L’EVOLUZIONE DELLA PSICOLOGIA DEI PROTAGONISTI DEGLI ANIME ROBOTICI – Cap 3: Maturazione e nuove esperienze


A cura di Claudio Cordella

È noto che Tomino trasse l’ispirazione di base per il suo Gundam dalla produzione letteraria dello scrittore statunitense Robert A. Heinlein, e in particolare dai romanzi Starship Troopers (Fanteria dello spazio) e The Moon Is a Harsh Mistress (La Luna è una severa maestra), ma negli anni ’80 egli non fu il solo a farlo. Anche  Sōkō kihei Botomuzu (noto pure come  Armored Trooper Votoms), per la regia di Ryōsuke Takahashi, strizza l’occhio sia a Gundam (di cui condivide la casa di produzione Sunrise), sia la fantascienza militare stile Heinlein. Gli esoscheletri che appaiono in questo anime, qui chiamati AT (Armored Trooper), detti anche VOTOMS (Vertical One-man Tank for Offense & ManeuverS), sono ancor più simili dei Mobile Suit di Tomino alle power suit (“tute potenziate”) descritte da Heinlein in Fanteria dello spazio. Il protagonista di Votoms, Chirico Cuvie, membro del Red Shoulder Battalion, una forza militare d’élite appartenente alla Confederazione Gilgamesh, una nazione interstellare in lotta da un secolo con la rivale Unione Balarant, è un soldato che si ritrova invischiato nel bel mezzo di un intrigo più grande di lui. Votoms, trasmesso da TV Tokyo tra il 1983 e il 1984, segno un ulteriore ravvicinamento del genere robotico made in Japan a un tipo di sci-fi più tradizionale di matrice anglosassone. Esattamente come Gundam e Macross, anche Votoms beneficiò in seguito di altre produzioni dedicate.

Votoms, illustrazione. Copyright degli aventi diritto.

Un altro anime importante degli anni ’80 è però il diretto sequel di Gundam: Kidō Senshi Zēta Gandamu (Mobile Suit Z Gundam), incentrato su un nuovo conflitto temporalmente collocato 7 anni dopo il termine della One Year War. Amuro in questo caso ha solo un ruolo da comparsa mentre il suo vecchio protagonista Char assurge al rango di comprimario, rubando però non di rado la scena al giovane Kamille Bidan, ufficialmente l’eroe di questo nuovo capitolo della saga ideata da Tomino. Z Gundam è un po’ una versione ipervitaminica dell’anime originale di Gundam, con una sequela ininterrotta di scene strappalacrime e drammatiche, un plot narrativo contorto (con diverse fazioni in guerra tra loro, per di più divise in correnti al loro interno), con nuovi mecha (debitori nel design dai caccia trasformabili “macrossiani”). Lo stesso Kamille è quasi un doppio di Amuro, seppur più sfortunato e antipatico. In questo caso entrambi i genitori di costui sono ingegneri impegnati nello sviluppo di Mobile Suits, solo che in questo caso la madre finisce uccisa dai Titans (una milizia privata che opprime con metodi disumani le colonie) mentre il padre, adultero, amorale, cinico e doppiogiochista, morirà in battaglia per mano di Char. Non prima però che il suo stesso figlio, considerandolo un traditore, non giunga a sparargli contro alcuni colpi. Come si può constatare il background famigliare di Amuro viene preso come base di partenza e amplificato per tratteggiare quello del giovane Bidan, trasformandosi in tal modo in un vissuto degno di una tragedia greca. Kamille, sempre per caso come avvenne per Amuro, finisce per essere coinvolto in un combattimento in corso e  diventa membro di un gruppo militare, in questo caso nell’organizzazione anti-governativa AEUG (Anti-Earth Union Group). L’AEUG nello spazio (e la sua controparte terrestre Karaba sulla Terra) riuniscono veterani di entrambi gli schieramenti della passata One Year War; Kamille ha quindi l’occasione di incontrare sia Char che Amuro e Noah Bright; quest’ultimo un tempo comandate della White Base e ora disertore dell’esercito federale. Se Amuro, apatico e assai poco convinto della possibilità di migliorare il mondo imbracciando le armi, viene costretto dalle circostanze e dalle suppliche dei suoi vecchi amici a ritornare sui campi di battaglia, Char e Bright appaiono maggiormente determinati nelle loro scelte. Entrambi tenteranno di essere delle guide per Kamille, quasi fossero dei surrogati del padre scomparso, ma il destino di questo adolescente disgraziato non sarà affatto felice. Alla fine, dopo l’ultima battaglia combattuta, il nostro eroe sarà vivo ma la sua mente sarà irrimediabilmente sconvolta. Z Gundam, corale come la serie classica e come Macross, è la rappresentazione di una lugubre tragedia collettiva, un bagno di sangue dal quale pochi trovano scampo. Tra il 2004 e il 2006, in occasione del ventennale della trasmissione di Z Gundam,  vengono realizzati tre lungometraggi riassuntivi che mescolano l’animazione anni ’80 con scene inedite realizzate per l’occasione.

