IL FANTASY E IL WEIRD: L’ESEMPIO DI PERDIDO STREET STATION


IL FANTASY E IL WEIRD: L’ESEMPIO DI PERDIDO STREET STATION

 

A cura di Claudio Cordella

“Appollaiata nel punto in cui due fiumi lottano per diventare mare, dove le montagne diventano altopiano, dove gruppi di piante si coagulano verso sud, e, quantitativamente e qualitativamente, all’improvviso sono una foresta. L’architettura di New Crobuzon passa dall’industriale al residenziale, dall’opulento alla baraccopoli, dal sotterraneo all’aviotrasportato, dal moderno all’antico, dal vivacemente colorato al grigio, dal fecondo allo sterile…”. CHINA MIÉVILLE, Perdido Street Station, 2003; tr. it. Perdido Street Station, Fanucci Editore, Roma 2011, p. 57.

Quale è stata una delle più grandi fortune e al tempo stesso una delle più grandi sciagure di tutta la storia della letteratura fantastica novecentesca? A parere di chi scrive la risposta non può essere che una sola: la pubblicazione di quella poderosa saga fantasy nota come The Lords of the Rings (Il Signore degli Anelli). L’opera di J. R. R. Tolkien, accurata nella creazione sin nei minimi dettagli di un universo immaginario, con il trascorrere del tempo è diventata un idolo al quale tutti devono riverenza. In buona sostanza il modello tolkeniano ha finito con il diventare un punto di riferimento sin troppo ingombrante, non a caso da svariati decenni le energie di generazioni di scrittori fantasy sono state impiegate nel tentativo di creare una saga pseudo-medievale di analoga fama. Questi progetti, tutti nati da un chiaro desiderio di emulare quest’epica moderna, vanno dalla semplice volgarizzazione e semplificazione delle tematiche tolkeniane di un Terry Brooks ai recenti tentativi di un George R. R. Martin di plasmare un medioevo fantasy sia crudo, violento e realistico. Solo autrici del calibro della Ursula K. Le Guin, sembrano essersi mosse lungo strade autonome; volgendo lo sguardo all’antropologia, alla cultura femminista e all’utopismo. In ogni caso a partire dagli ’60 – ’70, quando il nome di Tolkien inizia a esser noto a livello mondiale, viene pubblicata una marea di romanzi ambientati in lande simil-medievali fantastiche. Reami in pericolo, principesse, draghi, elfi ed orchi vengono ogni volta riproposti ai lettori in storie apparentemente diverse tra loro ma in realtà sempre uguali. Quello che il fantasy rischia di perdere è la sua più intima linfa vitale: la fantasia. Che cosa c’è di meno fantastico nel riproporre lo stesso universo feudale, cambiando solo il nome per esigenze di copyright, trasformandolo in un patetico palcoscenico per creature fiabesche  stereotipate? Per assurdo il fantasy, che dovrebbe essere il genere letterario più libero, aperto alle suggestioni di un’immaginazione senza limiti, corre così il rischio di insterilirsi e svuotarsi. Come reazione a questo triste stato di cose nuovi sotto-generi, distanti anni-luce dalla lezione tolkeniana, oltre che da una qualsivoglia nostalgia romantica