Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban – terzo appuntamento


Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban

a cura di Fabio Cicolani

Svolta a gomito dal punto di vista stilistico della saga. Cambia il regista, al timone troviamo Alfonso Cuaròn, regista controverso per il suo “Paradiso Perduto” del 1998 e “Y tu mamá también” del 2001. Proprio per la direzione di quest’ultimo film viene scelto dal produttore David Yates per il terzo capitolo della saga potteriana. La sua analisi del mondo adolescenziale, della psicologia e delle dinamiche dei rapporti sociali post-infantili ne fanno la figura perfetta per raccontare la maturazione dei protagonisti, i loro primi confilitti affettivi.

Il film di Cuaròn risulta, a tutt’oggi, il più borderline della saga, quello che conserva una più evidente personalità, che mostra un palese tentativo di voler raccontare la storia a proprio modo, con intromissioni registiche del tutto nuove e, a volte, fuori contesto. Una su tutte la comparsa dell’enorme orologio sulla vetta della torre che sovrasta il cortile. Il tempo, in questo capitolo, è un elemento fondamentale, risolutivo e attraverso i suoi complessi meccanismi – resi ancor più misteriosi attraverso la magia – fa la sua comparsa proprio con l’enorme orologio, che scandisce in più punti la struttura del film.

La fotografia si ingrigisce e incupisce, il castello diviene un luogo più angusto, ce ne viene svelata un’ala che non avevamo mai visto, compreso il lungo ponte sbilenco che collega il castello alla nuova casa di Hagrid.

I movimenti di macchina si fanno più sospesi e meno puliti, ci sono molte panoramiche che seguono il volo di un uccello o di una farfalla, che accompagnano lo spettatore attraverso lo scorrere delle stagioni o semplicemente del tempo filmico. Le transizioni tra una scena e l’altra spesso si chiudono a occhio di bue, caratteristica insolita e poco leziosa che comunque contribuisce a dare al film quell’aspetto un po’ sporco e traballante. Peculiare.

La foresta proibita si fa meno teatrale, più disordinata e scoscesa. Le atmosfere sono sempre più cupe anche a causa della comparsa dei temibili Dissennatori, rappresentati come fantocci ricoperti di stracci, fantasmi dell’infelicità che ghermiscono l’anima dei protagonista. Terrore allo stato puro.

Gli effetti speciali sono sempre più degni di nota. Primo fra tutti Fierobecco, l’ippogrifo che trascina la storia e ne diventa un perno fondamentale sotto ogni aspetto. L’animale si presenta come agente scatenante delle ire di Malfoy, poi come fulcro emotivo a causa della sua ingiusta condanna a morte e infine salvatore-salvato nel curioso gioco degli eventi manipolati dalla Giratempo. Dal punto di vista della CGi il salto è notevole. Le piume dell’animale sono molto realistiche, il compositing con il girato dal vivo impeccabile. Si nota un grande impegno degli animatori nel conferire al personaggio di pixel un carattere proprio, superbo ma fedele, nel pieno rispetto del personaggio dipinto magistralmente dalla Rowling.

Un altro personaggio salta a bordo nella saga, e lo fa in pieno stile Rowling, che fa delle figure positive dapprima esseri ambigui, magari malvagi e persecutori, finchè non si rivelano perseguitati. Il padrino di Harry porta lo svelamento di numerosi misteri, e getta un piccolo spiraglio sulla morte dei genitori del protagonista, sul tradimento perpetrato proprio dai suoi amici. A fianco di Sirius Black arriva Remus Lupin, altro personaggio fondamentale, spalla fedele dei nostri oltre che conoscitore di oscuri misteri, sulla magia e su se stesso.

Una grave perdita affligge il cast: Richard Harris, il Silente dei primi due capitoli, viene a mancare durante la pausa fra la produzione del secondo e del terzo capitolo. Gli subentra Michael Gambon, che ne raccoglie la difficile eredità attoriale (Harris è stato un pilastro della recitazione britannica, attore teatrale ancor prima che cinematografico. È stato regista e cantautore oltre che attore ed è stato candidato a due premi Oscar per i film “Io sono un campione” e “Il Campo”). Pur cercando di rimanere fedele al personaggio del libro, Gambon fa di Silente un mago meno archetipico, quasi hippie, ma non per questo meno affascinante.

È una svolta notevole per questo personaggio, svolta che ritroviamo anche nei libri. Da questo momento in poi Silente non sarà più lo stesso, non rappresenterà più per Harry un pilastro infallibile di sapere e coscienza, inizierà a compiere errori, a sbagliare le sue valutazioni. Passerà cioè per un processo di umanizzazione che lo porterà fino al finale della saga, spegnendo quell’aura di misticismo che Columbus assieme ad Harris gli avevano donato nei primi due capitoli.

Dal punto di vista della trama, a mio parere, è il film meno riuscito. La difficile trasposizione del rocambolesco gioco del tempo, le sfiziose dinamiche dei “Malandrini” di Hogwarts sfuggono, alcuni dettagli che rendevano, sempre a mio parere, il libro un vero e proprio gioiello della saga, si perdono e per questo il film risulta meno soddisfacente.

Altra simpatica novità sono i costumi. I ragazzi non sono più obbligati a vestire le rigorose divise di Hogwarts. In diverse scene vestono come adolescenti qualunque, con jeans consumati e felpe multicolor.

Per concludere, questo terzo capitolo soddisfa il bisogno di un cambio di rotta, di congiunzione con una nuova fase della saga, più cupa e gotica, pur restando comunque un film piacevole.

Come postilla finale il solito appuntamento, l’anello di connessione con il settimo film. In Harry Potter e I Doni della Morte, i Mangiamorte, ormai a piede libero, reduci dalla prigione dei maghi, si organizzano, combattono, catturano, si infiltrano, comandano. E le guardie? I Dissennatori sono ovunque a guardia di Hogwarts e del Ministero, per tenere lontano il nostro eroe. Marionette spietate nelle mani del signore Oscuro, attaccano a sorpresa e indeboliscono anche il patronus più potente. Nel Prigioniero di Azkaban si ha il LA che porterà il ritorno di Voldemort: la fuga di Codaliscia. Torna il Platano Picchiatore e il suo accesso alla Stamberga Strillante, dove Piton, schiantato da Harry la prima volta, viene assassinato in modo infingardo e traditore proprio da Voldemort, lasciando dietro di sé la pura e semplice verità.


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