Zeta Gundam, illustrazione. Copyright degli aventi diritto.

Concludiamo questa nostra  veloce disamina di questo decennio proprio con dei film prodotti per le sale cinematografiche, l’animazione made in Japan, ormai prossima alla maturità e sempre più conscia delle proprie possibilità, inizia a sfornare dei kolossal a imitazione di quelli delle major americane. In relazione agli anime robot vengono distribuiti sia Chō Jikū Yōsai Makurosu: Ai Oboete Imasu ka (Macross – Il film) nel 1984 che Kidō senshi Gundam: Gyakushū no Char (Mobile Suit Gundam: Il contrattacco di Char) quattro anni dopo. Il primo è la versione cinematografica di Macross, un film indubbiamente spettacolare ma al tempo stesso lungo, farraginoso e confusionario; rimasticando gli avvenimenti già visti all’interno della serie televisiva Macross – Il film riconferma l’appartenenza di questo franchising alla corrente più superficiale e “modaiola” degli anni ’80. La cultura in questo caso viene considerata solo come voce del consenso, dissenso e controcultura non sono minimamente concepiti, è una società unitaria e compatta che si oppone ai giganti Zendradi, solidale nell’ascoltare la musica pop di Minmay e nel credere nel consumismo. Anzi, sarà proprio la voce di questa idol, assieme a tutta la paccottiglia venduta con il suo nome sopra e ad altri prodotti del moderno benessere, a “corrompere” parte dei guerrieri alieni e ad assicurarne i favori. Il risultato è un mix di canzoni e combattimenti spaziali alla Star Wars che trasformano la guerra, nonostante i lutti presenti e le tragedie immense che porta con sé, in qualcosa di avvincente e di glamour. Particolarità assai curiosa del film di Macross, che lo differenzia dal suo prototipo televisivo, è la natura dei conflitti in cui sono impegnati i giganteschi extraterrestri presenti. Qui gli alieni umanoidi che attaccano l’umanità non sono solo il prodotto di un’avanzata ingegneria genetica, imprigionati in una civiltà “spartana” e militarista, in cui la riproduzione è affidata ad apposite capsule della clonazione.

Lalah Sune, illustrazione. Copyright degli aventi diritto.

