Divergent di Veronica Roth – recensione


DivergentTitolo Divergent
Autore Veronica Roth
1ª ed. originale 2011
Genere avventura, distopia, fantascienza
Edizione italiana: De Agostini, 2012, 480 pp.
Quarta di copertina:
Dopo la firma della Grande Pace, Chicago è suddivisa in cinque fazioni consacrate ognuna a un valore: la sapienza per gli Eruditi, il coraggio per gli Intrepidi, l’amicizia per i Pacifici, l’altruismo per gli Abneganti e l’onestà per i Candidi. Beatrice deve scegliere a quale unirsi, con il rischio di rinunciare alla propria famiglia. Prendere una decisione non è facile e il test che dovrebbe indirizzarla verso l’unica strada a lei adatta, escludendo tutte le altre, si rivela inconcludente: in lei non c’è un solo tratto dominante ma addirittura tre! Beatrice è una Divergente, e il suo segreto – se reso pubblico – le costerebbe la vita. Non sopportando più le rigide regole degli Abneganti, la ragazza sceglie gli Intrepidi: l’addestramento però si rivela duro e violento, e i posti disponibili per entrare davvero a far parte della nuova fazione bastano solo per la metà dei candidati. Come se non bastasse, Quattro, il suo tenebroso e protettivo istruttore, inizia ad avere dei sospetti sulla sua Divergenza.

Prima ancora di leggerlo, sapevo che ne sarei rimasta delusa. Troppo simile ad Hunger Games di Suzanne Collins, (e difatti le similitudini sono state sfruttate anche a livello grafico).
Ciononostante, gli ho dato il beneficio del dubbio (e ho fatto male).

Saghe come quella di Suzanne Collins (che ho trovato bella, nonostante i tanti e a volte macroscopici difetti) hanno gettato nuova luce sul genere post-apocalittico e distopico, aprendosi soprattutto alle nuove generazioni. Un merito, senza dubbio. L’aspetto negativo, che andrebbe tenuto a bada, è il voler a tutti i costi adeguare il genere ai gusti di un dato segmento di pubblico, mentre dovrebbe  accadere il contrario.

Divergent di Veronica Roth è classificato nel genere distopico per adolescenti (già questa classificazione mi fa storcere il naso, la distopia è distopia senza bisogno di una classificazione generazionale), ma sarebbe più giusto, a questo punto, spostarlo nel genere “romanzo d’amore (sempre per adolescenti)”. La distopia, infatti, è solo una scusa per raccontarci i primi turbamenti sessuali della sedicenne protagonista Beatrice detta Tris: trentanove capitoli di sguardi, carezze fugaci, baci sfiorati, baci appassionati (il tipico crescendo degli shōjo manga), alla quale l’autrice aggiunge pezzi di fantapolitica, qualche combattimento, un po’ di sangue, niente di troppo profondo.

Il punto è proprio questo: Divergent è un Hunger Games in cui gli aspetti più drammatici, dalla psicologia dei personaggi alla composizione della società, sono stati temperati da una patina di buonismo retorico; non ci sono tributi che si ammazzano tra di loro in un reality, ma ci sono degli “iniziati” che devono conquistare i dieci posti disponibili per entrare a far parte di una delle fazioni in cui la società è divisa, se non vogliono finire a vivere ai margini della società come Esclusi. L’aspetto tragico della vicenda inizia e finisce qui, nonostante di tanto in tanto, nel corso del romanzo, vi sia qualche picco di melodramma, ma anche in questo caso si tratta di elementi slegati dal contesto (un romanzo d’amore adolescenziale, ripeto) che finiscono per apparire marginali.

Da un punto di vista puramente stilistico, Divergent è un compitino scritto discretamente (è scorrevole), che imita (anche troppo) lo stile di Hunger Games (peraltro nulla di originale): narrazione in prima persona al presente che permette di calarsi con più facilità nei panni della protagonista. Peccato che tutto ciò che si prova, calandosi in quei panni, è l’attrazione per il belloccio misterioso di turno e poco altro!

DivergentFactionsL’insieme è piuttosto superficiale, partendo dalla divisione in fazioni: i Candidi dicono sempre la verità, non hanno filtri, sono spontanei a volte anche maleducati, visto che non riescono proprio ad essere diplomatici. Si occupano, nella società, della Legislazione.
I Pacifici si occupano (manco a dirlo) di Assistenza Sociale.
Gli Abneganti sono altruisti e governano.
Gli Intrepidi sono coraggiosi, appunto e, quindi, si vestono di nero, hanno i tatuaggi e i piercing. Sono anche istintivi (insomma molto braccio, poco cervello a volte). Si occupano di proteggere la popolazione.
Gli Eruditi studiano ergo sono presuntuosi e sotto sotto vogliono governare il mondo.
Questa schematizzazione ricorda fin troppo ciò che si insegnava al catechismo tanti anni fa  (la conoscenza è pericolosa, vista la fine che hanno fatto Adamo ed Eva?)

veronicarothsigning010Altro tasto dolente: la psicologia dei personaggi.
In una distopia, raccontata in prima persona, la psicologia è uno dei fattori essenziali.
Passi per gli stereotipi di cui il romanzo è infarcito, non tutti sono in grado di costruire eroi di spessore, ma una volta stabilito il “tipo” del personaggio, la mappa della sua personalità viene continuamente sconvolta (il tipo “dipendente” che diventa improvvisamente “dominante” senza alcun passaggio intermedio e viceversa, il che capita alla stessa protagonista!)
Le reazioni dei personaggi alle varie vicissitudini a volte sono esagerate, altre volte risultano insignificanti: non scendo nei dettagli, ma sembra impossibile che un personaggio possa essere sconvolto e furioso e mediti vendetta per un seno palpato e ignorare completamente una (contemporanea) minaccia di morte.

Insomma: trama inconsistente, piegata all’esigenza dell’autrice di raccontare una storia d’amore, personaggi esili, senza profondità, stile scorrevole ma piatto, senza picchi. Piacerà a chi, di Hunger Games, ha apprezzato la parte futile (quella in cui, a mio avviso, la Collins ha commesso più errori) e a chi cerca esclusivamente la parte “romance” in un libro. Non piacerà a tutti gli altri.

Stile e tecnica
Originalita'
Personaggi
Gestione della trama
Copertina
Voto personale
Final Thoughts

Overall Score 1