per un passato cavalleresco, hanno iniziato a venire alla luce. Fanno capolino prima l‘urban fantasy, tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, e in seguito il new weird durante l’ultimo scorcio del Novecento. Autori come Neil Gaiman, sceneggiatore di fumetti di culto come Sandman o di romanzi visionari come American Gods, portano il fantasy a riconciliarsi con la modernità. Ad esempio, gli dei di Gaiman, provenienti un po’ dalle mitologie di tutto il mondo, greco-romana, africana, cinese, scandinava, slava, celtica, etc., si ritrovano a sbarcare in America assieme agli emigranti delle più svariate nazionalità; povera gente spinta a lasciare la loro terra natia alla ricerca di una vita migliore. Queste divinità, giunte nel Nuovo Mondo al seguito delle diverse genti a cui erano tradizionalmente legate, si trovano così a dover condividere con loro un amaro destino di emarginazione e degrado. Il fantastico si cala nelle nostre città, cammina tra noi e condivide le nostre stesse angosce post-moderne. La realtà viene riplasmata, vista con occhi diversi, e non più accantonata in favore di una qualche città turrita circondata da mura. Nell’interessante romanzo Nowhere (Nessun luogo), da cui è stato tratto uno sceneggiato TV e un fumetto, Gaiman trasfigura la Londra attuale, mostrandoci una metropoli fiabesca e pericolosa che convive su di un altro piano della realtà assieme alla città che noi oggi conosciamo. Una simile spinta al rinnovamento, all’interno del quale possiamo anche ascrivere scrittrici come J. K. Rowling e Lauren K. Hamilton, ci conduce agli esiti stilistici e tematici del new weird. Con quest’ultimo sotto-genere si raggiungono inediti livelli di ibridazione, la membrana tra la fantascienza e il fantasy si riduce o scompare del tutto; al tempo stesso il bizzarro, il surreale e il post-moderno divengono elementi centrali. Michael Swanwick nel 1993 con il suo brillante The Iron Dragon’s Daughter, infrange molti luoghi convenzionali del fantastico tradizionale. Questo romanzo, apparso nelle librerie nostrane grazie a Fanucci come Cuore d’acciaio nel 2003, è stato riproposto in seguito con il titolo di La figlia del drago di ferro; questa volta da Urania che l’ha portato nel 2010 nelle edicole nostrane. In questa occasione è stato accorpato al suo seguito The Dragons of Babel (I draghi di Babele), entrambi riuniti all’interno della corposa antologia I draghi del ferro e del fuoco. In questo ciclo Swanwick infrange molti tabù del fantasy, i suoi elfi sono dei privilegiati appartenenti a un ceto aristocratico, creature capaci di inaudite crudeltà, razzismo e vittime di vizi umanissimi. La changeling protagonista, una bambina umana rapita dagli elfi di nome Jane, si ritrova prigioniera in una sorta di universo parallelo piuttosto che in un reame fatato. Lo stesso drago con cui Jane stringe un patto di sangue non è affatto un essere di carne e di sangue, quanto piuttosto un potentissimo organismo cibernetico.