Nella versione cinematografica non vediamo gli Zentradi divisi in reparti separati, per maschi e femmine, com’era avvenuto per il serial quanto piuttosto impegnati in un’assurda “guerra tra i sessi” che devasta l’universo. Quest’ultima è una trasposizione sul piano fantastico del nuovo ruolo che le donne rivendicavano per sé all’interno dell’ultra-conservatrice società giapponese. Invece il kolossal Il contrattacco di Char, a differenza di Macross – Il film, giunto dopo che l’audience aveva premiato l’anime di Kawamori, è distribuito nei cinema nipponici dopo un grave insuccesso. La Sunrise, dopo il fallimento dell’umoristico e infantile Kidō senshi Gandamu Daburu Zēta (Mobile Suit ZZ Gundam) del ’86, punta tutto su questa pellicola che ha il suo punto di forza nella drammaticità e nell’epicità degli eventi presentati, più che sulla spettacolarità delle immagini. Effettivamente, nonostante un esempio sperimentale di computer graphic impiegato nel realizzare l’inquadratura di una colonia cilindrica in rotazione, il fulcro di questo film risiede tutto nello scontro tra Amuro e Char. Quest’ultimo ci è presentato come un aristocratico con  propositi di vendetta nell’anime classico, per celare la sua vera identità indossa persino una maschera, ed è un individuo dai molti segreti e dagli altrettanti alias. Nel corso degli anni costui ha assunto il ruolo di icona del franchising Gundam, soffiando il ruolo di protagonista al povero Amuro. Questo personaggio, il cui nome è un diretto riferimento al cantante franco-armeno Charles Aznavour, mentre il soprannome di Cometa Rossa rimanda al celebre asso dell’aviazione noto come Barone Rosso, nella sua incarnazione cinematografica è un fine stratega e un politico parimenti dotato, nonché un fascinoso gentiluomo, capace di far innamorare di sé sia uomini che donne, un guerriero imbattibile seppur prigioniero dei fantasmi del proprio passato. Non a caso è uno spettro, quello della Newtype Lalah Sune, a mettersi tra i due antichi rivali; sia Amuro che Char si rinfacciano infatti l’un l’altro la morte della giovane, scomparsa nel corso della One Year War. Un odio del tutto personale che pare scuotere Amuro dallo stato di apatia in cui l’avevamo visto  immerso in Z Gundam; un’avversione suscitata non solo dal ricordo di Lalah ma anche dai piani megalomani di Char, ben deciso a scatenare l’inverno nucleare sulla Terra. La differenza tra i due è però incolmabile, Amuro rimane sino alla fine solo un pilota mentre al contrario è uno statista in grado di fare, nel bene o nel male, la Storia. Semplice ingranaggio il primo, parte di piani ben più ampi grandi di lui, mentre il secondo è un ardito tessitore di progetti machiavellici contro i quali il povero Amuro, sempre un passo indietro rispetto a Char, non è in grado di fare granché. Unicamente dopo un duello al cardiopalma il nostro riesce ad aver ragione della Cometa Rossa ma entrambi non possono sfuggire all’oscuro destino che entrambi si sono forgiati con le loro stesse mani.

Illustrazione ispirata al drammatico duello finale del film Il contrattacco di Char. Copyright degli aventi diritto.

Tra le novità degli anni ’80 dobbiamo anche segnalare la nascita degli OAV; nome che indica i cartoni animati creati esclusivamente per il mercato dell’home-video. Se è vero che gli OAV finiscono per essere lo sbocco naturale per anime traboccanti di sesso e violenza, se non schiettamente erotici o pornografici, essi diventano anche il luogo privilegiato per proporre al pubblico produzioni più complesse, adulte e mature, di quelle proposte in televisione. A tal proposito persino anime robotici, già noti grazie alle trasmissioni dei network, beneficiano di una loro versione OAV; in questo caso si ha quasi sempre a che fare con una miniserie, dunque con un arco narrativo di minor durata rispetto a quello di una serie televisiva canonica, nonché molto curata sia dal punto di vista dell’animazione che della storia. Effettivamente l’ultimo capitolo di Gundam degli anni ’80 non è il film Il contrattacco di Char ma l’OAV di sei episodi  Kidō Senshi Gandamu 0080: Pocket no naka no sensō  (Mobile Suit Gundam 0080: La guerra in tasca ), per la regia di Fumihiko Takayama. Si tratta in buona sostanza di una storia di guerra e spionaggio, ambientata verso la fine di quella One Year War già raccontata dal primo Gundam, nella quale un messaggio pacifista emerge inequivocabilmente fotogramma dopo fotogramma. Volutamente qualsiasi epicità e grandiosità, che in precedenza avevano sempre accompagnato tragedie e lutti a sfondo bellico, finiscono con lo sparire. In Gundam 0080 non ci sono eroi, la guerra è sempre una cosa sporca, una mostruosità che divora la vita di tanti innocenti. Qualsiasi avvenimento, anche i più brutale, è visto con gli occhi di un bambino, Alfred Izuruha. Questo ragazzino, appassionato di oggettistica militare, vive in un habitat artificiale appartenente al raggruppamento di colonie di Side 6; una terra neutrale risparmiata dai combattimenti. La guerra, per lui e per i suoi amici di scuola, è solo uno spettacolo da vedere in televisione. Ma la violenza degli adulti, già responsabile altrove di milioni di morti, arriverà ben presto a intaccare la pace di quella tranquilla oasi che è Side 6. Takayama, che porta sino alle estreme conseguenze il realismo di Tomino, si concentra quasi esclusivamente sullo sguardo di quest’innocente, mostrandoci la lenta evoluzione del suo essere. Dapprima l’occhio di Alfred manifesta tutto il suo stupore dinnanzi ai combattimenti tra Mobile Suit, da lui considerati come dei meravigliosi giganti meccanici.  Persino gli spietati i membri di un commando di Zeon, il Cyclops Team, inviato in missione a rubare o a distruggere un prototipo di Gundam, sono per lui degli eroi da idolatrare. Alfred, così come Amuro e Kamille, ha alle spalle una situazione famigliare non semplice, i suoi genitori si sono separati, e il “gioco” della guerra diventa per lui un utile diversivo dai problemi di tutti i giorni. Anche il suo affezionarsi a Bernard Wiseman (detto Bernie), un soldato di Zeon di buon cuore, è espressione di quel bisogno di affetto e attenzioni di cui ha una disperata necessità. Naturalmente il nostro non solo non si rende conto di quello che sta facendo, cioè spionaggio a favore di un’altra nazione, né dei reali pericoli che sta correndo. Qui, a differenza di quello che potrebbe accadere in un anime con “super robot”, non solo Alfred non diventa un improbabile pilota di Mobile Suit, ma non esistono né happy end, né imprese eroiche che possano dare un senso alla brutalità delle campagne militari. Alla fine della miniserie tutti i membri infiltrati dello Cyclops Team vengono sterminati, ad eccezione del solo Bernie; il quale suggerisce ad Alfred di fuggire. Il soldato, in realtà un novellino coinvolto nell’operazione su Side 6 come semplice pedina sacrificabile, tenta di far ragionare il ragazzino; vuole fargli aprire gli occhi sulle manipolazioni di cui è stato vittima, nonché sul pericolo che grava su di lui e su tutti i suoi cari.

