Kull e Conan: Confronto barbarico


A cura di Maurizio Vicedomini

«Ho ucciso Borna con le mie stesse mani, la notte sanguinosa in cui cavalcai alla testa dei ribelli. Quell’atto spietato mi procurò parecchi nemici, ma in sei mesi ho eliminato anarchie e sommosse, rimesso insieme la nazione (…) Ora Valusia sonnecchia in pace e in tranquillità, e fra un pisolino e l’altro cerca di rovesciarmi. Eppure, da quando sono re, non ci sono state più carestie, i magazzini rigurgitano di grano, le navi salpano cariche di mercanzie, le borse dei mercanti sono gonfie, la pancia della gente è piena… tuttavia il popolo mormora, impreca e sputa sulla mia ombra. Ma cosa vogliono?»

Il guerriero emise un riso amaro e incollerito.

«Un altro Borna! Un tiranno con le mani grondanti di sangue».

R.E. Howard, KullLe spade del regno purpureo

Molti sono gli eroi di Robert Ervin Howard pubblicati sulle pagine di Weird Tales, dal puritano Solomon Kane, all’onirico James Allison, o ancora Almuric e Faccia di Teschio. È tuttavia chiaro che la sua vera fama, perlopiù postuma, non è dovuta a questi personaggi ma al barbaro della Cimmeria: Conan.

C’è tuttavia un altro barbaro fra le produzioni howardiane, ben più sfortunato dal punto di vista della popolarità, ed è l’atlantideo Kull, re di Valusia. Spesso la critica ha definito Kull, predecessore letterario del cimmero, una sorta di bozza, una prova prima di raggiungere i fasti di Conan.

Ma è davvero così?

Data la conoscenza atavica che ognuno di noi ha del cimmero, è necessario soffermarsi più su Kull, così da poter cogliere punti d’incontro e differenze.

I due personaggi, effettivamente, si somigliano. Di origini barbariche si ritrovano entrambi in una società che non comprendono e che si basa su concetti a loro estranei. Nel loro essere barbari, sono ben più civili dei personaggi che incontrano, da un punto di vista morale. Non si lasciano contaminare dagli usi della civiltà, pur entrandone a far parte.

A ben vedere, però, le somiglianze finiscono qui. Kull e Conan hanno aspetti psicologici del tutto differenti. Kull è l’anti-eroe per eccellenza: esiliato dalla sua stessa terra, entra nei ranghi dell’esercito valusiano fino a strangolare il proprio re con le sue stesse mani. Poco importa che re Borna, predecessore di Kull sul trono di Valusia, fosse un tiranno. Nei racconti dell’atlantideo l’ombra prevale sempre sulla luce. Ed è Kull stesso a rappresentare l’ombra per Valusia, come re barbaro usurpatore della corona; non ha altra legge che quella della forza, come annuncia con la famosa frase “by this axe i rule!“, resa in italiano come “quest’ascia è il mio scettro!“. Il suo temperamento è instabile, è un re avventato che non sa instaurare rapporti con gli altri se non con la propria supremazia. Non è un caso che il suo totem sia una tigre: Kull è una belva, e come tale vuol essere sempre predatore.

Il re di Valusia è inoltre un re atipico. Non dominatore, ma schiavo del suo regno, non riesce a imporre la propria morale a discapito delle leggi del passato.

C’è da notare che su Weird Tales sono stati pubblicati solo due racconti con Kull protagonista: a quei tempi un personaggio del genere era troppo “forte“. Un eroe doveva essere carico di valori positivi, e Kull non lo è affatto. È un re tormentato, malinconico, avventato, feroce e intransigente, che non cede alla paura e risolve ogni disputa con il filo della spada.

Questi suoi aspetti appaiono chiari ne Il teschio del silenzio, breve racconto postumo, dove il re sa di commettere un errore, sa di mettere a rischio se stesso e gli altri, ma non gli dà peso. Lui è Kull, e può affrontare tutto. Al diavolo le conseguenze. Questa è l’idea che l’atlantideo ha di sé, ben differente dagli ideali dell’eroe classico.

C’è però da spezzare una lancia a favore del re di Valusia. Egli non è immorale, tutt’altro. Quando può, come può, aiuta il prossimo a rischio della propria vita. È visibile ne Il gatto di Delcardes, dove mette in gioco se stesso per salvare l’unico amico che ha, Brule della Lancia. In questo racconto il re appare meno grottesco, ma forse è a causa dell’antagonista d’eccezione Thulsa Doom (che nel film di Conan del 1982 e nei fumetti della Marvel è nemico del cimmero).

Conan, al contrario, è un eroe positivo. Si potrebbe dire che è una smorzatura di toni rispetto a Kull, non sull’aspetto pratico ma nella psicologia del personaggio. Il cimmero è ben più immorale per la società rispetto all’atlantideo, rivestendo spesso ruoli di mercenario, ladro e bandito. Ha tuttavia un approccio diverso alla morale e alle persone. Conan è un eroe più luminoso di Kull, meno oscuro e feroce, ma più intraprendente nelle sue azioni. È un personaggio saggio, per quanto possa esserlo un barbaro, e non si lancerebbe mai nelle imprese spericolate del suo antenato di carta.

Anche Conan diverrà re, questa volta del regno di Aquilonia, e anche qui sarà un sovrano differente da Kull. Non sarà schiavo delle leggi, né lascerà che il passato s’intrometta nella sua visione delle cose. Il cimmero sarà un re ben più fermo, dal pugno di ferro.

La difficoltà maggiore nel definire le differenze fra i due barbari di Howard è in prevalenza la scarsa produzione realizzata sull’atlantideo e il vastissimo numero di racconti su Conan. Se da un punto di vista il cimmero è ben delineato sia nella psicologia che nel suo modo di agire, è semplice trovare punti di incontro con ognuno dei pochi tratti di Kull. Il re di Valusia è però da considerare un personaggio a sé, e non un semplice antenato letterario di Conan. Rappresenta l’oscurità stessa che si annida nel cuore di un uomo, e con essa gli istinti primordiali che fanno di un re la tigre del suo totem.

In entrambi i sensi, comunque, questi personaggi erano barbari. Non nel senso attuale del termine, ma considerati come estranei alla società del tempo, una società corrotta, dedita al piacere, al guadagno e al potere. Da questo punto di vista, Kull e Conan sono barbari, rigettando l’immoralità per abbracciare un primitivo senso di giustizia e fratellanza.

“Gli uomini civili sono più scortesi dei selvaggi perché sanno di poter essere maleducati senza automaticamente ritrovarsi con la testa fracassata”.

 R.E. Howard, ConanLa torre dell’elefante


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