Proseguendo lungo questa medesima strada rivoluzionaria, già intrapresa da altri autori, come Gaiman per l’urban fantasy e Swanwick per il new weird, esce nel 2000 nel Regno Unito Perdido Street Station di China Miéville. Al suo apparire questo romanzo, pubblicato in Italia nel 2003 da Fanucci e recentemente ristampato nel 2011 sempre grazie a questa casa editrice, fece scalpore. Nel 2000 la British Fantasy Society  consegna a Miéville un Premio Derleth, nel 2001 si aggiudica il Premio Arthur C. Clarke,  mentre l’anno dopo ottiene una nomination per due premi prestigiosi del settore come il Nebula e lo Hugo. Quest’autore, talentuoso quanto originale, ci conduce con mano esperta attraverso i meandri della labirintica New Crobuzon, una città-stato del Bas-Leg, un mondo affascinante e misterioso le cui notti sono illuminate da  ben tre lune. La popolazione di questa metropoli                                  non è costituita solo da umani ma anche dalla più diversa genia di creature senzienti,  più o meno umanoidi, genericamente indicate come xeniani (xenians). I partiti politici presenti a New Crobuzon, Grande Sole (Fat Sun), Tendenza Diversa (Diverse Tendency),  Finalmente Possiamo Vedere (Finally We Can See) e Tre Aculei (Three Quills) sono parimenti corrotti, ipocriti e dannosi; il primo che abbiamo citato mantiene saldamente il potere nelle sue mani mentre l’ultimo è un movimento xenofobo simile agli attuali gruppi di estrema destra di ispirazione neo-nazista. Una realtà crudele e ingiusta, che per molti versi è accomunabile con gli scenari proposti da Swanwick in La figlia del drago di ferro e ne I draghi di Babele, popolata scienziati, artisti, criminali, emarginati e ribelli. Isaac Dan der Grimnebulin è uno scienziato eccentrico, completamente preso dalle sue ricerche, che accetta un difficile incarico da parte di Yagharek. Costui è uno xeniano, un garuda per la precisione, una sorta di bizzarro uomo-uccello, a cui sono state amputate le ali quale punizione per un grave crimine che ha commesso. Lin, una xeniana appartenente al popolo delle khepri, degli scarafaggi umanoidi di sesso femminile, è invece un’artista; amante di Isaac, con il quale vive una storia d’amore semi-clandestina, è entrata in contatto con un potente boss della malavita, Mr. Motley. A quanto sembra una delle pene più diffuse che viene comminata ai trasgressori delle leggi di New Crobuzon riguarda il rifacimento del corpo del condannato; a discrezione del giudice vengono inserite delle protesi, meccaniche od organiche, che  trasformano questi disgraziati in creature grottesche. Motley è uno di questi cosiddetti Rifatti e l’intervento che ha subito è stato senz’altro uno dei più radicali essendo quest’ultimo ormai diventato un conglomerato di parti non ben definibile. Ed è proprio questo stranissimo puzzle mal assortito che Lin ha accettato di ritrarre in una delle sue statue, un tipico esempio dell’arte plastica della sua specie realizzato con la saliva secreta dal suo stesso corpo insettoide. Questi e altri characters ci introducono in un universo unico, diverso dal nostro ma al tempo simile alla nostra realtà; attanagliato da dubbi, problemi e pericoli non troppo dissimili da quelli che che tutti noi conosciamo. Corruzione politica, criminalità, discriminazione e violenza, progresso tecno-scientifico e dilemmi bioetici fanno parte del nostro vissuto quotidiano tanto di quello dei cittadini di New Crobuzon. Qui abbiamo dunque a che fare con un’opera letteraria lontana anni-luce da Il Signore degli Anelli,  eppure  parimenti affascinante; capace di riscrivere le regole del fantastico, portando così il fantasy verso territori nuovi e inesplorati. Miéville ha dato a Perdido Street Station due seguiti:  The Scar (La Città delle Navi) e Iron Council (Il Treno degli Dèi ), entrambi tradotti nel nostro paese. Pubblicati a suo tempo da Fanucci, noi non possiamo che augurarci che anch’essi vengano ristampati al più presto.         

Sinossi di Perdido Street Station

Dal sito della Fanucci Editore:

http://www.fanucci.it/libro.php?id=11134&g=3

È tempo di rivolte e rivoluzioni, conflitti e intrighi. New Crobuzon sta cadendo a pezzi. Da un lato la guerra contro l’arcana, oscura città-stato di Tesh, dall’altro i ribelli che si aggirano per le strade portando la metropoli sull’orlo della rovina. Nel mezzo dei disordini, una misteriosa figura mascherata incita a una nuova forma di ribellione, mentre tradimenti e violenze si manifestano in luoghi inconsueti. Per sfuggire al caos e alla repressione, un piccolo gruppo di rinnegati è fuggito dalla città e ha attraversato terre straniere, alla ricerca di una speranza perduta, di una leggenda immortale. Così, nelle tragiche ore in cui sangue e orrore dilagano a New Crobuzon, si diffonde una voce: sta giungendo il momento del Concilio di Ferro.  Fondendo con crescente maturità e padronanza registro immaginifico e riflessione politica, Miéville aggiunge un nuovo, fondamentale capitolo al ciclo dedicato a New Crobuzon, confermandosi autore di punta della nuova letteratura fantastica di lingua inglese.


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