Illustrazione di Kazuhisa Kondo incentrata sullo scontro tra lo Zaku e l'Alex di Gundam 0080. Copyright degli aventi diritto.

A questo punto i superiori di Bernie, decisi ugualmente a distruggere il Gundam NT-01 “Alex”, sono disposti a far saltar in aria con un ordigno nucleare l’intera colonia di Alfred. Quest’ultimo, disperato ma non ancora liberatosi del tutto delle sue illusioni infantili, convince il povero Bernie a ingaggiare un duello all’ultimo sangue con l’Alex. I genitori del ragazzo sembrano intenzionati a rimettersi insieme e lui vorrebbe continuare a vivere su Side 6, inoltre il dare l’allarme alle autorità pare essere un’opzione impossibile. Il superstite di Zeon, che all’inizio voleva fuggire il più lontano possibile dalla colonia minacciata, si lascia tentare dal suo giovane amico dal compiere un atto eroico. In questo caso Takayama pare divertirsi a infrangere tutte le attese stereotipate che lo spettatore, giapponese e non, ripone in situazioni genere. Da una simile lotta disperata, combattuta per di più durante il periodo natalizio e con le più nobili motivazioni possibili, ci si aspetterebbe un trionfo finale dell’eroe, o tutt’al più un suo immolarsi in battaglia per la salvezza finale. Ebbene, niente di tutto questo avviene. Alfred, saputo dal padre che la nave di Zeon armata con una testata nucleare è stata intercettata e che non c’è più pericolo, tenta in extremis di fermare Bernie ma non ci riesce. Il feroce combattimento, inutile perché l’esistenza dell’Alex non rappresenta più un pericolo per la popolazione civile, ha già avuto inizio. Lo sventurato Bernie, alla guida di un Mobile Suit male in arnese e non sufficientemente armato, ha la peggio andando e va incontro a una fine orribile. È allora che lo sguardo di Alfred, ora veramente spalancato sugli orrori della guerra, muta per davvero. Il nostro non vede più meraviglie e bei giocattoli ipertecnologici ma devastazioni, lutti e sofferenze; adesso una sorta di “velo di Maya” è caduto e tutte le sue illusioni sono svanite. Quando egli si rende conto della morte di Bernie, quando viene estratto dal suo abitacolo, in gravi condizioni anche se vivo, il pilota dell’Alex e Alfred  lo riconosce come Christina MacKenzie, una sua vicina di casa, il ragazzino subisce un forte shock.

