INTERVISTA A RICHARD K. MORGAN


INTERVISTA A RICHARD K. MORGAN

A cura di Stefano Sacchini

Fantasy Planet è lieta di pubblicare une breve intervista che lo scrittore britannico Richard K. Morgan ha recentemente rilasciato dopo la recente uscita in Italia del suo romanzo fantasy Sopravvissuti (The Steel Remains, 2008) da parte della casa editrice Gargoyle.

 

Richard K. Morgan è nato a Londra nel 1965, ma si è trasferito quasi subito a Norwick, dove ha vissuto fino all’età di vent’anni.

Si è laureato in scienze politiche a Cambridge nel 1987, ha insegnato inglese in Spagna, Turchia e Scozia prima di ritornare a Londra.

Dopo numerosi racconti e un paio di romanzi respinti dagli editori, Morgan è riuscito a imporsi come scrittore di successo con Bay City (Altered Carbon). Ha ottenuto un considerevole successo anche in America tanto da suscitare l’entusiasmo di Joel Silver, produttore di Matrix, che ne ha acquistato i diritti cinematografici.

Bay City (Altered Carbon) ha vinto il prestigioso premio Philip K. Dick nel 2003. Il seguito Angeli spezzati (Broken Angels) è stato pubblicato nel 2003, e la serie continua con Woken Furies pubblicato in inglese nel 2005.

Intervista all’autore

 

Ti puoi presentare al pubblico italiano?

Ehm… ok: Richard Morgan, nato a Londra nel 1965, quattordici anni di lavoro come insegnante d’inglese durante i quali ho tentato senza successo di farmi pubblicare, seguiti da un sorprendente colpo di fortuna quando il mio primo romanzo, Altered Carbon (2002, it. Bay City, Editrice Nord 2004) è stato preso in considerazione, quasi contemporaneamente, per la pubblicazione e per una versione cinematografica a Hollywood. Tale film non si è ancora concretizzato, il che significa che sono stato costretto a scrivere altri romanzi di fantascienza e  fantasy per guadagnarmi da vivere. Sigh! Tutti i miei romanzi sono stati tradotti in italiano e sono disponibili in qualche buona libreria vicino a voi! Spero che vi siano piaciuti. :-)

Quest’anno la casa editrice Gargoyle ha pubblicato in Italia il tuo primo romanzo fantasy Sopravvissuti (The Steel Remains), primo capitolo del ciclo A Land Fit for Heroes. Come ti è venuta in mente l’idea di quest’universo?

Non ricordo esattamente: questi personaggi e scenari sono presenti nella mia mente da molto tempo, in alcuni casi anche più di Altered Carbon. Da sempre volevo dedicarmi al genere sword-and-sorcery, e nel corso degli anni ho aggiunto un pezzo dopo l’altro al mondo immaginato. Poi, quando ho ricevuto l’offerta dai miei editori per la produzione di una trilogia, ho dovuto assemblare tutto insieme piuttosto rapidamente!

Quando hai creato il personaggio di Ringil Eskiath, uomo problematico e incline alla violenza, egli incarnava la tua idea di protagonista anti-eroe? Puoi spiegarci la scelta insolita, per la letteratura fantasy, di un eroe gay?

Una delle cose che volevo realizzare con Sopravvissuti era di enfatizzare quanto brutale possa essere un mondo fantasy: un luogo in cui la maggior parte della popolazione è povera e ignorante, la società corrotta e clientelare, il rispetto della legge è imposto con l’acciaio affilato e la classe dirigente considera la guerra come uno sbocco naturale per i propri figli. Ringil viene fuori da questo contesto piuttosto triste: un uomo che l’esperienza ha trasformato in un guerriero micidiale ma è ancora in grado di riconoscere e disprezzare il mondo che lo ha reso quello che è. Per quanto riguarda il suo essere gay, tutto è successo in maniera piuttosto organica: nel tratteggiare il personaggio, ho cercato di realizzare un uomo spinto ai margini della società, nonostante il grande valore come guerriero, e la sessualità è stata un modo ovvio per conferire a Ringil tale status. Non è stata una cosa pianificata, è venuta fuori sulle pagine in questo modo.

Il mondo di Sopravvissuti potrebbe essere la nostra Terra di un distante futuro?

Sì, potrebbe essere, suppongo. Però questa è una delle grandi caratteristiche del genere fantasy: non c’è bisogno di precisare cose del genere. Se il contesto ti dà uno strano brivido di quasi familiarità, benissimo: questo è l’effetto che stavo cercando di realizzare. Ma dare maggiori precisazioni a riguardo, rovinerebbe solo tale sensazione.

Perché non hai inserito una mappa di questo mondo? Ti piace questo genere di strumenti, così tipico del fantasy?

