Recensione del libro IL CADAVERE di Varg Gyllander


Recensione del libro IL CADAVERE di Varg Gyllander

A cura di Fiorella Rigoni

 

BIOGRAFIA

Varg Gyllander dopo un passato da ufficiale in Marina, lavora come ufficio stampa della polizia svedese. Il cadavere è il primo romanzo di una serie che ha per protagonisti gli agenti della Scientifica Ulf Holtz e Pia Levin. Per saperne di più, visitate il suo sito: www.varggyllander.se

SINOSSI

È l’alba di una giornata di primavera. La città di Stoccolma sta ancora dormendo, quando il corpo nudo e senza vita della giovane Jenny Svensson viene ritrovato in una fontana. Appena arriva sul luogo del delitto, l’agente della Scientifica Ulf Holtz pensa subito a un incidente, magari un gioco finito male. Ma poco tempo dopo viene scoperto anche il cadavere del writer Peter Konstantino, freddato in modo simile alla ragazza, e Ulf capisce allora di essere caduto nella rete di un ingegnoso serial killer. Lui e Pia Levin, la collega che lo affianca nelle indagini, brancolano nel buio: chi si nasconde davvero dietro quegli orrendi delitti? Chi ha ucciso i due ragazzi, e perché? C’è un legame tra le vittime? Una scia di violenza e crimini rischia di insanguinare le strade di Stoccolma… Grazie alla sua lunga esperienza sul campo come portavoce della polizia svedese, Varg Gyllander ci offre uno spaccato vivido e crudo dei metodi investigativi e dell’atmosfera che si respira sulla scena del crimine.

RECENSIONE

IL CADAVERE è un thriller di buona fattura. Erroneamente, a mio avviso, spacciato come horror, visto che di sangue ne troviamo pochino e le situazioni descritte non suscitano una grande paura.

Descritto come ottimo libro nel suo genere, ma secondo la mia modesta opinione è molto appesantito dalle troppe spiegazioni che lo scrittore snocciola a memoria, facendoci entrare in quel labirinto che è la complicata, e non certo ordinaria, routine della polizia scientifica. Ci spiega nei minimi dettagli come si prendono le impronte e come si seguono le tracce di un assassino, cosa che diventa davvero difficile nei casi dei serial killer. Se nei vari telefilm proposti dalla tv le indagini sembrano essere una cosa molto stimolante, leggendo questo libro si rischia di morire di noia.

A questo aggiungiamo il fatto che l’assassino, un cecchino per la precisione, risulta una figura già ormai vista e rivista nei vari film, telefilm e libri e che la coppia di investigatori, destinata poi a diventare un trio, non incanta certo per l’appeal, aggiungiamo poi anche il contorno fatto da agenti sul campo che non spiccano di certo per la loro perspicacia e il gioco è fatto: noia e poca voglia di finire il libro.

A tutto ciò aggiungiamo che la traduzione contribuisce non poco ad affossare la storia visto che gli avverbi abbondano in ogni pagina.

Decisamente un libro non convincente nonostante in Svezia siano già al terzo capitolo della serie.

ESTRATTO DAL LIBRO

Lei gli serrò la presa intorno al polso, facendogli tendere la pelle.

  «Vieni, dài, facciamolo», disse Jenny ridacchiando mentre lo tirava per un braccio.

  Lui non era d’accordo.

  «L’artista pensava che avrebbe fatto scintille. Ma non funziona, non in quelle dimensioni. Cioè, non fa scintille», disse continuando a tirarlo.

  «Che vuoi dire?».

  Lei non rispondeva.

  «Che vuoi dire?».

  Jenny non lo aveva sentito, o forse stava solo facendo finta.

  «Attento! A quest’ora i tassisti guidano come pazzi», disse Jenny ridendo mentre faceva un passo verso la rotonda, senza guardare se ci fossero macchine in arrivo o meno.

  Tobias era sempre meno d’accordo con lei.

  «Aspetta, che ci andiamo a fare là fuori? Succederà un casino e basta. Non ho voglia di passare il resto della mattina in una cella piena di ubriachi».

 «E dài, vieni. Gli sbirri hanno altro da fare a quest’ora. Nessuno baderà a noi».

