Via con gli Spiriti – Kiki Consegne a Domicilio


Via con gli Spiriti

Kiki Consegne a Domicilio

Scilla Bonfiglioli

 

 

“La magia e la pittura sono spesso simili, sai?

Anch’io a volte non riesco più a dipingere.

Kiki Consegne a Domicilio

 

 

 

Siamo stati a terra per troppo tempo.

È giunto il momento di mettersi a volare di nuovo. Niente aerei questa volta, niente ali con cui planare sul vento.

Dobbiamo andare in città e lo faremo a cavallo di una scopa.

Siete pronti?

Kiki lo è.

Kiki è una strega, ha tredici anni e un gatto nero che parla, Jiji.

Secondo la tradizione della sua famiglia, quando una strega compie tredici anni deve rendersi indipendente e vivere tutta sola per un anno. Comincia così il suo apprendistato.

Noi l’accompagneremo fino a Koriko, la città in cui ha scelto di vivere.

Attaccate la vostra lanterna al manico della scopa, prendete il vostro gatto. Partiamo.

In questo film, Miyazaki srotola la sua storia attingendo al folklore che ruota intorno all’antica stregoneria europea.

Una volta compiuti tredici anni, Kiki deve partire una notte di luna piena. Lascerà la casa della sua infanzia e cercherà una città dove cominciare a vivere da sola.

Nell’ambito stregonesco la luna ha una grande rilevanza: lo scandire del tempo si basa sulle sue fasi e così i momenti nei quali realizzare gli incantesimi. La rilevanza che essa aveva nelle religioni politeiste antecedenti al Cristianesimo vale ancora per le usanze rurali.

Nelle campagne si aspettano ancora determinate fasi lunari per imbottigliare o spillare il vino, per piantare o raccogliere i frutti.

La luna influisce fisicamente sulla Terra (è sufficiente pensare al fenomeno delle maree) e la sua rilevanza nella vita degli esseri umani è da sempre stata codificata in una simbologia precisa.

La luna si associa alla femminilità per eccellenza, rappresenta il principio del femminino, il grembo materno che accoglie la vita. Il metallo magico che le è associato è l’argento, simbolo di purezza. Un metallo non a caso associato anche alla Madonna e con il quale, nel folklore europeo, è possibile scacciare le forze demoniache delle tenebre, le streghe malevole e i vampiri.

Nelle religioni più antiche delle popolazioni mediterranee e nordiche la luna era associata a divinità fanciulle, come Artemis, Athena o Aphrodite, ma allo stesso tempo anche a dee più mature come Hera o Hekate.

La luna e le sue fasi andavano a toccare ognuna di queste divinità femminili. La falce della luna nuova rappresentava la dea fanciulla il cui potere cresceva fino alla luna piena, gravida, nel pieno fulgore della femminilità. Poi si adombrava, nella falce di luna calante, nel potere dell’anziana che annichilisce e dissolve. La luna nera, quando essa è completamente oscurata e ancora deve prendere forma la nuova falce, è il momento in cui la dea si nasconde raccogliendo il potere per poi ricominciare il suo ciclo vitale.

Nella stregoneria popolare europea la tradizione (recuperata anche dal neopaganesimo di matrice statunitense) è quella di festeggiare ogni luna piena secondo delle cerimonie che scandiscono i particolari momenti della vita magica e che sono sempre collegate alla quotidianità rurale, alle fasi della semina e del raccolto, della vita e della morte.

Accanto a queste cerimonie (i momenti d’apice dei cicli lunari) ne venivano onorate altre, che scandivano invece il calendario solare in prossimità degli equinozi e dei solstizi.

La città che sceglie è grande, ma graziosa. C’è un campanile con un orologio che rintocca a ogni ora, è in riva al mare ed è attraversata da un fiume. Peccato che la vita sia molto più frenetica rispetto al villaggio in campagna dove ha abitato fino a quel momento.

Kiki si trova a disagio. Non sa che fare, né dove vivere.

La signora Osono e suo marito, però, le offrono una stanza in affitto in cambio di un aiuto nella loro panetteria. La signora Osono è incinta e non può stare dietro a tutto il lavoro.

Questa è un’ottima occasione per Kiki che ne approfitta per aprire un’attività.

Dal momento che la sua più grande abilità magica è quella del volo, la ragazza s’impegna a fare consegne a domicilio per gli abitanti della città, grazie alla velocità della sua scopa.

La scopa è uno degli strumenti più importanti della strega ed è diventata sicuramente il più noto nella sua iconografia.

Uno degli esempi più datati è sicuramente la befana. Uno di quelli più recenti è Harry Potter che cavalca la sua Nimbus 2000.

La scopa rappresenta il mezzo con cui la strega si muove nel mondo dei sogni. Durante la prima tappa del nostro viaggio, nella Valle del Vento, abbiamo accennato alle usanze dello sciamano, a come egli cambi forma in quella di un animale per spingersi nelle terre dello spirito.

La scopa ha una funzione analoga per la strega e le veniva imposto un nome che la distinguesse da ogni altra, dal momento che essa poteva ospitare all’occorrenza uno spirito o un’entità.

Inoltre per il fatto di essere quello che è, ovvero uno strumento per spazzare, veniva utilizzata per pulire la casa e il focolare – i maggiori luoghi di pratica della strega. Nel neopaganesimo ha il significato, per estensione, di purificare l’ambiente dalle energie negative che vengono spazzate via insieme allo sporco fisico.

Ancora oggi è facile vedere delle vecchie scope di saggina rovesciate poste accanto agli stipiti delle porte. La scopa infatti ha valenza protettiva per la casa e l’usanza vuole che una creatura sovrannaturale che abbia intenti malevoli debba fermarsi a contare gli steli della scopa, uno ad uno, prima di entrare in casa. Questa attività tiene occupato lo spirito fino all’alba, momento in cui deve abbandonare i propositi e fare ritorno al regno dei morti.

Inoltre il manico ligneo della scopa la collegava all’albero, quindi alla fertilità. La sua forma era priapica e il rimando sessuale non era solo simbolico, ma estremamente importante nella pratica magica.

Il richiamo di cavalcare la scopa spesso era parte di un rituale in cui si mimava l’atto sessuale.

Secondo alcune interpretazioni la donna che cavalcava la scopa lo faceva nuda e dopo avere spalmato il legno di droghe tali da indurre la mente in uno stato alterato. Le sostanze penetravano nel corpo attraverso la pelle e gli organi sessuali e favorivano i rituali magici.

L’attività commerciale di Kiki procede bene. E, bisogna dirlo, anche grazie al suo gatto nero Jiji.

Spesso nella letteratura fantastica che si rifà alla stregoneria si incontrano maghi e streghe accompagnati da animali: gufi, cani o gatti. Ma le specie sono tante e variabili.

Nella tradizione magica questi animali vengono detti famigli. Sono creature che hanno un legame con la strega che va molto al di là di quello di un semplice animale domestico.

La parola deriva dal termine latino famulus e designava nel Medioevo tutte le persone che gravitavano attorno a un feudatario e ne venivano in qualche modo adottate, salendo così di considerazione all’interno della rigidissima scala sociale.

Come per i famigli delle streghe, il legame che veniva a crearsi tra queste persone era stretto e di grande responsabilità reciproca.

Torniamo ancora una volta a stringere il collegamento con lo sciamanesimo che abbiamo già incontrato. Famiglio e strega erano, in un certo senso, la stessa entità, dato il grado di intimità e connessione tra le due anime.

Anche nella storia della nostra Kiki vedremo come strega e famiglio sono legati, nel bene come nel male. Il famiglio diventa gli occhi e le orecchie del mago, la sentinella che veglia il suo sonno e i suoi rituali e, all’occorrenza, il capro espiatorio sul quale gravano le conseguenze di incanti nefasti. La sua perdita, in ogni caso, segna la vita dello stregone.

Nel folklore medievale erano ritenuti demoni minori che fungevano da servitori o tramiti alle streghe. La scelta poteva ricadere su qualsiasi animale ma i più gettonati erano di certo i gatti (abbiamo già visto nella tappa precedente come la figura del gatto fosse considerata a metà tra i mondi), i rapaci notturni, i cani o i topi. In ogni caso quei particolari tipi di animali che venivano associati agli psicopompi: le entità che traghettavano le anime dei defunti dal mondo dei vivi a quello dei morti.

La nostra piccola strega fa amicizia con una giovane pittrice che vive sola in una baita in montagna e conosce Tombo, un ragazzino della sua età il cui sogno è imparare a volare. Per farlo, lui che non possiede abilità magiche, deve ingegnarsi costruendo macchine elaborate, alimentate con l’energia cinetica dei pedali.

È felice quando gli viene data la possibilità di salire su uno dei primi dirigibili.

In questo stesso periodo, però, Kiki perde la sua magia.

Ecco che un giorno Jiji smette di parlare: smette di essere il famiglio per diventare un gatto come tutti gli altri. Si trova un’amica, la gatta bianca di una stilista che abita dirimpetto alla stanza di Kiki. Questo particolare angoscia la strega e ancora di più la fa precipitare nel panico il fatto di non riuscire più a volare.

È successo qualcosa di inspiegabile, ma di fatto Kiki non è più una strega.

Saranno proprio i suoi amici ad aiutarla. La pittrice le spiega che la magia è un po’ come il disegno: non bisogna tormentarsi, né perdere la speranza, ma aspettare e tentare ancora e poi ancora, fino a quando non si sente l’urgenza di creare, non solo di ripetere qualcosa che già si sa.

Ma è Tombo che, suo malgrado, offre la situazione necessaria alla rivalsa di Kiki.

Il dirigibile su cui gli viene concesso di salire proprio nel giorno dell’inaugurazione del primo volo è in balia del vento e rischia lo schianto. L’incidente che mette Tombo in pericolo, fa sì che Kiki riesca a scuotersi dal proprio torpore.

Riacquista la capacità di volare e si affretta in aiuto dell’amico.

In volo su uno spazzolone, questa volta, e non sulla sua vecchia scopa ormai rotta, Kiki riesce a trarre in salvo l’amico.

La città esulta e finalmente la ragazza si rende conto di essere stata accettata non solo come strega e lavoratrice nel contesto cittadino, ma come persona.

Anche Jiji torna da lei.

Il trionfo è completo.

Per tutta la sua storia, Kiki desidera abiti nuovi, più colorati e raffinati della tunica scura che è costretta a portare. Teme che con quel brutto abito sformato nessuno la terrà in considerazione.

L’abito nero ha un significato particolare. Gran parte dei rituali magici prevedono che la strega sia nuda perché è il modo migliore per entrare in comunione con le forze dell’ambiente. In alternativa – se ci dovesse essere bisogno di proteggere il corpo, lo spirito e la mente – è necessario che la protezione sia totale. La veste della strega deve coprirla interamente, non lasciare scoperti nemmeno polsi e caviglie. Il colore nero la occulta alle forze perniciose e le rimbalza indietro.

Spesso sulla veste venivano ricamati pentacoli o talismani in argento. Da qui la semplificata veste dei maghi nell’iconografia per bambini che portano la tunica scura a stelle.

Kiki non è più scontenta dei suoi vestiti. È orgogliosa di essere una strega e di vivere nella città di Koriko che l’ha finalmente accolta, insieme a Jiji, a Tombo e alla signora Osono.

E con il suo bambino, che sceglie proprio il trionfo di Kiki come momento per venire al mondo.

La nostra permanenza a Koriko è ormai agli sgoccioli.

Siete pronti con le vostre scope?

Dobbiamo partire.

Venite con me.

Questa volta costeggeremo il mare.

 

 


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