Stephen King – La storia di Lisey



Stephen King
Sperling & Kupfer, 2006
Pag. 619
Prezzo: 18€
Giudizio:

Trama.

Dopo venticinque anni di matrimonio con Lisey, il celebre scrittore Scott Landon muore. A vederli dall’esterno avevano tutto ciò che volevano, erano tutto ciò che gli altri potevano sognare. Segretamente, lui era un uomo complicato, seppur meraviglioso, con una pericolosa tara nel sangue.

Lisey si ritrova a dover riordinare lo studio dello scrittore ricavato in un ex-granaio, ed è lì che si mostra per la prima volta un fan violento e al limite della follia. Pretende di avere l’unico manoscritto di Landon non pubblicato, altrimenti tornerà e sarà lei a risponderne. Agghiacciata dalla minaccia che si è fatta tangibile, la donna decide di reagire. Non appena lo fa, il mondo segreto del marito defunto torna a galla, in tutta la sua virulenza, nella ricchezza primordiale di un Eden insieme minaccioso e fonte d’ispirazione. E lei non ha che da imparare e ricordare, per rientrare in possesso di un legame che non verrà mai meno, più forte della morte.

In un’intervista rilasciata a Keith Blackmore nel 2006, Stephen King racconta come il romanzo non lasci trasparire nulla di ciò che è accaduto in America dopo l’11 settembre per il semplice fatto che “si tratta di un libro talmente interiore che il mondo esterno non interferisce mai con ciò che accade nella loro vita. L’idea del libro era che si concentrasse in modo particolare sulla loro (di Landon e della moglie, n.d.a.) esistenza interiore. In questo senso è più una canzone che un romanzo. È come una canzone di musica country. L’idea è sempre stata questa, volevo che sui lettori avesse lo stesso effetto di una bella ballata di musica country. Che facesse un po’ male al cuore. E per riuscirci, non si può deviare troppo dall’idea di base” (Intervista rilasciata a The Times, London, nel 2006 e riproposta in Italia da La Repubblica).

Di cosa parla? La storia di Lisey si inserisce nel filone dei libri che parlano di scrittori di successo. C’è un pazzo, un certo Dooley, che vuole impossessarsi delle cose che Landon ha lasciato da morto, tra le quali – forse – un manoscritto residuo e non pubblicato. Per come è impostato il romanzo fin dall’inizio, questa potrebbe sembrare la storia principale che è narrata in oltre 600 pagine di sentimenti e dolori casalinghi e matrimoniali.

Poco alla volta, però, la storia centrale sale a galla, e si scopre che parla di ciò che accadde a Scott Landon nella sua infanzia, di come suo padre fosse un invasato e di come uccise l’altro figlio. Per reazione, Scott imparò a confinare sempre di più il proprio mondo interiore e la propria eredità di sangue, fino a quando non incontrò colei che sarebbe divenuta sua moglie.

Uno dei suoi romanzi più complessi sotto molti punti di vista: trama apparentemente semplice, in realtà costruita a cerchi concentrici che tornano sempre allo stesso punto, restringendo (o allargando) sempre più la visuale; un mondo alternativo descritto non tanto per immagini, bensì soprattutto per sensazioni ed emozioni; linguaggi diversificati a seconda dei protagonisti, con ulteriore creazione di un linguaggio privato, casalingo, famigliare, che il lettore impara passo dopo passo, man mano che s’addentra nella storia; un matrimonio mostrato per come esso è realmente nella maggioranza dei casi, sequela di luci e ombre, di problemi e quotidianità, di egoismi e virtù, di cose dette e non dette. È un mondo reale, quello di cui King parla in queste pagine.

Come in un gioco ad incastro, proseguendo nella lettura si scopre che la storia centrale, ancor più centrale del racconto dell’infanzia dello scrittore, è quella di Lisey e di come Lisey salvò ripetutamente il marito dalla morte. Non per niente, il titolo della storia si concentra su di lei. È La storia di Lisey, e non La storia di Scott, o Booya’moon! Dirò di più, e lo faccio a singhiozzo, com’è – tutto sommato – la struttura di questo romanzo fintamente semplice, ma complesso nel profondo: è la storia di Lisey e di come il suo matrimonio sia stato difficile, racchiudendo al suo interno luci e ombre; di come Scott stesso abbia tentato più volte di convincere la moglie a non seguirlo nella sua follia; di come lei stessa, dopo la morte di Scott, abbia tentato di dimenticare e cancellare ciò che più le ha fatto male. Ed è a questo punto che intervengono le briciole lasciate dal marito.

Booya’moon. Prima lo stato catatonico della sorella Amanda, poi la persecuzione ossessiva di Dooley, infine una serie di eventi straordinari, attirano sempre più l’attenzione di Lisey sulla realtà nascosta, sull’altrove che di tanto in tanto fa capolino nella sua vita attraverso specchi e ombre, permettendole di accedervi per trovare rifugio, per cercare protezione, con l’avvertenza di rispettare il calare delle giornate, evitando l’allungarsi delle ombre. Booya’moon. Il percorso costruito dal marito prima della sua morte nel corso dell’intera esistenza matrimoniale, è costellato di bool di sangue, fatti che chiamano in causa la linfa vitale della famiglia Landon, per la morte o per la vita. Lungo questo percorso fatto di ricordi, Lisey si ritrova sempre più ai margini della sua vita apparentemente normale, per riscoprirsi sul sentiero di un mondo che è sempre stato parte della loro condivisione, ma che lei ha tentato in tutti i modi di dimenticare. Una personale follia del marito o la tangibile alterità della realtà: comunque la si voglia vedere, Booya’moon rappresenta il mondo dell’artista, sia esso scrittore, pittore, musicista o chissà quale altro genere di pazzo.

Il mondo dello scrittore defunto, Booya’moon, è personale e alternativo, popolato dagli incubi e dalla forza vitale di uno scrittore del tutto peculiare. È fatto di colline viola, di ombre che vagano e di tombe degli affetti defunti, di viali che mantengono al sicuro e di foreste di morte. E con una grande «pozza delle parole», cui poter attingere per creare e illudere, posta al centro del mondo.

Un aspetto non marginale, che lascia meravigliati, è il linguaggio del romanzo ad alto tasso di sperimentazione (stiamo parlando di un romanzo scritto alla bella età di 58 anni, non 25): capitoli terminati con frasi in sospeso, pensieri che si moltiplicano tra parentesi, differenti piani di linguaggio famigliare, gerghi personalizzati e, stando a quanto afferma Wu Ming 1 in un articolo apparso su L’Unità nel dicembre 2006, “King si sofferma molto sulle differenze tra accenti e pronunce del Maine, della Pennsylvania e del Tennessee” (L’articolo è riproposto sul portale Carmilla on line, con il titolo Stephen, Lisey e la complessità pop).

Se qualcuno nutre ancora dei dubbi sulla genialità e l’altissimo livello di questo scrittore, è pregato di prendere in prestito il libro in biblioteca (se proprio non vuole comprarlo) e di leggerlo con occhi vigili.

FABRIZIO VALENZA


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