Il punto della situazione sulla narrativa fantastica mediterranea


Iniziamo ricordando il punto al quale si era giunti. Lungi dall’avere la certezza che si potesse parlare di un genere a se stante e, anzi, con l’incertezza perfino sull’utilità della discussione, si potevano rinvenire sostanzialmente due filoni di pensiero.

Il primo indicava nel MedFantasy una possibilità di scrivere nuove storie fantastiche ispirate alle peculiarità del mediterraneo, in un apporto eterogeneo di leggende, suggestioni, miti e caratteri nazionali che potessero costituire il punto di partenza per uno sviluppo ulteriore di una narrativa differente da quella ispirata ai classici miti dell’Europa Settentrionale.

Il secondo vedeva nelle leggende italiane e, più ampiamente, mediterranee (ma anche nelle mitologie sviluppatesi attorno al Mare Nostrum e alle culture che da esse si sono sviluppate) un contenitore ambientale all’interno del quale far fiorire storie di carattere universale. Perciò va bene miti e leggende nostrani, ma considerati come “abiti” di narrazioni che potrebbero essere raccontate in qualunque altro contesto e, perciò stesso, valide e “nutrienti” per qualunque lettore del globo.

Devo essere sincero: non ho mai ben capito in cosa differirebbe una storia mediterranea da una storia settentrionale, se non nella forma e nei mezzi narrativi per raccontare un qualcosa che, invece, sarebbe presente sia nell’una che nell’altra. Ovvia conseguenza di questa mia difficoltà è che il sottoscritto, in quanto autore, si sia rispecchiato sempre in questo secondo filone e che abbia finito per parlare di “narrativa fantastica di ambientazione mediterranea” e mai in termini di genere o sottogenere. Per sgombrare il campo da qualunque incomprensione ulteriore e da ogni recriminazione futura, in questo articolo parlerò anche di ciò che propongo attraverso i miei scritti. Dunque citerò anche Storia di Geshwa Olers.

Nel corso di quest’anno di silenzio, ho sviluppato alcune convinzioni, complici gli sviluppi notati nel mondo editoriale italiano, relativamente al settore della cosiddetta fantasy.

Innanzitutto, pensare in modo così differenziato e, talvolta, contrapposto a “MedFantasy” e “narrativa fantastica di ambientazione mediterranea” non offre grandi possibilità di dialogare in vista di un approfondimento di tipo culturale. È sempre stato un mio pallino quello di voler proporre un confronto soprattutto di genere culturale, nella convinzione che l’Italia avesse molto da offrire in ambito fantastico soprattutto se avesse riconosciuto e studiato la propria tradizione letteraria, storica e artistica, e l’avesse riproposta rielaborandola. Prima di poter offrire opere incisive da un punto di vista letterario o significative per l’evoluzione del genere in Italia, è necessario un lavoro di studio e di approfondimento personale. La cultura dell’autore che propone deve comprendere i lavori degli autori che hanno già proposto in passato, alla ricerca di forme e tematiche da riprendere e far evolvere, esattamente come succede negli altri Paesi nei quali “fantastico” non è solamente un’espressione di meraviglia. Mettiamo al primo posto lo studio del passato, ponendolo a servizio della creazione del futuro attraverso le opere che noi, nel presente, proponiamo ai lettori. In questo modo, ogni considerazione sulle definizioni di “MedFantasy” o “narrativa fantastica di ambientazione mediterranea” risulterà solo successiva, e con ogni probabilità non ricercherà più la contrapposizione.

In secondo luogo, spesso ci troviamo a vivere in una sorta di limbo mentale, nel quale siamo convinti che ciò che facciamo oggi non abbia precedenti, e che siamo, in qualche modo, dei precursori, dei “padri fondatori” di un qualcosa che in futuro si svilupperà a partire dai nostri lavori. Niente di più sbagliato. Non solo rimasi stupito nello scoprire che la mia idea di una narrativa fantasy ispirata ai miti mediterranei era già stata messa in opera proprio dai primi fantasy presentati nel mondo editoriale italiano (mi riferisco a Zuddas e Pederiali), ma rimasi definitivamente a bocca aperta quando mi misi a leggere tutti i romanzi di Massimo Bontempelli (inizio del 1900). Nelle sue opere (forse poco conosciute a causa delle sue commistioni col fascismo, che tutto ha infettato come la peste, ivi compresa la considerazione successiva per opere letterarie di buon livello) sono già presenti molti degli stilemi della narrativa fantastica della seconda parte del secolo. Leggendolo si scopre come le sue storie abbiano anticipato il pensiero di una narrativa fantastica come medium conoscitivo della nuova antropologia, che si andava facendo strada in Europa. Paroloni per dire una semplice cosa: la narrativa fantastica ha dalla sua parte la eccezionale possibilità di raccontare l’uomo e la sua trasformazione, facendo leva su ciò che lo caratterizza nel più profondo e che permette di aprire delle finestre di significato: il simbolo. Ma ciò che più mi preme sottolineare di Bontempelli, è che per narrare le fantastiche imprese di un uomo qualunque (spesso e volentieri il protagonista è egli stesso!) fece leva sulla cultura e sulle elaborazioni artistiche che l’Italia andava proponendo e imponendo con la sua autorevolezza nei primi decenni del XX secolo. Basti vedere il bellissimo racconto “La scacchiera davanti allo specchio”, che si lascia permeare addirittura dalla metafisica di De Chirico, per non parlare de “La vita operosa”, nella quale la Milano di oggi cede il posto alle tribù che la originarono per trasformarsi, davanti ai suoi occhi, nella Milano del domani, fatta di grattacieli che crescono come alberi. Credo sia imperativo riscoprire il passato (e non solamente i soliti noti) per scoprire nuove vie.

