Recensione – IL MUMMIFICATORE di Nicola Brunialti


Recensione del libro IL MUMMIFICATORE di Nicola Brunialti

A cura di Fiorella Rigoni

BIOGRAFIA

Nicola Brunialti è nato a Roma nel 1972. Dopo quindici anni come copywriter, nel 2009 decide di dedicarsi a tempo pieno alla sua vera passione: la scrittura.

È autore di racconti e romanzi per ragazzi.

Ha vinto il premio Critici in erba 2010. Nel 2009 è stato autore della trasmissione Chi ha incastrato Peter pan? E della canzone Dormono tutti di Renato Zero.

È uno dei creatori degli spot del Paradiso Lavazza.

 

SINOSSI

Sophie ha tredici anni e tutti pensano che sia una ragazzina “strana”. Sarà per quel ciuffo di capelli fucsia davanti agli occhi, o forse perché è indipendente, introversa, ama la musica gothic e parla poco. L’unico con cui si confida è nonno Thomas, che l’ha sempre accettata e amata così com’è.

Ma il nonno è morto, da tre anni… Eppure Sophie non lo ha mai dimenticato: ogni mattina, prima di andare a scuola, lo va a trovare a Ober-St-Veit, il cimitero di Vienna, e gli racconta segreti e paure. Ma un giorno, tra tombe e alberi spogli, Sophie scomparse, senza lasciare traccia.

La polizia indaga, ha pochi indizi e un unico terribile sospetto…

Che l’introvabile serial killer che terrorizza la città possa aver colpito ancora?

Nessuno può immaginare che la ragazza sia stata risucchiata in un inquietante mondo parallelo…

Tra fantasmi che camminano sulla Terra, città infestate e case pericolanti, Sophie si troverà coinvolta in un’avventura più grande di lei.

Riuscirà mai a tornare a casa?

RECENSIONE

Il mummificatore, così è stato soprannominato il serial killer che da anni imperversa a Vienna.

La polizia lo cerca ma senza mai nemmeno arrivargli vicino. Lui è troppo scaltro, troppo attento e, soprattutto, non lascia tracce dietro di sé.

Quando Sophie, ragazzina un po’ stramba, scompare nel nulla la polizia pensa subito che l’adolescente possa essere stata l’ultima vittima del perverso assassino.

Niente di più sbagliato, ovviamente.

Sophie è stata invece vittima di una seduta vivitica, ossia il contrario di una seduta spiritica. La ragazzina è stata chiamata nel mondo dei morti da due curiosi fantasmini, i fratelli Gospel. Andreas e Alma, così si chiamano, erano stanchi di sentire i loro genitori parlare di vivi e, dopo aver appreso dallo zio come poterne evocare uno, decidono di provarci.

Sophie si ritrova così catapultata, a sua insaputa, in un mondo surreale, dove le case sono fatiscenti e per le strade girano solo fantasmi.  La ragazzina apprenderà così dell’esistenza di un mondo parallelo, quello in cui si finisce quando si muore e dove, suo malgrado, troverà l’amore.

Tra improbabili cene a base di pane ammuffito e vermi e ragazzini che per non mangiare si tolgono la testa, l’adolescente dovrà nascondersi dalla polizia fantasmica per non essere uccisa, in quanto nel mondo dei morti non è tollerata la presenza di vivi.

Riuscirà a ritornare a casa?

La storia scorre in maniera lineare dipanandosi pagina dopo pagina. Lo stile pulito e mai volgare dell’autore è sicuramente adatto anche ai ragazzini.

La narrazione, per molti versi surreale, è scorrevole e avvincente.

Bella l’idea di creare un mondo dei morti parallelo a quello dei vivi, in cui le cose praticamente succedono al contrario. I fantasmi dormono di giorno perché la luce, anche se scarsa, ferisce i loro occhi e vivono di notte. Abitano in case abbellite da ragnatele e polvere a profusione. I bambini vanno a scuola e gli adulti al lavoro, proprio come succede nel mondo dei vivi.

Le famiglie si ritrovano, dopo la morte, e continuano a vivere assieme per l’eternità.

Carino anche il fatto di far parlare in prima persona il mummificatore, che racconta con poche e chiare parole come uccide le sue vittime e come le sceglie, senza mai dare nessun indizio su chi si nasconda dietro a quel nome terribile, mentre il restante della storia viene narrato in terza persona.

I personaggi sono molto ben delineati e approfonditi nelle loro varie sfaccettature. Per questo il libro riesce a essere molto credibile, anche se le vicende narrate sono comunque molto surreali.

Le ambientazioni, anche se non molto calcate, riescono sempre a far entrare il lettore nella storia che sicuramente sarà più attratto dal mondo dei fantasmi che da quello umano.

La vicenda, pur essendo molto fanciullesca, riesce comunque a conquistare anche un pubblico più adulto e a non annoiare.

