Harry Potter e la pietra filosofale


A cura di Fabio Cicolani

Recensione Harry Potter e la pietra filosofale

Recensire un film dieci anni dopo, è operazione assai ardua. Sì, perché la genuinità del giudizio risente pesantemente dell’evoluzione del fenomeno in cui il film si è poi trasformato. Non è quindi un’opera a sé, ma rappresenta il primo anello di una catena di grandi successi, di un fenomeno unico nella storia del cinema e della letteratura e, iperbolicamente, del cinema-letteratura.

Non cercherò di usare una Giratempo virtuale per tornare al lontano 2001 – sarebbe quantomeno ingenuo – ma parlerò di come appare oggi “Harry Potter e la Pietra Filosofale”, alla luce scintillante della storia.

Il primo adattamento del celebre romanzo, nasce da un caso letterario che aveva già ampiamente superato i confini della patria britannica di nascita, dove nello stesso anno di uscita del film i ragazzini leggevano il quarto volume della saga. Non a caso a portare sullo schermo la storia del maghetto è la Warner, che si assicurò i diritti di adattamento a suon di miliardi (dando definitivamente lo status di multimilionaria a J.K.Rowling).

Altra scelta tattica, affidare la regia a Chris Columbus, già nota “bambinaia” cinematografica, maestro nella direzione di film per famiglie di grande successo come “Mrs. Doubtfire” e “Mamma ho perso l’aereo”.

Le musiche le firma John Williams, compositore di colonne sonore di grandissimo successo, come quelle di E.T., Schindler’s List, Indiana Jones e moltissime altre.

Questi due nomi sono una garanzia tale da portare la produzione a scegliere come protagonisti tre volti sconosciuti, il quasi dodicenne Daniel Radcliffe per interpretare Harry Potter e due suoi anonimi coetanei: Rupert Grint (Ron) ed Emma Watson (Hermione). Rispettando la clausola contrattuale imposta dalla Rowling che voleva tutti attori britannici nel film, così si disse.

Ad arricchire il cast, attori noti del cinema e della TV britannica. Su tutti Robbie Coltrane (Hagrid), Maggie Smith (Professoressa McGrannit) e il compianto Richard Harris (Silente).

Il risultato della pellicola è strabiliante. Il più bambinesco capitolo della saga passa immediatamente alla storia per gli incassi, detenendo il record di botteghino al primo week-end di uscita fino all’arrivo del “Cavaliere Oscuro” nel 2008.

Dal punto di vista tecnico la magia del libro è restituita appieno. Le carrellate e le panoramiche dentro e attorno ad Hogwarts lasciano senza fiato. I colori vividi, saturi e palpitanti bucano lo schermo, la luce invade luoghi e volti, da quelli porcellanati dei protagonisti a quelli segnati dal sapere e dal tempo dei professori. Una fotografia magica e senza tempo invade gli spazi gotici del castello, le inquadrature respirano dei numerosi esterni alla luce del sole le inquadrature più spettacolari si muovono con delicatezza anche nelle scene più cruente della storia.

Per l’epoca gli effetti speciali apparirono ben confezionati, ma il balzo tecnologico compiuto dalla CGI in questi ultimi anni si fa sentire, tanto da lasciare perplessi in diversi punti della prima pellicola: alcuni green screen sono quantomeno traballanti, le controfigure digitali poco più che pupazzi e il compositing di grafica computerizzata su riprese reali un po’ finte.

Le differenze rispetto al romanzo furono numerose, molte delle quali risultarono efficaci allo scopo di snellire la trama e risolvere qualche ambiguità – poi scopertasi assolutamente voluta – contenuta nel romanzo.

Concludendo, questo primo film risultò più che degno di aprire le danze alla saga, spettacolare al punto giusto, con la principale funzione di alzare il sipario su un mondo magico particolareggiato fino alla nausea, dove archetipi classici del fantasy venivano rimescolati e messi sotto una nuova luce, decontestualizzati e cosparsi di una glassa scintillante che sa di novità pur non essendolo veramente.

In calce, visto il percorso che compirà questa recensione (la prima di sette, appunto) voglio lasciare qualche indizio a riprova della genialità dell’autrice che aveva stabilito già dall’inizio come sarebbe andata a finire nel settimo romanzo ed è riuscita ad inserire nel primo film questi elementi senza svelare ai realizzatori il finale.

Harry Potter è il prescelto, possiede una bacchetta con l’anima gemella a quella di Voldemort, proprio Ollivander sarà uno degli informatori chiave di Voldemort, La Gringott sarà lo scenario di una delle più rocambolesche scene d’azione di tutta la saga proprio nell’ultimo libro e infine, il Mantello dell’Invisibilità, tenetelo a mente, perché la Rowling ci dice che ce ne sono tanti nel mondo dei maghi, ma quello di Harry è davvero un dono unico.


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