Stephen King – DUMA KEY


DUMA KEY
Stephen King
Sperling & Kupfer, 2008, collana: Narrativa
Pag: 743 Prezzo: 19,90 €
Giudizio:

Un terribile incidente menoma gravemente Edgar Freemantle, imprenditore edile. Il trauma subito, legato in particolar modo all’amputazione del braccio, gli manda in tilt il cervello. Perde il lavoro, la moglie e la normalità e ciò che gli resta una volta uscito dal tunnel nero dell’incidente è rabbia cieca. Lo psichiatra gli consiglia di trasferirsi a migliaia di chilometri di distanza dalla sua vita passata, per prendere coscienza del cambiamento. Duma Key, lussureggiante isoletta incontaminata al largo della Florida, diventa la sua meta. Ha il tempo per riflettere, ha il tempo per capire cosa gli è successo, e ha il tempo per riscoprire un’antica passione: la pittura. Il fatto curioso è che come primo soggetto dei suoi quadri si evidenzia la sagoma scura di una nave, che si staglia sul mare al tramonto. Poi fa la sua apparizione una bambina immersa nell’acqua e circondata da palline di tennis, che dà le spalle allo spettatore. In breve tempo le curiose suggestioni del paesaggio cominciano ad assumere significati sinistri, e i sogni si trasformano in visioni agghiaccianti. Edgar scopre di essere un eccellente artista e i suoi quadri trovano ben presto un ottimo piazzamento sul mercato dell’arte, ma l’insospettato talento nasconde qualcosa: i suoi dipinti possono influenzare la realtà. Ormai è certo che qualcosa si stia servendo di lui per liberarsi e uscire allo scoperto. Mentre la nave nera si fa nei dipinti sempre più vicina e minacciosa, Edgar conosce l’anziana Elisabeth Eastlake, proprietaria dell’isola e vittima a sua volta, da piccola, della medesima possessione che sta esperendo Edgar. Quando il passato della donna sale in superficie e i fantasmi della sua infanzia cominciano a manifestarsi, rivelano in modo devastante la loro pericolosità.

L’amputazione.

Fin dall’inizio l’esperienza di Edgar è caratterizzata da una sensazione al limite tra l’effetto psicologico e il sovrannaturale, quella di avere ancora il braccio che gli è stato amputato. Il pesante trauma psicologico, che si trova costretto ad affrontare e che porta la moglie ad allontanarsi da lui, investe innanzitutto la sua sfera linguistica. Le parole gli sfuggono e si sostituiscono l’una con l’altra, mentre istinti omicidi si riversano sulla moglie. Prima tenta di soffocarla e poi di accoltellarla. Quando comincia a recuperare la capacità di dare un nome alle cose, altre porte si sono aperte a livello extra-sensoriale. Lo sfasamento mentale legato al trauma fa sì che Edgar venga spinto al limite del possibile. A ben vedere, il vero motore di questa trasformazione è forse la voglia di tornare a essere ciò che era prima dell’incidente, il desiderio di tornare a un passato per sempre irraggiungibile, un desiderio castrato con conseguenze gravissime sui suoi affetti famigliari, e che costringe la sua mente ad aprire nuove porte per ottenere – sembra – l’approvazione di chi lo circonda.

Trasferitosi a Duma Key su suggerimento della sua terapista, scopre di avere grandi capacità pittoriche e un desiderio travolgente di esprimersi per immagini, facoltà che gli derivano l’ammirazione degli abitanti dell’isola e della vicina terraferma.

Il trauma fisico che favorisce la scoperta di nuove capacità o l’emersione di capacità nascoste non è un tema nuovo per Stephen King. Già in Carrie, il suo primo romanzo pubblicato, la protagonista riusciva ad aprire definitivamente la porta alle sue capacità psichiche per via della prima tardiva mestruazione, per lei risultata scioccante a causa della soffocante impronta religiosa ricevuta dalla madre e delle vessazioni subite dalle compagne di scuola. Ne La zona morta, in seguito a un incidente sul ghiaccio nel quale batteva la testa finendo all’ospedale e sopravvivendo a un pericolosissimo trauma cranico, il protagonista Johnny riusciva a prevedere il futuro toccando oggetti e persone. Perciò non abbiamo a che fare con un tema nuovo.

Nuovo, piuttosto, è il modo in cui King lo sfrutta.

L’acquisita capacità artistica, legata al vaticinio del futuro, è una forma di sfogo irruento e carico di conseguenze drammatiche. In questione è il rapporto particolare e pericoloso che si viene a creare tra Edgar, la casa rosa in cui soggiorna su Duma Key con ciò che essa contiene, la proprietaria della zona Elizabeth Eastlake, e tutte le persone care al protagonista (compresa la ex-moglie e le due figlie).

L’arte è estro, si sa, ed è anche follia, oltre che, per un lungo periodo della nostra storia, vaticinio. La capacità psichica si manifesta in Edgar già prima che si scopra in grado di dipingere come i migliori pittori contemporanei. I due tentativi falliti di uccidere la moglie prima del divorzio sembrano rientrare nella spinta del dàimon che palpita dentro di lui e che, in seguito, prenderà sempre più forma una volta che si troverà sull’isola.

Attraverso la pittura Edgar ricostruisce la sua storia, la sua identità, arricchendola di un futuro possibile fatto di fama pittorica. Poco alla volta scopre che il suo percorso è simile a quello vissuto dall’anziana proprietaria dell’isola, Elizabeth Eastlake. In un connubio con il badante della donna, Wireman, che sa tanto di “noi, i ragazzi di un tempo che fu”, Edgar si avventura alla scoperta di ciò che si cela dietro i suoi attacchi d’arte, così improvvisi da essere irresistibili a causa del pizzicore che si diffonde nel braccio amputato. Le cose si complicano quando l’entità che si nasconde dietro questa “seconda vita artistica” tenta di prendere il sopravvento sulla sua prima vita e su tutti coloro che gli stanno attorno.

Forse la seconda parte del romanzo è quella più debole, con il ricorso che l’autore fa al lato pratico di una magia che sa di woo-doo visto ormai molte volte. Ma la capacità di Stephen King di andare oltre la storia, gettando stralci di futuro in una storia che potrebbe concludersi con la vittoria sul male, fa di questa storia l’ennesima narrazione riuscita del cantore dell’horror della quotidianità. Il romanzo nel suo complesso merita indubbiamente quattro stelle su cinque.

FABRIZIO VALENZA


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