Un esempio di lavoro che va in questa direzione è costituito dal volume Sàbja de Fek di Adriana Comaschi, raccolta di racconti antichi appartenenti al ciclo dei Fanes, ambientati nella zona dolomitica, oppure dalla serie di conferenze di Cesare Catà, l’assessore alla cultura del comune di Porto San Giorgio (FM), sulle leggende e le creature tipiche dei Monti Sibillini.

Detto questo, non si possono ignorare le opere già presenti, pubblicate negli ultimi anni, all’interno della nuova ondata fantasy che sta travolgendo l’editoria italiana. Non si può ancora parlare di grandi numeri se non in pochi casi, ma i segnali a favore di una rinnovata considerazione per la cultura nostrana ci sono tutti. Non parlerò più di Amazon di Zuddas e di Le città del diluvio di Pederiali, così come non farò riferimento alla Saga dei Rasna, ispirata al mondo etrusco, della Cerrino. Piuttosto possiamo rivolgere lo sguardo a Zeferina di Riccardo Coltri, che raccoglie le leggende tipiche del veronese e, più in generale, del nord-Italia, coniugandole in una via prevalentemente demitizzata, sfornando un dark-fantasy di indubbio interesse.

Antonia Romagnoli si è lasciata ispirare dalle vicende alchemiche avvolte in un mistero del tutto italiano per scrivere la sua “Saga delle Terre” (Il segreto dell’alchimista e I signori delle colline), nelle quali le trame di un mondo alternativo ma collegato al nostro si incrociano con quelle storiche di Raimondo di Sangro, portando a un fantasy che travalica i confini del genere. Francesco Dimitri rioffre in chiave moderna il mito del dio Pan, nel romanzo omonimo che ha segnato uno dei maggiori successi recenti nel genere, riscoprendo quanto di ancora vivo ci sia della tradizione classica nel nostro mondo. Cecilia Randall ambienta il suo ultimo romanzo fantasy nell’epoca rinascimentale italiana. Gens Arcana unisce la storia tipicamente italiana (nel periodo della Congiura de’ Pazzi a Firenze) alle sorti di sconosciute dinastie di Arcani. L’italica gloria Andrea Camilleri ci offre un trittico fantastico ambientato nella sua (e nostra) Sicilia, nel cui primo volume, Maruzza Musumeci, vengono rievocate le vicende omeriche, con le sirene protagoniste adattatesi ai tempi attuali; nel cui secondo, Il casellante, che riprende la storia da dove era terminato il precedente, si parla di una classica metamorfosi di una donna in albero; e nel cui terzo, Il sonaglio, la metamorfosi è di una capra in marchesina. Stefano Benni aveva già contribuito con la raccolta di racconti Il bar sotto il mare, nel quale fanno la loro apparizione tutta una serie di personaggi non particolarmente ispirati al leggendario italo-mediterraneo, se non in alcuni racconti. Licia Troisi, il vero fenomeno del fantasy italiano, propone la sua trilogia La ragazza drago, che unisce la mitologia norrena ad ambientazioni e situazioni tipicamente italiane (tra Roma e Benevento). Fabrizio Valenza (scusate se parlo di me stesso in terza persona, ma lo richiede il tono dell’articolo) ha pubblicato la “Storia di Geshwa Olers” con l’intenzione di offrire un’intera saga fantastica, che raccolga leggende italiane e mediterranee, offrendole in un continuum narrativo che ricrea la preistoria delle terre attorno al Mare Nostrum (nel Viaggio nel Masso Verde si parla di orchi, fade e anguane, nella Faida dei Logontras di benandanti e chimere, nel prossimo Cammino di un mago del cristiano Inferno, del greco-romano Erebo e delle veronesissime leggende della fada Aissa Maissa e dell’anguana Seralda, oltre che aver improntato all’alchimia sviluppata in Italia la struttura del sistema magico di Stedon).

Con questi esempi non voglio indicare scrittori che hanno voluto far parte di un filone. Anzi, ben pochi di quelli citati hanno parlato esplicitamente di Med-Fantasy e alcuni nemmeno sanno cosa si intenda con quel termine. Tuttavia, li ho voluti segnalare perché mi danno la possibilità di affermare che l’interesse della letteratura italiana verso il fantastico aumenta, e che, spesso, è un interesse che volge a ciò che l’Italia ha di più tipico da offrire: luoghi, personaggi, storie e leggende che del nostro paese hanno fatto la grandezza. A distanza di oltre un anno dall’ultimo articolo che scrissi sulla narrativa fantastica di ambientazione mediterranea i fatti sembrano darmi ragione. La ricchezza della nostra tradizione viene scoperta sempre di più, la via italiana si delinea con maggior forza e parlare di ciò che è nostro piuttosto che di altri diventa un processo del tutto naturale.

Forse è arrivato il momento che qualcuno inizi a investire seriamente e serialmente sulla narrativa fantastica di ambientazione mediterranea o MedFantasy che dir si voglia, con o senza trattino in mezzo.

FABRIZIO VALENZA


Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *