Intervista a Maurizio Vicedomini


Intervista a Maurizio Vicedomini

A cura di Monica Scisci

 

Chi è Maurizio Vicedomini (estratto dal suo sito)

 

Nato a Napoli, studio Lettere Moderne presso l’università Federico II di Napoli. LeggoFantasy e generi affini da almeno una decina di anni, passando da Tolkien a Feist, da Cronwell a Weis&Hickman. Il mio primo amore – quello che non si dimentica – resta R.A. Salvatore.
Oltre alla lettura, suono chitarra, flauto e armonica, faccio sport e programmo in M.U.G.E.N. Tutto questo, ovviamente, quando l’università non mi opprime. Quindi direi… molto di rado.
Più di ogni altra cosa – forse a esclusione della lettura – scrivo. Di base Fantasy, ma più vado avanti, meno ho voglia di limitare il mio estro creativo. Oggi posso dire solo che scrivo. Un qualcosa di fantastico, di sicuro, ma non chiedetemi il sottogenere, perché ogni volta ne è uno diverso.

Scrivo da molto, ma solo di recente mi sono affacciato al “mondo” della scrittura. Ho partecipato con successo a diversi concorsi per racconti e ho pubblicato a febbraio 2012 il mio primo lavoro monografico, Myrddin di Avalon. A Settembre dello stesso anno ho pubblicato Il Patto della Viverna. Se tutto va bene conto di pubblicare nell’anno corrente un nuovo libro.

 

INTERVISTA ALL’AUTORE

 

Ciao Maurizio, so che scrivi molto e hai pubblicato diversi racconti, sei un appassionato di Fantasy, ma ti piace spaziare fra i generi. Che cos’è per te la scrittura?

È un modo per esprimere me stesso. Credo che ognuno di noi abbia un’indole artistica, che sia nella musica, nella pittura, nella scultura, nel ballo, nella scrittura. Attraverso l’arte siamo capaci di esternare le nostre idee, i nostri sentimenti.

Sebbene sia anche un musicista, la scrittura è la “disciplina artistica” che mi permette maggiore libertà di espressione.

Da ciò si evince che la scrittura è ciò che mi permette di comunicare ciò che sono. Ciò che scrivo è dunque ciò che sono.

Oltre a Myrddin di Avalon, quest’anno è uscito per Ciesse Edizioni ‘Il Patto della Viverna’, parlaci del tuo romanzo, com’è nato?

Il Patto è nato dagli antagonisti e dal legame con una creatura antica. È nato dal desiderio di affrontare il fantasy più classico – in questo caso lo Sword & Sorcery – in modo diverso, puntando sulle emozioni degli uomini, su un mondo più “possibile” e meno diviso ideologicamente fra bene e male. Un mondo più grigio, insomma.

Da qui, poi, hanno preso piede diversi eventi, fino alla creazione di Tiros, Alannah e Khalin, i tre cacciatori. Paradossalmente sono stati gli ultimi a essere creati.

Il protagonista è Tiros, Capo Cacciatore di un villaggio, descrivici pregi e difetti, quali sono i punti in comune e quali le differenze con te.

Tiros è figlio della sua gente, figlio di un popolo che le città chiamano “selvaggio”. Come tale, Tiros è impulsivo e testardo. Tutto ciò ha anche un risvolto positivo: il Capo Cacciatore ha un profondo senso di appartenenza alla tribù, ed è disposto a tutto per il suo bene.

Personalmente non amo creare personaggi che mi rispecchino. Tiros è irascibile, prendendo il mio più grande difetto, ma non lo è perché lo sono io: è irascibile perché il personaggio richiedeva questo aspetto. Le analogie, comunque, credo terminino qui.

Come nascono i tuoi personaggi?

Metà a tavolino, metà sul campo. La prima parte mi serve a decidere le tipologie di personaggi che più sarebbero adatti alla storia: sesso, prestanza, abilità, ceto sociale, ecc.

L’altra, invece, si riferisce al carattere. Sebbene parta da un prototipo ben definito a tavolino, lo sviluppo particolareggiato del carattere e delle sue sfumature avviene di solito nel primo capitolo (o nel prologo), quando spesso accade qualcosa che li scuote. In questo modo scopro anch’io – insieme al lettore – come i personaggi reagiscono al dolore, alla tensione, alla paura.

Chi o cosa ha ispirato la storia?

Avevo in mente da tempo di scrivere qualcosa di “barbarico”, per così dire, senza ricadere nel cliché di Conan o Kull. Per il resto la storia è nata da sé, con l’idea del patto, così come detto in precedenza. Abbinata all’ispirazione, c’era anche la mia volontà di inserire una sorta di secondo livello di lettura, un significato nascosto fra le parole. E in questo senso tutto il libro è allegorico/simbolico, narrando due storie, si potrebbe dire, allo stesso tempo. Una chiara ed evidente, l’altra criptata.

Uno dei gli tuoi autori preferiti è R.A. Salvatore, quali influenze ha avuto su di te?

R.A. Salvatore ha dato il via a tutto. Il Dilemma di Drizzt (Homeland in originale) è il primo libro che ho comprato e letto per mia scelta. Senza quei libri, forse non sarei qui a rispondere alle tue domande.

Dal punto di vista della scrittura, R.A. Salvatore ha due grandi meriti: la caratterizzazione dei personaggi, in particolar modo Drizzt do’Urden e Artemis Entreri (ma anche Jarlaxle non scherza), e la capacità descrittiva nei combattimenti.

Di sicuro i duelli di Salvatore sono alla base dei miei, almeno nel modo di descrivere. Per quel che riguarda i personaggi, invece, spero di essere riuscito a creare “persone”, non fogli piatti privi di personalità.

Per quanto riguarda il mondo del fantastico, quali sono gli autori italiani che preferisci?

Il fantastico italiano è ancora agli albori. La nostra stessa editoria ci ha ignorati per molto tempo, preferendo i nomi stranieri. Lo fa tuttora, ma dalla periferia si sta alzando una folta schiera di scrittori. Sembra tutto troppo altisonante, e forse lo è, ma è ciò che sta accadendo. Alcuni, che hanno preceduto questo movimento, sono già approdati alla grande distribuzione. Alcuni buoni, molti altri no, ma almeno si cominciano a leggere nomi italiani, fra le decine di stranieri.

So bene di non aver centrato la domanda, ma era una precisazione che intendevo fare, prima di dire i nomi. Personalmente apprezzo molto Luca Tarenzi, Valerio Evangelisti, Francesco Falconi, fra i più (o meno) presenti in libreria. Nelle schiere meno distribuite, fra quelli che ho letto (ho una wishlist tutta italiana bella lunga), Adriano Barone e Antonio Lanzetta, tanto per citarne un paio.

Naturalmente non intendo offendere nessuno nel piazzarlo in una o l’altra schiera. Mi riferisco solo alla presenza in libreria, non di certo alla qualità delle opere.

Il fantastico italiano c’è. È solo in attesa che il lettore medio lo scopra, a prescindere dalla distribuzione fisica in libreria.

Un’altra tua opera è prossima alla pubblicazione, di cosa si tratta? Hai altri progetti per il futuro?

Il nuovo libro, che dovrebbe uscire poco prima di Natale, sarà un romanzo a racconti. Una serie di avventure dello stesso protagonista consecutive e legate fra loro. Insomma è come se i racconti si sostituissero ai capitoli di un romanzo. È un testo dove l’allegoria è di prima importanza, pur restando sempre nell’ambito S&S.

Allungando lo sguardo, ho un progetto che… no, non bolle ancora in pentola, ma ormai ho quasi finito di aggiungere gli ingredienti. Si tratta di una saga a cui tengo moltissimo. Per ora, però, non ha senso parlarne. A suo tempo si vedrà.

Un consiglio per autori emergenti.

Me ne chiedi uno, ne do quattro:

Informatevi, prima di scrivere/mandare agli editori/firmare contratti.

Non pagate. Mai. Pagare un editore per essere pubblicato è pagare per lavorare. Diffidate da chi vi dice che è normale, che lo fanno tutti. Sono al mio terzo contratto – tralasciando le antologie – e non ho mai speso un centesimo. E parliamo di tre editori diversi.

Ps. Anche l’acquisto copie forzato è pagare. È solo un modo per mascherarlo.

Abbassate la cresta. Se il vostro libro viene rifiutato, quasi sicuramente non siete geni incompresi, non è l’editoria a essere elitaria (non quella piccola e media, almeno). Siete voi, o meglio il vostro manoscritto, a richiedere lavoro. Siate umili e lavorateci ancora e ancora. Accettate consigli e lavorateci di nuovo. Non avete idea di quanti scarabocchi rifiutati passano all’autopubblicazione perché gli autori sono convinti di aver scritto il libro del secolo. Se non avessi avuto dure batoste, forse non avrei ancora pubblicato nulla.

Immaginate. Non scrivete il solito libro che va di moda, non scrivete l’ennesimo clone de Il Signore degli Anelli. Siete uomini (inteso come esseri umani), dunque avete immaginazione. Uscite dagli schemi, create qualcosa di nuovo. Create mode, invece di seguirle.


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