La comprensione della reale natura degli eventi bellici, non gioco ma orrore, ha  richiesto il pagamento di un prezzo salato. Dunque con Gundam 0080 il distacco dal sottogenere “super robot” è pienamente compiuto; in seguito, sia negli anni ’90 che in questo primo scorcio di 21° secolo, serie televisive e film legati a Gundam saranno sempre presenti nel mercato giapponese. Eppure nessuna di loro rappresenterà davvero un punto di rottura analogo a quello dell’anime classico. D’altra parte sono proprio gli OAV legati a questo franchising, distribuiti durante gli anni ’90, a continuare a essere gli alfieri di un genere robotico realistico. Sia i tredici episodi di Kidō Senshi Gandamu 0083: Sutādasuto Memorī (Mobile Suit Gundam 0083: Stardust Memory) del 1991, un thriller fanta-militare allo “stato dell’arte”, che i dodici di Kidō senshi Gandamu: Dai zerohachi Emu Esu shōtai (Mobile Suit Gundam: The 08th MS Team) del ’96 – ’98, dramma amoroso e al tempo stesso feroce storia di guerra, ne sono a questo dei validi esempi. Sia Shiro Amada, tenente dell’Ottavo Plotone durante la One Year War, sia Kō Uraki, un pilota cadetto che si trova invischiato in una crisi post-bellica successiva alla fine del conflitto tra la Federazione e Zeon, sono entrambi dei militari che finiscono con il capire l’importanza di seguire la propria coscienza piuttosto che gli ordini dei loro superiori. Non a caso entrambi, il primo per amore e il secondo per il suo senso dell’onore e della giustizia, finiranno per essere considerati dei traditori dai vertici militari. Effettivamente anche il franchising di Macross  sembra dare il suo meglio negli anni ’90 proprio con gli OAV; si pensi solo a Makurosu Purasu (Macross Plus), miniserie di 4 episodi apparsa tra il 1994 e il ’95. Si tratta di un ottimo prodotto, sia dal punto di vista dell’animazione che della storia, che affronta le tematiche legate all’Intelligenza Artificiale e al tempo stesso racconta in maniera realistica (anche cruda) un triangolo amoroso.

Char e Haman, leader dell'asteroide Axis che appare in Z Gundam, secondo il fumettista Hiroyuki Kitazume. Copyright degli aventi diritto.

Un altro passo avanti compiuto in direzione di una maggiore verosimiglianza narrativa, così com’era stato auspicato da Tomino, avviene a cavallo degli anni ’80 e ’90 grazie al gruppo creativo Headgear. Un team di autori, tra cui spiccano il mangaka (fumettista) Masami Yuki e il regista Mamoru Oshii, danno vita a una serie multimediale: Kidō keisatsu Patoreiba (Patlabor), apparsa per la prima volta come OAV e come manga. Patlabor è ambientato in quello che potremmo definire grossomodo come un presente alternativo, un Giappone che ha iniziato a impiegare grandi robot da costruzione (i labor) per faraonici progetti edili. Dato che i labor iniziano a essere usati anche per compiere azioni criminali, di conseguenza le forze di polizia giapponesi devono dotarsi di speciali reparti attrezzati a combattere questa nuova minaccia. La saga di Patlabor, di cui esistono due serie di OAV, tre film e un anime per la televisione, senza contare gli albi a fumetti, ha i pregio di presentare delle creature robotiche, i labor, ancor più dimesse e semplici dei Mobile Suit di Gundam. Qui non abbiamo soldati e operazioni belliche ma normalissimi poliziotti, criminali, dall’innocuo ladro di polli al temibile terrorista, oppure gente comune che usa questi robot nei cantieri edili per il proprio lavoro. La fantascienza si mescola inestricabilmente con la vita quotidiana dando vita a una ucronia di indubbio fascino. Il difetto di questo franchising, pur essendo assai pregevoli le due versioni per il grande schermo firmate da Oshii, risiede nella sua eccessività coralità, priva di character di qualsivoglia rilievo o degni di menzione, senza contare che in genere le vicende di Patlabor hanno la sgradevole abitudine di passare bruscamente, senza alcuna ragione apparente, dal dramma alla commedia leggera. Il risultato è un piacevole minestrone, felice nella sua intenzione di voler calare l’alta tecnologia robotica in un tessuto urbano ben riconoscibile e affatto fantastico, ma incapace di essere veramente incisivo.

Patlabor: robot della polizia in azione. Copyright degli aventi diritto.


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