Hobbit, p. 177).

Intanto il signor Baggins, rimasto isolato dai suoi amici duranti il passaggio attraverso le montagne e il combattimento contro gli Orchi, ha avuto modo di sottrarre alla creatura degli abissi Gollum un anello capace di donare l’invisibilità (03), prima di ricongiungersi con Gandalf e i Nani. Dopo aver abbandonato la dimora di Beorn Bilbo e i suoi amici devono attraversare il pericoloso Mirkwood (Bosco Atro), purtroppo però senza l’aiuto dello Stregone che tutto ad un tratto decide di lasciare momentaneamente la compagnia avendo degli affari più urgenti da sbrigare. Grazie a Bilbo e al suo anello dell’invisibilità i Nani, nonostante feroci ragni giganteschi ed Elfi Silvani assai poco amichevoli nei confronti degli stranieri, riescono ad arrivare via fiume, nascosti in alcune botti, sino alla città di River Running (Pontelagolungo).

Da qui in poi gli eventi si susseguono rapidamente; Biblo riesce a penetrare all’interno del monte con l’unico effetto di scatenare la collera del drago Smaug che si scaglia contro la città di Pontelagolungo trovandovi però la morte per mano di Bard detto “L’Arciere”. Purtroppo per lo sfortunato drago Bilbo ha avuto modo di scoprire l’unico punto debole della corazza che protegge il suo corpo e di informarne Bard, che riesce così ad uccidere l’orribile rettile.

La sconfitta del drago da però il via ad una spietata corsa al tesoro della Montagna Solitaria che viene conteso ai Nani; a questo punto Bilbo, di sua spontanea iniziativa, decide di donare una gemma preziosa, l’Archepietra, per pacificare gli animi attirando su di sé l’ira di Thorin.

L’azione diplomatica di Bilbo sembra in effetti insufficiente ad impedire lo scatenarsi di un conflitto tra Uomini, Nani ed Elfi ma l’improvviso arrivo di Orchi e Lupi Mannari ribalta completamente la situazione; ne scaturisce una sorta di scontro epocale contro le forze oscure: la Battaglia dei Cinque Eserciti. Nani, Elfi e Uomini invece di uccidersi a vicenda combattono fianco a fianco; durante la battaglia Thorin viene ferito a morte, ma prima di morire riesce a riappacificarsi con Bilbo.

Il nano Dain viene incoronato come nuovo Re sotto la Montagna, mentre Bilbo, con grande disappunto dei parenti che lo credevano morto, si ripresenta vivo e vegeto al paese natio, più ricco di prima.

Si consideri poi che quando questo pacifico hobbit, da tranquillo signorotto di campagna della Contea qual’era si trasforma in Scassinatore, non compie solamente un lungo viaggio che gli arricchisce le tasche. Bilbo, catapultato tutto ad un tratto in un’impresa che si dimostra essere sin dall’inizio piena di imprevisti e rischiosa, matura come persona, riuscendo a farsi degli amici per la vita.

Bilbo impara come sopravvivere tra le Terre Selvagge grazie agli insegnamenti che gli vengono impartiti dai Nani e dallo stesso Gandalf; il prodotto finale di una simile pedagogia è lo sviluppo di una personalità più consapevole sia delle proprie capacità che della realtà che lo circonda.

Da questo punto di vista è risultato decisivo il ruolo di leader svolto dal saggio Stregone Gandalf il quale, pur avendo abbandonato il suo gruppo di protetti, è riapparso proprio quando costoro avevano un estremo bisogno del suo aiuto e non avrebbero saputo altrimenti come cavarsela.

Il Bilbo che parte dalla Contea, senza un fazzoletto né una pipa correndo a rotta di collo all’appuntamento con i Nani alla locanda del Drago Verde, è una sorta di infantile bambinone non ancora cresciuto. La sua intera esistenza, rivolta alla creazione di una vita sostanzialmente solitaria, costituita principalmente da lauti pasti, occasionali passeggiate ed una assai ristretta vita sociale, è solamente un’infinita, piatta serie di riti quotidiani dalla quale viene accuratamente allontanata la possibilità di ogni possibile imprevisto. La vita di Bilbo viene sì sconvolta dall’irruzione improvvisa di Gandalf e dei Nani, ma al tempo stesso viene resa degna di esser vissuta.

Negli anni ’70, grazie allo studio d’animazione giapponese Topcraft, per la regia di Jules Bass e Arthur Rankin jr., venne realizzato un film d’animazione per la televisione dedicato a Lo Hobbit. L’emittente statunitense NBC lo mandò in onda il 27 novembre del ’77; si trattava però di un prodotto nato dalla volontà di semplificare la trama del romanzo decisamente poco accurato.