  Jenny lo tirò ancora per il braccio, simulando una smorfia di fatica e strizzando gli occhi. Quindi lasciò la presa e corse verso il centro della rotonda ridendo sotto i baffi.

  Lui si arrese e le corse dietro.

  L’acqua risplendeva di un verde chiaro, illuminata dai piccoli fari sul fondo della vasca. I dispositivi che generavano degli splendenti archi d’acqua non erano in funzione, forse per via di un guasto. Da alcuni metri di distanza notò che la colonna era costituita da lastre di vetro inclinate, massicce e irregolari. Sulla superficie, che filtrava una luce proveniente dall’interno della colonna stessa, polvere e fumi di scarico avevano formato uno spesso strato grigio-cenere. Tobias raggiunse Jenny, seguendone lo sguardo fino alla cima della colonna. Rimasero così per un pezzo, fianco a fianco, a fissare lo stesso punto.

  Fu lei a rompere il silenzio.

  «In mezzo al cuore».

  «Come?»

  «In mezzo al cuore. A volte mi capita di pensarci. Una lancia infilata in mezzo al cuore, il cuore della città».

  Tobias scosse la testa, come se Jenny fosse stata una bambina piccola che avesse involontariamente detto qualcosa di buffo.

«Io invece lo chiamerei il buco del culo. Una lancia nel buco del culo. Penso che questo sia il peggior posto di tutta la città. Sporco qui sopra e pieno di rifiuti umani un piano più in basso», disse con un misto di disprezzo e tenerezza nella voce.

  «No, è il cuore. Tutto parte da qui, le cose belle e quelle brutte, proprio come nella vita vera», disse Jenny.

  Tobias rise.

  «Ma quanto sei ubriaca? Dài, andiamocene».

  «Eh no, prima dobbiamo fare il bagno. Ormai siamo arrivati fin qui, non possiamo non buttarci in acqua. Via i vestiti».

  Alcuni taxi che passavano sfrecciando davano qualche colpo di clacson, per il resto non c’era molto interesse rispetto a ciò che stavano facendo i due viandanti notturni al centro della rotonda. Passò una volante della polizia che faceva strada a un’ambulanza. Aveva le sirene accese, un suono che lacerava le orecchie.

  «Che cavolo stai dicendo? Toglierci i vestiti?», disse mentre il grido delle sirene scompariva in lontananza.

  «Certo, non possiamo mica fare il bagno vestiti, come faremmo poi ad andarcene in giro tutti zuppi? Ti sembra una buona idea?»

  «Possiamo lasciar perdere, sarebbe la soluzione più semplice».

  «Uffa, e dài!».

Jenny si sfilò la maglietta. Si intravedevano i seni bianchi, il resto del corpo invece era già abbronzato. Via i pantaloni. Non si tolse mutande e reggiseno. Con un passo salì sul muretto di cemento e saltò nell’acqua senza esitare.

  «Farai il bagno da sola, io non ne ho nessuna voglia», bofonchiò Tobias alle sue spalle.

  Gli sembrava che lo scherzo si stesse spingendo troppo in là. Voleva andarsene. Cominciava a sentirsi stanco.

  Jenny sguazzò per un po’ nell’acqua che le arrivava a malapena alle ginocchia. Si distese e finse di nuotare a stile libero, avanzando con le ginocchia sul fondo della vasca. La superficie era ruvida e la ragazza si sbucciò un ginocchio, cominciando a sanguinare. Ma non se ne curò. Una traccia ematica chiara si diffondeva nell’acqua, disperdendosi al battito delle braccia di Jenny sulla superficie.

  «Una vera goduria», gridò allontanandosi da Tobias facendo finta di nuotare a stile libero.

  Il vento tiepido che si faceva strada tra i palazzi intorno alla vasca sollevò un volantino pubblicitario, che descrisse una traiettoria zigzagante in aria. Tobias lo seguì con lo sguardo fin quando non atterrò sul muretto. Rivolse quindi lo sguardo a Jenny e vide che si era alzata in piedi. Dal suo corpo cadevano gocce d’acqua argentate. Rise di nuovo e una ventata sferzò il suo corpo nudo e bagnato facendola rabbrividire. I capezzoli si inturgidirono e sulle braccia bianche ed esili le venne la pelle d’oca.

  «È solo che la vita è troppo bella. Come potrei stare meglio di così!», gridò.


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