ESTRATTO DAL LIBRO

Capitolo 1

 

   “Mummificatore”, pensò l’uomo sogghignando.

   Mi piace.

   Quanta fantasia hanno…

   Sono quarant’anni che mi cercano invano. Non mi prendono e non mi prenderanno mai.

   Io so come uccidere. E lo faccio bene. Senza sbavature. Senza ripensamenti.

   Per questo mi considerano un mostro.

   Hanno analizzato così a fondo i miei comportamenti che ormai sembrano conoscermi molto meglio di quanto io conosca me stesso. Qualcuno, addirittura, si è detto certo che da piccolo sono stato maltrattato.

   Se sapessero quanto sono lontani dalla verità…

   La mia infanzia è stata bellissima. Ho avuto i genitori migliori che un bambino possa desiderare.

   Mio padre con me non ha mai alzato la voce. Non ce n’era bisogno.

   All’epoca un ragazzino sapeva come doveva comportarsi. Anche se…

   Ricordo perfettamente una sera di tanti anni fa. Eravamo seduti intorno al tavolo per la cena; io non volevo mangiare i cavolini di Bruxelles. Li odiavo. E li odio, ancora. Al solo sentirne l’odore, vengo preso da conati di vomito. Bè, anche quella sera feci il diavolo a quattro, ma i miei non fecero un fiato. Solo, non mi fecero alzare finché non li finii tutti.

   Ed era la mattina del giorno seguente. Era così che funzionava.

   Se lo raccontassi a quelli della televisione, troverebbero subito un nesso fra i cavolini e i miei “delitti efferati”, come li chiamano.

   Ma il nesso non c’è.

   Io uccido perché mi piace. Non per i cavolini di Bruxelles.

 

 

   «Hai visto come piove oggi nonno? Te l’avevo detto che il tempo non sarebbe migliorato! Per fortuna, ho messo il giubbotto con il cappuccio! Lo so, un ombrello sarebbe stato meglio… Ma io odio gli ombrelli, sono da vecchi!».

   Seduta a gambe incrociate davanti alla tomba del nonno, Sophie sorrise. La foto sulla lapide l’aveva scelta lei: il nonno aveva appena spento settantaquattro candeline. In quella originale, Sophie gli stava accanto e lo abbracciava, ma nell’ovale di ceramica si vedeva solo lui che rideva con un braccio attorno al collo. Fosse stato per lei la foto l’avrebbe lasciata intera, ma la mamma le aveva detto che non poteva comparire sulla tomba di un morto. Peccato, aveva pensato Sophie, sarebbe stato un modo per rimanere vicini per sempre. Anche se, in fondo, lo erano lo stesso.

   Ogni giorno, prima di andare a scuola, Sophie si fermava una mezz’oretta al cimitero di Ober-St-Veit, uno dei tanti, bellissimi, cimiteri di Vienna.

   La tomba di suo nonno Thomas era circondata da quelli di grandi artisti e personaggi importanti. Intorno a lei, c’erano angeli disperati e busti impettiti, tempietti greci, croci e stelle di David.

   E soprattutto, c’era un grande silenzio. Motivo in più per apprezzare quel posto: il silenzio assoluto. O la musica a palla. Non conosceva vie di mezzo.

   «Sai cosa pensavo? Finalmente hai vinto la tua terribile insonnia!», disse ridendo, mentre la pioggia le scivolava dolcemente sul giubbotto.

   Poi, all’improvviso, cambiò argomento. «Sai che la professoressa Meyer non ha voluto correggere il mio compito in classe? Quella strega dice ce sono andata fuori tema. Mi ha detto che faccio sempre di testa mia! E che non posso parlare del mondo dei morti se il tema del compito è Dove e come ti vedi fra venti anni? Ma io mi chiedo, cosa ne sa lei di dove voglio essere io fra venti anni?».

   Sophie fissò assorta la scritta sulla lapide.

   Aveva la testa così piena di cose che a volte faticava a mettere ordine tra i pensieri.

   Poi, come tornando in sé, riprese quella stramba conversazione. «Vabbè, lasciamo perdere… Non voglio annoiarti con queste banalità! Sarà meglio che corra a scuola, altrimenti prenderò un’altra nota per l’ennesimo ritardo…».

   Poi si ravviò i capelli, si infilò il cappuccio, e lanciò un bacio alla foto del nonno, promettendo di ritornare il giorno successivo. «Domani è sabato, verrò dopo pranzo. Ciao nonnino mio!».

   Infine si voltò, si infilò le cuffie dell’iPod nelle orecchie e sparò a tutto volume l’ultima canzone del suo gruppo preferito, i Funeral Destroyers, quattro ragazzi americani che fra i loro fan, oltre lei, probabilmente annoveravano solo i propri familiari.

   E con quel sottofondo si diresse verso l’uscita del cimitero.

   Poco più in là, qualcuno la stava osservando.


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