Addio, Robin.


robin_williamsEra Willy Wonka anche se, sullo schermo, non lo è mai stato. Lo spirito di questo eterno bambino un po’ fuori di testa, visionario ed eccentrico, gli apparteneva nel profondo. Era l’extraterrestre della porta accanto e la tata che tutti avremmo voluto avere. E forse lo è stato davvero perché con i suoi film ha accompagnato la crescita di tutti i bambini dagli anni ’80 in poi. Aveva mille voci e mille facce e, con ognuna, era in grado di comunicare l’amore per il suo lavoro e per la gioia di vivere. Sapere che, forse, è stato vittima della depressione, è meno sconvolgente di quanto si pensi. La depressione è un male oscuro, che ti isola dal mondo e dalle persone, incompreso, è una prigione senza sbarre, è in grado di farti sentire sull’orlo del precipizio senza via di scampo.

Per Robin Williams forse il mondo non sarebbe mai stato adeguato al suo talento e al suo eclettismo. Sembrava che fossero i ruoli a inseguirlo e non viceversa. Bastava vederlo nei panni di un cresciuto Peter Pan per capire che nessun altro avrebbe potuto essere al suo posto. Dall’Uomo Bicentenario al professore dell’Attimo Fuggente, alla parte in Will Hunting che gli ha fruttato quell’inutile statuetta a cui ogni attore aspira, più per il cachè che per il posto nel cuore degli spettatori. Quello, Robin Williams, ce l’aveva già da tempo, dagli anni felici di Nano Nano.

Era uno straordinario attore drammatico, anche se non tutti saranno d’accordo. Il dolore della perdita interpretato nell’immaginifico “Aldilà dei sogni”, a mio parere, era così vivo da strapparti il cuore.

La magia di un attore che ama il suo lavoro si trasforma in vicinanza emotiva. Ti sembrava di conoscerlo, di vederlo come lo zio divertente che aspettavi da bambino sulla soglia della porta, a Natale o a Pasqua.

Era un lavoratore instancabile e ci si stupiva di trovarlo in cammei impensabili in TV o al cinema, non si prendeva mai troppo sul serio e si prestava a qualsiasi cosa, perfino al gay trafficone e marpione che traghetta le tre aspiranti drag queen d’America verso il loro sogno in “ A Wong Fu, grazie di tutto Julie Newmar”.

Con lui non posso non citare anche lo straordinario attore che gli ha prestato la voce per anni, un lavoro assolutamente non facile visto l’eclettismo e l’imprevedibilità di Robin Williams. Sto parlando di Carlo Vanni, la sua voce ufficiale. Un uomo che ha dedicato così tanto a conoscere l’oggetto del suo lavoro in profondità deve soffrire la perdita in modo struggente.

Dispiacersi per la morte di Robin Williams è il trend topic di oggi e ovunque si leggono messaggi di cordoglio. Il polso del mondo manifesta così la sofferenza per la perdita ed è forse uno dei pochi casi un cui la viralità ci avvicina davvero tutti.

Perciò, oggi come non mai, mi sento vicino a tutti i miei coetanei e non che piangono la scomparsa di un operatore della fantasia e dei sentimenti, in grado di regalare lacrime e sorrisi genuini e che ricorderemo sempre col camice bianco e il naso da clown, nel tentativo lodevole di restituire il sorriso a bambini sofferenti, come lo siamo noi, oggi, sulla soglia di quella porta, a Natale, ad aspettare lo zio che stasera, non potrà venire.

Facciamogli noi un regalo, guardiamo un suo film, dopo cena, e doniamogli un nostro sorriso, una piccola scintilla che illuminerà il suo cammino, ovunque lui sia.

Addio, Robin.
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