Ritorno al poema epico: la sfida di Corselli


Epico. Partiamo subito col dire che “Il Portatore di Corni” di Fabrizio Corselli, edito da La Mela Avvelenata, ha tutti i crismi del poema. Epico, ovviamente. Colpisce, tanto per cominciare, la capacità dell’autore di trasmettere un’ambientazione caratteristica (con un’evidente “derivazione vichinga”), pur rinunciando alla forma in prosa. Corselli tratteggia un testo sicuramente difficile da seguire, soprattutto per lettori che magari cercano in un romanzo fantasy più una componente d’evasione, che una lettura “impegnata”, ma di sicuro appeal e fascino. La trama, lo diciamo subito, ricalca i tradizionali poemi epici del medioevo scandinavo, a partire dal più celebre di tutti: “Beowulf”. Ma dalla sua ha, a differenza proprio di quei testi, alcuni elementi più legati al fantasy tradizionale (vedi orchi, troll e perché no, anche la componente magica tutt’altro che secondaria), che quindi discostano l’opera di Corselli da essi per renderla un’opera con forti elementi innovativi.

La trama, come nei più tradizionali poemi norreni, racconta le gesta di Brienjern Hollfarris, poeta-guerriero che insieme alla sua fidata ciurma di arcieri tevarrin e ai suoi due grandi amici Hengherest e Wurthan, solca i mari delle terre del Nord in cerca d’avventura e di tesori da saccheggiare. Salpato dal porto di Norgrad con la sua Antjria e quattro adrimar, le navi-drago, Brienjern si spinge a Ovest, oltre il mare di Skjrd, nel tentativo di ricercare l’isola di Belphrag, dove ha sede l’Hyrfwald, la “Grande Sala dell’Idromele”. Quali indicibili segreti si celano negli abissi di quell’isola e quali terrificanti insidie dovrà superare il poeta-guerriero perché il suo fato si compia? Un’ardua sfida che metterà a dura prova non solo le sue capacità di comandante, ma anche i suoi fidati strumenti di morte: i berenhollern, i “corni delle rune” di cui egli è depositario per volontà degli antichi draghi.

Una trama indubbiamente accattivante, che si segue con una certa difficoltà ma che, nel momento in cui si fa l’occhio e l’orecchio alla cadenza del poema, colpisce per alcuni elementi di originalità. Il poema piace grazie soprattutto alla grande abilità di Corselli, non a caso definito dalla critica “Il Cantore di Draghi, unico e indiscusso bardo italiano”, di destreggiarsi in un linguaggio di cui si era persa traccia già da parecchio tempo ormai. E che l’autore con fatica e impegno, sta cercando di riportare in auge come la sua produzione letteraria dimostra ampiamente.

 

Nella migliore delle tradizioni della poesia scaldica, “Il Portatore di Corni” impiega un verso pieno, che unisce la tradizione antica all’esigenza del lettore di comprendere al meglio il testo. Con una marcia in più, verrebbe da dire: in alcuni punti, infatti, sono presenti traduzioni in nordico antico curate da Mario Giracello, esperto di Filologia germanica; una particolarità che si evince soprattutto nel caso d’invocazioni, formule magiche e invettive e che dà al testo una maggiore caratterizzazione e una più alta connotazione di epicità.

 

In definitiva ho trovato “Il Portatore di Corni” un testo di certo interessante, un esperimento (concedetemi di chiamarlo così) originale e di sicuro meritorio, che proprio per la sua originalità (di forma, magari, più che di contenuti), mancava nel panorama letterario italiano. A fronte di ciò il punto di forza del poema è anche il suo punto debole: seguire una storia così elaborata e complicata scritta in versi resta, a mio avviso, difficile e complicato, rendendo il romanzo forse più adatto a un pubblico elitario, che non alla maggior parte dei lettori che nei romanzi, soprattutto fantasy, cerca un’evasione facilmente approcciabile.

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Stefano Mancini


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