Il sussurro di… Emanuele Corsi


Bello, bello, bello. No, non basta: bellissimo. Ecco, in estrema sintesi, il mio giudizio su “Il sussurro dell’Uomo Nero”, di Emanuele Corsi, edito da Nero Press Edizioni. Un romanzo breve per ragazzi, che mi ha stupito, positivamente, sotto ogni punto di vista. Perché lo prendi, lo soppesi e poi te ne stai lì a domandarti come potrà un libro per ragazzi affascinarti, come potrà la sua trama convincerti, come potranno i personaggi risultare credibili. Ma finisce che lo leggi, e quando arrivi all’ultima pagina ti rendi conto di una cosa: che hai appena fatto la figura del pollo. E che un bel libro è un bel libro, e può rapirti anche se hai superato da un pezzo il tempo in cui ti chiamavano ragazzo. Perché “Il sussurro dell’Uomo nero” non è un bel romanzo. è un gran romanzo. Ed è soprattutto una gran bella storia, una di quelle che sempre più di rado si trovano sugli scaffali delle librerie, dove ormai trovi solo la nuova collezione autunno/inverno o primavera/estate. “Quest’anno va di moda l’erotico, si sposa bene con questo mainstream che è un amore”. “Quello scaffale là fammelo tutto di paranormal-romance, con una cascata di angeli e qualche vampiro sbrilluccicoso. E già che ci sei drappeggiaci anche un po’ di Fabio Volo, che mi si intona con l’Umberto Eco”. Ecco, “Il sussurro dell’Uomo Nero” non ha nulla a che vedere con mode e quant’altro. è una storia vecchio stile e quando nel mare di librerie/atelier emerge un Corsi vagante, cioè un Autore con la A maiuscola, è un sollievo per gli occhi e per la mente. Ma soprattutto per l’anima.

La trama narra di bambole possedute, di bambine coraggiose, di psico-mamme e pupazzi strafottenti. E di uomini neri, ovviamente. Anzi, dell’Uomo Nero, perché, come suggerisce Corsi, ogni bambino ne ha uno e questo è quello della piccola protagonista, Lisa. Che scoprirà sulla propria pelle quanto il suo possa essere reale. E anche che crescere significa affrontare l’Uomo Nero che si nasconde in ogni armadio. Si badi bene: non sconfiggerlo, ma semplicemente affrontarlo. Così, con la compagnia di Coso, il pupazzo della sua infanzia, Lisa si tuffa nel Mondo-in-Soffitta (realtà parallela? Piano ancestrale? Mondo alieno? Come risponderebbe Coso: “Boh!”) per affrontare Corinna, la sua bambola preferita resa perfida e crudele dall’Uomo Nero, e salvare la sua amica Cristina, mettendo al tempo stesso la parola fine a quell’incubo a occhi aperti nel quale è finita senza sapere bene come. Ad aiutarla, oltre a Coso, l’amico Bartolomeo. E sulla trama permettetemi di non dire altro, perché la sorpresa non va rovinata.

Però vi rubo due minuti per parlarvi di personaggi e stile. I primi sono assolutamente calati nel loro ruolo e nel contesto. Parlano, agiscono e pensano esattamente come farebbero nella realtà (e credetemi: se nella realtà i pupazzi e le bambole parlassero, lo farebbero esattamente come fanno nel libro di Emanuele). Lisa è talmente ben caratterizzata che finisci per volerle bene come a una figlia vera. Coso invece lo prenderesti “a badilate”. Ma poi scopri che anche i pupazzi hanno anima e cuore e allora ti domandi dov’è finito il tuo Coso di quando eri bambino e ti ritrovi a sperare che stia bene. Ovunque si trovi, soprattutto se è finito nel Mondo-in-Soffitta.

I personaggi dunque non fanno altro che aggiungere qualità a un libro che già ne straborda. E ne straborda anche in virtù di uno stile semplicemente perfetto. Dovessi scegliere una delle doti del libro di Corsi, tra le tante di cui abbonda, non avrei dubbi: lo stile. Linguaggio fresco, dal ritmo incalzante, che aggira ogni ridondanza e verbosità, per puntare tutto su frasi brevi, frizzanti, e dialoghi assolutamente realistici. E umoristici. Le parole scorrono così fluide che sembrano quasi scivolare sulla carta, con uno stile chiaro, laddove l’aggettivo è usato non a caso e nella sua accezione più positiva. “Il sussurro dell’Uomo Nero” sarà anche stato scritto per i ragazzi (maestre e insegnanti prendete nota quando date i compiti per l’estate, tra un Gattopardo e una Coscienza di Zeno), ma è adattissimo a chiunque, giovane o meno giovane.

Perché tutti, in fin dei conti, abbiamo avuto il nostro Uomo Nero.

Stefano Mancini