Recensione – Il Grande e Potente Oz


Il Grande e Potente OZ

A cura di Fabio Cicolani

Il 7 marzo è arrivato nei cinema “Il Grande e Potente Oz”, ultima pellicola firmata Disney-Buena Vista filmata in real 3D con attori dal vivo. La storia è un prequel del film del 1939 di Victor Fleming “Il Mago di Oz”, a sua volta basata sul romanzo del 1900 di L. Frank Baum “Il meraviglioso mago di Oz”.

Oscar Diggs, detto “Oz”, è un mago prestigiatore di un piccolo circo ambulante del Kansas. È un uomo di spettacolo un po’ malandrino, a volte bugiardo e imbroglione, ma nasconde in sé un animo più onesto di quello che crede. Un tornado lo trasporta nel magico e coloratissimo mondo di Oz, dove sembra incarnare la profezia che da tempo incombe su Oz: un mago con il nome del regno arriverà a salvarli dalla tirannia della perfida strega cattiva.

Di qui si svolgeranno le vicende del mago impostore sedotto dall’oro di Oz e dall’avvenenza delle tre streghe che lo governano. Tra intrighi amorosi, esseri curiosi e divertenti – la spassosa scimmietta volante Finley e la dolce bambola di ceramica – Oz sarà a costretto ad affrontare le sue bugie e mettere alla prova il suo coraggio nascosto, con e senza trucchi.

Come il film di Fleming la pellicola di Raimi (già regista della trilogia di “Spiderman”) inizia con un un bianco e nero opaco nel Kansas, in 4:3, per poi spalancarsi nello splendore del colore e del widescreen panoramico 16:9 nel suo approdo a Oz. Una strizzatina d’occhio deliziosa che, assieme al ritorno, sotto diverse spoglie, dei personaggi “reali” nel mondo magico fanno sorridere e riempire di buone speranze.

Buone speranze che però capitolano subito perché il film, benché spettacolare e mozzafiato nei panorami e nelle ricostruzioni 3D degli ambienti, si basa su una storia debole e priva di mordente.

Non ci sono colpi di scena degni di tale nome, tutta la costruzione tipica di un film fantastico contemporaneo cede sotto l’ascia del buonismo e dei paletti che la Disney si impone come “politica aziendale” andando a smorzare quell’originalità che aveva reso il primo film amatissimo da sempre.

I personaggi sono stereotipati, le streghe cattive risultano deboli come “cattivi” e la strega buona Glinda è poco più che una marionetta nelle mani di una sceneggiatura troppo blanda per i mezzi tecnici messi a disposizione.

I comprimari in CGi del protagonista – la scimmia e la bambola di porcellana – potevano avere un ruolo più decisivo e meno macchiettistico, mentre (a parte il colpo messo a segno dalla bambolina nel finale) si limitano spesso a porgere le battute e a riempire i tempi comici.

Manca quella sensazione di sospensione e di attesa che ruota attorno a una trama ben strutturata, il senso più intimo del viaggio inteso come crescita del personaggio. Oscar “Oz” Diggs non ha una vera e propria crescita, è un pasticcione che finisce per caso nelle situazioni più grandi di lui, per tre quarti del film viene salvato e trascinato in lungo e in largo, per poi di colpo illuminarsi e diventare l’eroe di Oz, senza che vi sia stata una vera e propria maturazione, solo perché la sceneggiatura l’ha richiesto.

Gli effetti speciali sono il punto forte delle pellicola, senza dubbio, colorati, visionari, credibili. Le tre streghe bravissime, Rachel Weisz nel ruolo di Evanora calzante, così come Theodora-Mila Kunis. Michelle Williams ancora un po’ troppo Marilyn nel ruolo di Glinda, James Franco sinceramente un po’ fuori parte, come se dopo una scia interminabile di interpretazioni impegnate e ruoli drammatici, si sentisse a disagio nei panni di un eroe scanzonato; la prima scelta caduta inizialmente su Robert Downey Jr sarebbe di certo stata più azzeccata.

Denny Elfman firma la colonna sonora con il suo sigillo melodico e magico, ormai una garanzia per la Disney dopo l’eccellente lavoro in Alice in Woderland, La Fabbrica del Cioccolato, La sposa Cadavere e altre pluripremiate soundtracks.

Un peccato, perché i 200 milioni di dollari stanziati dalla Disney per questa pellicola potevano essere meglio spesi su uno script più avvincente, meno scontato e prevedibile, incoronato dagli effetti speciali e dai colori abbaglianti che avevano illuminato con lo splendore del technicolor il pubblico de “Il Mago di Oz” del quale per fortuna ci resta un regno magico dove può accadere di tutto, basta aspettare il prossimo tornado.


Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *