Stephen King – La zona morta



LA ZONA MORTA

Stephen King
Sperling & Kupfer, 1981
Pag: 460 Prezzo: euro 9,20
Giudizio:

Trama.
Quando si risveglia da un coma durato cinque anni, Johnny Smith scopre che il mondo attorno a lui è molto diverso: la fidanzata si è sposata con un altro uomo, la madre sembra diventata una fanatica religiosa. Anche lui è differente, perché si ritrova speciale, dotato di un dono di spessore biblico: è capace di leggere la mente, il passato, il presente e, quel che è peggio, il futuro delle persone con cui entra in contatto.

Però c’è una zona del suo cervello, la zona morta, che gli impedisce di vedere tutto ciò che potrebbe e Johnny si trova costretto a ricostruire parte degli avvenimenti che prevede. Poco alla volta, il suo dono si trasforma in qualcosa che è in grado di avvelenargli la vita. Ma quando incontra un popolare candidato del Congresso e gli stringe la mano, vede la futura catastrofe. Al suo posto, voi cosa fareste?

Di questo bel romanzo, il primo ambientato nell’immaginaria cittadina di Castle Rock, vorrei sottolineare soprattutto due aspetti. Uno inerente il dono di Johnny e l’altro ciò che traspare attraverso questo dono.

1) Al termine di un inesorabile cammino verso la tragedia, che si acuisce di svolta in svolta e di incidente in incidente (con un aumento parallelo del potere che gli è stato dato in dono), risalta nel romanzo l’idea che il potere speciale di Johnny non sia dovuto a un caso ma che sia stato voluto proprio da un dio che vigila sulla storia umana. Anzi: non un dio ma Dio, proprio quello dalle connotazioni cristiane, capace di prendere in mano la vita di una persona e di condurla alla consapevolezza delle proprie possibilità. Il protagonista sviluppa una coscienza del proprio ruolo sempre più decisiva nelle vicende del romanzo e da scettico diventa un credente, nel senso stretto del termine. Sulla base della fede in cui fermamente crede, si lascia andare alla volontà di chi ha disegnato per lui un compito speciale.

2) Tuttavia il Cristianesimo che ne esce è qualcosa di frammentario, caotico e in piena crisi, che riflette parzialmente la realtà cristiana degli Stati Uniti. John Smith è circondato da un’aura di mistero e di diffidenza crescente che lo pone a diretto contatto con la strampalata fede della madre. Questo personaggio femminile si fa carico delle teorie fideistico-ufologiche sviluppatesi negli Stati Uniti negli ultimi decenni. Dapprincipio la madre crede fermamente che il figlio sia il destinatario di un grande progetto da parte di Dio. E su questo ci ha visto giusto. Ma poi lei degenera abbracciando sempre più teorie assurde che mettono in luce la difficoltà di credere nel mondo d’oggi: si percepisce l’esistenza di un dio, finanche di quello cristiano, ma c’è una grande difficoltà nell’accogliere il sistema di fede veicolato dalla tradizione. Il giudizio da parte di Stephen King su questa fede contorta e sfigurata a mio parere si avverte, ed è pesante: per bocca del marito e del figlio, la madre sta vivendo un’esperienza degna d’un percorso di psicoterapia. Qui abbiamo a che fare con un romanzo che parla della realtà americana in tutta la sua profonda realtà, e si ha l’impressione che esso non sia altro che la fotografia di uno stato di cose.

In definitiva, questo è un romanzo – secondo me – in buona parte autobiografico, che riguarda da vicino la fede di Stephen King molto più di quanto possa sembrare a una lettura veloce. Alla base vi ho ritrovato un sincero movente religioso, già riscontrato in romanzi come L’ombra dello Scorpione o La lunga marcia. Ma la crisi della fede occidentale si diffonde in queste pagine con tutta la sua potenza e il risultato è uno dei romanzi più politici (in senso ampio) del Re del Brivido.


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