Di recente, in seguito al successo della trilogia filmica dedicata a Il Signore degli Anelli diretta da Peter Jackson, formalmente conclusa nel 2003, si è iniziato a parlare della realizzazione di un film con attori in carne e ossa anche per quanto riguarda Lo Hobbit.

D’altra parte anche Il Signore degli Anelli venne portato prima sul grande schermo sotto forma di cartone animato, nel ’78 ad opera di Ralph Bakshi, e solo in seguito sotto forma di kolossal hollywoodiano. Nel 2007 sembrò che l’uscita de Lo Hobbit cinematografico fosse prevista per il Natale del 2010; purtroppo i problemi di carattere finanziario della Metro Goldwyn Mayer fecero immediatamente naufragare queste previsioni sin troppo ottimistiche. Lo stesso regista designato, Guillermo del Toro, autore di due film dedicati al personaggio dei fumetti Hellboy e al fanta-horror El laberinto del fauno (Il labirinto del fauno), decise di abbandonare questo progetto per dedicarsi ad altri lavori. Eppure anche se del Toro sembra attualmente impegnato nella realizzazione dell’adattamento del romanzo At the Mountains of Madness (Alle montagne della follia), capolavoro del maestro dell’orrore Howard Phillips Lovecraft (1890 – 1937), non tutte le speranze sono morte, e la possibilità di assistere al cinema alle imprese di Bilbo e compagnia sono diventate più che concrete.

Durante lo scorso autunno, il 15 autunno per l’esattezza, c’è stato infatti un nuovo colpo di scena: la New Line/Warner Bros ha annunciato che il film si farà, sarà diviso in due parti e vedrà un ritorno di Jackson all’universo tolkeniano. L’ormai celebre regista neozelandese sarà regista, co-produttore e co-sceneggiatore; le due pellicole saranno girate in 3D ed è previsto che escano nel 2012 e nel 2013, in entrambi i casi nel mese di dicembre.

Il cast sembra esser già stato definito; a quanto pare la parte di Bilbo è stata affidata all’attore inglese Martin Freeman, che già si era visto nel 2005 nel ruolo del confuso e sbigottito Arthur Dent in The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy (Guida galattica per autostoppisti), mediocre filmetto tratto dal celebre romanzo fanta-umoristico omonimo di Douglas Adams (1952 – 2001).

Invece Richard Armitage, presente nel cast dell’ormai imminente Captain America: The First Avenger, kolossal basato su un personaggio della Marvel, sarà il nobile nano Thorin mentre Sylvester McCoy, dopo aver rivestito i panni del Doctor Who, popolare personaggio fantascientifico della sci-fi inglese, a cui son stati dedicate diverse serie televisive dagli anni ’60 in poi, sarà lo Stregone Radagast.

Come annunciato sin dai primordi del progetto nel 2006, una parte del film farà da ponte con gli avvenimenti descritti ne Il Signore degli Anelli. A riconferma di ciò gli attori Andy Serkis e Ian McKellen, quest’ultimo un famoso interprete delle opere di William Shakespeare, ricopriranno rispettivamente i loro vecchi ruoli di Gollum e di Gandalf, esattamente come già fecero per Jackson ai tempi della trilogia dedicata alla Guerra dell’Anello.

In tema di ritorni, persino il compositore Howard Shore, già autore della colonna sonora de Il Signore degli Anelli, collaborerà a quest’ultima fatica di Jackson con le sue musiche così evocative. Dunque ai fans della Middle-earth (Terra di mezzo), di Tolkien e di Jackson non resta che armarsi di tanta pazienza e aspettare!

Note

(01) Nelle prime righe de Lo Hobbit Tolkien descrive la casa di Bilbo, un particolare tipo di caverna nient’affatto primitiva: «In un buco nel terreno viveva uno Hobbit. Non era una cavità brutta, sporca, umida, piena di resti di vermi e di trasudo fetido, e neanche una caverna arida, spoglia, sabbiosa, con dentro niente da sedersi o da mangiare: era una casa hobbit, cioè comodissima». TOLKIEN, Lo Hobbit, p. 39. Tale paragrafo è diventato così noto da essere aggiunto nel 1980 alla Bartlett’s Familiar Quotations; una raccolta di citazioni iniziata negli Stati Uniti sin dal 1855.

(02) Complessivamente sono dodici, tra amici e congiunti, i Nani che accompagnano Thorin nella sua impresa: Balin, Dwalin, Kili, Fili, Dori, Nori, Ori, Oin, Gloin, Bifur, Bofur e Bombur.

(03) Si tratta dello stesso anello, in realtà proprietà del malvagio Sauron, che sarà al centro degli avvenimenti descritti nella successiva trilogia The Lord of the Rings (Il Signore degli Anelli). L’Anello del Potere, o Unico, ha una sua volontà propria e gli avvenimenti che ne Lo Hobbit hanno portato Bilbo a diventarne il Portatore.


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