Sulle tracce dell’Acchiapparatti, con Francesco Barbi


1. Chi è Francesco Barbi? Esiste un rapporto tra il tuo lavoro e ciò che scrivi? Se sì, in cosa consiste?

Sono nato nel 1975 a Pisa, dove vivo e lavoro come insegnante di matematica e fisica nella scuola superiore. Tra la scrittura e l’insegnamento non c’è un rapporto stretto, ma il mio lavoro e la mia formazione senza dubbio mi caratterizzano, sono parte di me; e dunque influenzano e si riverberano in quel che scrivo.

2.  Come sei arrivato alla scrittura?

Ho sempre amato inventare e costruire storie, dar vita ai miei personaggi interni, ma ho iniziato a scrivere seriamente durante gli anni di studio universitari. All’epoca scrivere significava dare spazio a un forte bisogno creativo. Poi è divenuta una passione da coltivare, in grado di procurarmi molte soddisfazioni. Adesso spero che possa diventare anche qualcosa di più.

3. E alla pubblicazione?

La prima edizione del libro, dal titolo “L’acchiapparatti di Tilos”, è stata pubblicata nel settembre 2007. Non avevo ancora avuto il tempo per inviare il manoscritto alle diverse case editrici che a una cena conobbi uno dei 5 soci della casa editrice Campanila. Mi suggerì di fargli avere il romanzo e così feci. Dopo circa un mese, tutti e 5 l’avevano letto e apprezzato e mi fu offerto un buon contratto di pubblicazione. Non ci dormii per un paio di notti, ciò che mi frenava era la rinuncia al dare all’acchiapparatti altre possibilità. Decisi di firmare.

La prima edizione ha poi riscosso un ottimo consenso e, nonostante non avesse avuto una grande diffusione, in rete si è parlato molto del libro. A Marzo del 2009 Cristina Lupoli Dalai mi ha telefonato per comunicarmi il suo interesse. Aveva letto il romanzo su suggerimento di un collaboratore di fiducia e le era piaciuto molto. Mi sento grato nei suoi confronti, per aver creduto fin da subito nell’acchiapparatti e per avergli dato una nuova vita.

4. Di cosa parla il tuo Acchiapparatti?

In un’ambientazione cupa e sanguinaria, un becchino storpio e un acchiapparatti matto legano il loro destino a quello della creatura mostruosa che vive da secoli rinchiusa nelle segrete del paese di Giloc e si cacciano nei meandri di una vicenda terribile.

Chi volesse saperne di più, questo è il link al sito-blog dedicato al romanzo: http://lacchiapparatti.bcdeditore.it/

5. Ritieni che alcuni elementi narrativi o tematici dell’Acchiapparatti ti riguardino direttamente? In altre parole, la domanda potrebbe essere: trovi che ci sia un collegamento necessario tra vita dell’autore e materia di cui tratta?

Sì, senza alcun dubbio. In fondo un autore non fa altro che rappresentare il proprio mondo interno, dar vita ai personaggi che lo popolano. Personalmente mi trovo a riconoscermi in ogni personaggio, in ogni luogo, in ogni pagina di ciò che scrivo. O almeno riconosco una parte di me o un me di un altro tempo, passato o futuro. Spesso mi capita di sfruttare consapevolmente questo legame tra la scrittura e la mia vita: da una parte ci rifletto e lo osservo dopo aver scritto, scoprendo e comprendendo aspetti e vissuti personali; d’altra parte, alle volte trasformo e metaforizzo nella storia emozioni e vicende tratte dalla mia esperienza. Trovo che questa sia una delle sfaccettature più belle, ricche e utili dello scrivere un libro.

6. Come mai hai deciso di scrivere fantasy e non un altro genere?

Credo che per ascoltare e rappresentare il mio mondo interno io abbia sentito il bisogno di pormi in un contesto che imponesse meno vincoli e mi garantisse maggior libertà rispetto a un’ambientazione “reale”. Considero logica, coerenza e verosimiglianza più che sufficienti per imbrigliare l’immaginario.

7. Pensi che il genere sia più adatto a raccontare la realtà rispetto al mainstream?

A mio parere, la realtà, la propria realtà e la propria visione della realtà, viene sempre in qualche modo rappresentata e raccontata, qualsiasi sia il genere del racconto o del romanzo che si sta scrivendo. La si può mostrare più o meno consapevolmente, più o meno esplicitamente, ma in qualche modo la si racconta comunque.

8. La narrazione simbolica, tramite immagini legate alla fantasia, è la modalità più antica di narrazione nella storia dell’uomo. Quale posto assegni alla narrazione fantastica nella vita d’oggi?