Nella narrazione non ho mai sentito il bisogno di mappe e mi è sembrato sempre strano che tali mappe siano così comuni nel fantasy. Detto questo, in realtà abbiamo organizzato un concorso nel Regno Unito, per vedere quale lettore poteva creare la migliore mappa degli eventi narrati in Sopravvissuti, e la vincitrice è stata poi stampata nell’edizione tascabile del romanzo. Ammetto che, durante la stesura del secondo volume della serie, a volte ho trovato sorprendentemente utile guardare la mappa mentre elaboravo gli eventi, quindi forse c’è qualcosa di buono, dopo tutto…

Ti piacerebbe vedere Sopravvissuti sul grande schermo, in televisione o su una rivista di fumetti? Quale media preferiresti per Ringil e amici?

Credo che un film sarebbe la mia prima scelta: la trama di Sopravvissuti è sufficientemente breve e forte che probabilmente potrebbe essere ben resa in un film di due ore e, ovviamente, per l’impatto visivo non c’è niente meglio del grande schermo.

Ti muovi liberamente tra fantascienza e fantasy. Vedi differenze tra questi due generi?

Solo a livello di marketing. So che ci sono molte discussioni sulla relativa credibilità degli scenari di fantascienza rispetto a quelli fantasy, ma non credo sia questo il punto:  la buona scrittura convincerà il lettore, indipendentemente dalle specifiche di credibilità. Naturalmente ogni sottogenere ha le proprie caratteristiche e ci vuole un po’ per riconoscerle, per raggiungere il ritmo giusto e stare comodi; ma una volta che siete a vostro agio, il compito di raccontare una storia, umana e avvincente, è più o meno lo stesso, a prescindere dai contenuti che vi capita di trattare.

Quale metodo usi quando scrivi? Devi essere in uno stato d’animo particolare per iniziare a lavorare?

Assolutamente no: una volta che sei un autore a tempo pieno, non ci si può davvero permettere di essere troppo indulgente su quando e dove lavorare. Devo guadagnarmi da vivere, lo sai! Non sono al mio meglio la mattina presto, ma a parte questo posso scrivere praticamente in qualsiasi momento e ovunque. Ovviamente aiuta avere un po’ di spazio tutto tuo, un ufficio ideale la cui porta puoi chiudere, ma credo anche che lo spazio possa essere creato dal nulla, se si dispone di musica e un buon paio di cuffie. In passato, ho scritto con successo nelle sale d’aspetto e caffè, su treni e aerei, e anche nella parte posteriore di una limousine…

Qual è la parte più difficile nello scrivere un romanzo?

Per me le prime fasi: non proprio l’inizio, perché ritengo che si possa facilmente saltare e iniziare a scrivere, ma il punto in cui si ha una manciata di capitoli, ancora non si è sicuri di della direzione da prendere, e li si deve forgiare in una trama coerente. E’ il momento delle scelte definitive e, al tempo stesso, la fine di qualcosa. Arrivati a questo punto, la narrazione accelera con semplicità lungo i binari che hai scelto.

Al momento chi sono i tuoi scrittori favoriti, a prescindere dal genere? Cosa pensi di scrittori inglesi come Mervyn Peake, Tanith Lee, Michael Moorcock e China Miéville?

Thomas Pynchon, Wlliam Gibson, Tim Powers, Pete Dexter, James Ellroy, Ian Macdonald, Lawrence Block, Haruki Murakami: queste sono le persone cui m’ispiro di volta in volta. Per quanto riguarda gli scrittori di fantasy che nomini, Moorcock è quello che ho letto maggiormente: i suoi romanzi del Campione Eterno hanno avuto una grande influenza su di me, quando iniziai a leggere fantasy. Peake è interessante, ma piuttosto opprimente. Ho letto la trilogia di Tito e l’ho trovata un’esperienza unica, affascinante ma, cosa interessante, non ho mai sentito il desiderio di tornarvi sopra e rileggerla. Anche Tanith Lee non la leggo da molti anni, ma mi ricordo ancora l’impatto che all’epoca i suoi libri ebbero su di me, in particolare di Night’s Master [it. Il signore della Notte]. Penso che sia una scrittrice molto sottovalutata e gli sia concesso troppo poco credito, nonostante il successo che oggi vediamo godere nelle nostre librerie del genere dark fantasy. Per quanto riguarda Miéville, sono continuamente stupito dal modo in cui riesce a reinventarsi in ogni nuovo libro: egli ha esattamente quel tipo di sconfinata immaginazione di cui ha bisogno il genere fantasy per essere celebrato.

Ultima domanda: come vedi il futuro della letteratura fantasy e di fantascienza?

Beh, entrambe godono di buona salute. A Game of Thrones e The Hunger Games hanno conquistato librerie e cinema, talenti importanti dediti al mainstrean come Junot Diaz e Michael Chabon si rivolgono a questi generi; i tempi in cui viviamo sono sempre più fantascientifici, per questo anche la consapevolezza fantascientifica nella letteratura in generale è forte come non mai. E’ un buon momento per lavorare in questo campo genere, non c’è dubbio!

Richard K. MORGAN, Sopravvissuti (The Steel Remains, 2008), trad. Maria Antonietta Struzziero, Gargoyle, collana Gargoyle Extra, 489 pp., 2012, fantasy.

 


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