Recensione: The Heroes – Joe Abercrombie


Recensione: The Heroes – Joe Abercrombie

A cura di Maurizio Vicedomini

Titolo: The Heroes

Autore: Joe Abercrombie

Editore: Gargoyle

Pagine: 708

Formato: Cartaceo

Prezzo: 17.90€

“Tre uomini. Una battaglia. Nessun eroe.

Raccontano che Nero abbia ucciso più uomini che l’inverno, e si sia fatto strada per conquistare il trono del Nord su un cumulo di teschi. Raccontano che il Re dell’Alleanza non se ne sia rimasto a guardare sorridendo mentre l’altro avanzava con furia crescente. Gli ordini sono stati dati e gli eserciti dei due opposti schieramenti sono alle prese con le terre fangose del Nord. È verso una collina dimenticata da tutti, conosciuta come Gli Eroi, che stanno convergendo migliaia di soldati. Con loro hanno un sacco di metallo affilato…

 

Tre sanguinosi giorni di battaglia decideranno il destino del Nord. Intrighi, debolezze, ostilità e meschine gelosie piagheranno gli eserciti nemici – da una parte l’irreggimentata Alleanza, e dall’altra gli astuti guerrieri del Nord – sfiancandoli ogni giorno di più, ed è improbabile che, alla fine, saranno i cuori più nobili e le armi più potenti a prevalere.

Cronistoria di una battaglia, The Heroes è fantasy in senso lato. Dimentichiamo creature mostruose o magia: questo libro è un romanzo storico di una terra plausibile e sconosciuta.

Ciò che colpisce è di sicuro lo stile. Abercrombie è schietto, non si perde in formalismi e il testo risulta quindi scorrevole. I dialoghi sono punteggiati di colore, caratterizzati perfettamente a seconda dei personaggi coinvolti, e mai noiosi.

Altro punto a favore di questo volume è ciò che c’è dietro, a partire dal titolo stesso: gli “Eroi” del titolo non sono i protagonisti, non i guerrieri, ma monoliti di pietra su una collina. Il concetto stesso di eroe è travisato, e in ben poche occasioni si lega a un personaggio, mostrando comunque la fallacità del termine, l’inutilità del titolo.

E da questo punto, è facile capire che The Heroes non è un libro epico. Non mette in ballo grandi sentimenti, non mostra eroi e i loro sacrifici. Mostra uomini, semplici, veri. Sogni infranti, vite senza senso, desiderio di sopravvivere, paura.

Per questo motivo mi sento di dissentire con le dichiarazioni stesse dell’autore, che in un’intervista a Vanity Fair del 24/10 dice di avere qualcosa che Tolkien non aveva. Abercrombie si riferisce al senso dell’umorismo, al lato comico delle battaglie. Senza dubbio ha ragione, ma d’altra parte a lui manca l’epicità. Parliamo proprio di due generi differenti che non possono essere messi a confronto. Lo scopo dei due testi è completamente differente.

Punto centrale del libro sono i personaggi. Tanti, forse un po’ troppi. Durante tutto il primo terzo del libro, ho fatto fatica a riconoscere i personaggi citati. Questo perché a ogni punto di vista – e quindi a ogni protagonista – si affiancano un buon numero di comparse e compagni, se non nemici e conoscenti. Tutto questo proliferare di personaggi ha portato a una confusione non indifferente, specialmente per i punti di vista meno d’impatto come quelli dei vari “ufficiali minori” dell’Alleanza e quello di Beck per gli uomini del Nord.

L’autore piazza all’inizio del romanzo una sorta di tabella riepilogativa dei personaggi e degli schieramenti. Sinceramente non trovo giusto che un lettore debba andare a consultare quel riepilogo durante la lettura, mentre si domanda “e questo chi diamine è?”. È una scorciatoia poco elegante che non ho apprezzato.

Fortunatamente, con il proseguire della storia e la morte di diversi personaggi – com’è ovvio per una battaglia – si arriva a riconoscere senza fatica i vari gruppi e i protagonisti a cui è affidato il dato capitolo.

Senza dubbio i personaggi migliori sono Curden lo Strozzato, Bremer Van Gorst e Calder. Ognuno di loro è caratterizzato in maniera eccelsa. Forse al primo posto metterei proprio Van Gorst per l’introspezione e il senso di empatia che infonde nel lettore.

In definitiva, tralasciando il senso di confusione della prima parte del romanzo, The Heroes è un libro carico di lati positivi: personaggi, ambientazione, dialoghi, stile. Un buon libro che vale la pena di essere letto.

L’Autore

Joe Abercrombie nasce a Lancaster nel 1974. È il 2002 quando, allora studente di Psicologia all’Università di Manchester, pensa di scrivere una trilogia fantasy e inizia la stesura del primo episodio. Trasferitosi a Londra, lavora come montatore freelance e produttore di format televisivi di vario tipo e termina di scrivere quello che diventerà The Blade Itself. Dopo aver incassato lo scetticismo di alcuni degli agenti letterari più influenti del Regno Unito, Gollancz (storica etichetta britannica famosa per essere, tra gli altri, l’editore di George Orwell) ne acquista i diritti, vincolando Abercrombie a pubblicare l’intera serie per un giro d’affari a 7 zeri. A The Blade Itself (2007) seguono They Are Hanged Last Argument of Kings (2008). La trilogia The First Law si rivela un enorme successo tra i lettori anglosassoni. The Blade Itself, in particolare, è un vero e proprio boomerang editoriale: Abercrombie viene riconosciuto come miglior nuovo scrittore fantasy ed è finalista al prestigioso John Campbell Award, moltissimi Paesi inoltre acquistano i diritti del volume.


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