Come diamine rispondere? Questa domanda mi fa venire il capogiro. Mi ritrovo in un crocevia sotterraneo con una dozzina di cunicoli che si diramano in tutte le direzioni. Nel tunnel di fronte c’è un tizio secco secco che parla da sé, si gratta la testa pelata e fa su e giù col capo. Dal secondo fa capolino Gollum. A guardia del terzo qualche zombie di non so più quale film horror… Ah, sì, forse “La notte dei morti viventi”. Oltre la soglia del quarto tre uomini massicci e bitorzoluti stanno cuocendo un cinghiale su un falò. Mi pare che uno di loro si debba chiamare Berto. Vicino all’ingresso di una galleria alla mia destra vedo invece Pinocchio che passeggia per mano a Ulisse. Poco più in là un mezzo uomo. Sì, nel senso che c’è solo una metà di un uomo. Dev’essere il Visconte Dimezzato. Poveretto. Scuoto la testa, sollevo il capo. In alto la parete di roccia è tappezzata di manifesti con su scritto “Il Grande Fratello ti guarda”. Allora guardo a terra. Il pavimento è di vetro. E sotto c’è il mare. Uno strano sottomarino scandaglia il fondale, i suoi fari illuminano l’ingresso di una caverna subacquea da cui spuntano grossi tentacoli. Si tratterà di un Kraken o addirittura dell’immondo Cthulhu? Bellissimo, al centro della parete alla mia sinistra si è appena spalancato un baratro che si affaccia su una valle boscosa! In lontananza la sagoma mastodontica di un gigante Mordipietra, nel cielo si libra un’astronave. Ecco che da un tunnel sbuca il Lupo. Sta inseguendo Cappuccetto Rosso, che sento essersi appena nascosta alle mie spalle. Mi volto. La bambina è scomparsa. La cerco con lo sguardo. Oltre la soglia del cunicolo angusto che mi trovo di fronte, intravedo una stanza. Ci sono io, alla scrivania, di fronte al computer. Vado dietro a me stesso per vedere che cosa sto scrivendo. Digito sulla tastiera: “Come diamine posso rispondere?”

9. Veniamo alla tua tecnica. Come definiresti il tuo stile? In che modo si è formato?

Semplice e piuttosto asciutto. Sensoriale, soprattutto visivo. Alle volte un po’ sperimentale.

Ho costruito il mio stile, se di mio stile posso parlare visto che al momento è in continua evoluzione, leggendo molto e scrivendo molto. Negli ultimi quindici anni ho frequentato diversi corsi di scrittura e letto molti manuali di tecnica narrativa. Da un po’ di tempo a questa parte, quando leggo, se reputo ne valga la pena, cerco sempre di “accendere” un senso in più, rivolto al particolare modo di scrivere, alle scelte e alle tecniche dell’autore.

10. Trama o personaggio? Da dove parte la tua scrittura? E come si sviluppa, solitamente?

I personaggi sono ciò che più, nel mio mondo interno, scalpita per prendere voce e per essere narrato. Spesso sono loro che mi indicano le vie da prendere. D’altra parte subisco anche il fascino di eventi inaspettati o azioni curiose o cruciali, e allora lascio che siano questi elementi ad ispirarmi e a guidare la mia scrittura. Ad ogni modo, una volta che il romanzo ha preso il via, ci sono comunque esigenze dettate dalla trama.

11. Nella fase di correzione dei tuoi scritti, siano essi romanzi o racconti, ti riconosci sempre in ciò che hai scritto? E se questo non accade, sei tentato di modificare gli eventi narrati per adattarli maggiormente a ciò che tu sei? In altre parole: le tue storie sfuggono mai al tuo controllo?

Non direi che le mie storie sfuggano al mio controllo, visto che mi metto nelle condizioni per cui possano farlo. Direi piuttosto che tento di scrivere e mi trovo a scrivere lasciando che le storie prendano le proprie strade. Insomma, scrivo cercando di lasciare maggior libertà possibile ai personaggi, alla costruzione e allo sviluppo delle trame. Credo che sia questo, almeno per me, il modo più onesto e vero per raccontare una storia.

12. A cosa stai lavorando attualmente?

Al seguito dell’acchiapparatti. Titolo provvisorio: “Gùlghezac”.

13. E quali pubblicazioni hai in serbo per il 2011?

Per l’appunto il seguito dell’acchiapparatti.

Mille grazie, Francesco. E in bocca al lupo per il tuo futuro di scrittore!


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