Prince of Persia


PRINCE OF PERSIA – Le sabbie del tempo
di Mike Newell
con: Jake Gyllenhaal, Ben Kingsley, Gemma Arterton, Alfred Molina
Titolo originale Prince of Persia, the sands of Time
Azione, durata 127 min. – USA 2010.
Walt Disney
Giudizio:

I videogame incontrano il cinema. Ancora una volta.

Prince of Persia – Le sabbie del tempo prende il nome e parte della trama dal primo capitolo della serie di videogiochi omonima della Ubisoft. Non è il primo soggetto che passa dalla console alla macchina da presa, eppure non è esente da una qual certa originalità, o meglio, di rispettabilità. Ogni regista che fa propria una cospicua serie di concetti, personaggi, plot e avventure, sceglie come e con che tocco avvicinarsi a un linguaggio tanto complesso e diverso quale può essere quello del videogame.

Come lasciare immutato il fascino di un videogame eliminando la componente fondamentale che lo contraddistingue? L’interattività? Sì, perché nei giochi d’avventura dinamica è il fruitore a muovere il personaggio, farlo saltare, strisciare, correre, schivare pallottole e affondare la spada, e se sbaglia viene ucciso e può ricominciare. Ma è sempre lui l’artefice del destino del suo avatar digitale. È questo che rende un videogame un mezzo d’intrattenimento peculiare, che genera fanatismo globale e feticismo. Tutto quello che vi si costruisce attorno – storia, ambientazione, combattimenti – partono da questo presupposto: l’interattività.

In un film si elimina questo aspetto, e si prende tutto ciò che vi è attorno. Molti di questi adattamenti sono operazioni commerciali mirate a catturare il fanatismo o il feticismo (può essere il caso di Hitman, Doom o l’annunciato World of Warcraft) . Alcuni registi invece portano su pellicola personaggi dalle storie tormentate e gli danno nuova luce,  è il caso di Max Payne o Resident Evil. Oppure si può puntare alle ambientazioni fantastiche, al mix di filosofie convogliate in un videogioco come Final Fantasy.

Ma quand’è che film e videogame formano un’accoppiata perfetta? Quando il fascino dell’interattività viene sostituito con una buona dose d’azione e suspance, quando il gioco del destino non è così prevedibile e quando un eroe invincibile nella console diventa vincibile su pellicola. E l’arte cinematografica cosa può aggiungere? Tutto ciò che un videogioco tralascia o al quale il giocatore, impegnato a superare enigmi e combattimenti, non è interessato. In altre parole al background della storia, dei personaggi e delle ambientazioni.

Dove si colloca Prince of Persia? In questo ultimo ambito. Credo che il film sia l’unione perfetta.

Ho giocato qualche livello proprio del primo capitolo e ho ritrovato in moltissime scene d’azione le esatte mosse e combinazioni di movimenti che permettevano all’eroe di pixel di aggrapparsi a pioli che emergono dai muri, corde sospese e pali altissimi, nel pieno stile del gioco. Ma queste sequenze non sono mai fini a se stesse, sono tante – forse troppe, è vero – ma si fondono con la teoria della sceneggiatura americana che vuole un certo colpo di scena in quel punto preciso, che standardizza una sconfitta o una vittoria come giro di boa per l’atto della trama che seguirà.

Dal punto di vista delle storie i personaggi risultano ben costruiti, hanno caratteri forti e volubili, umani, che interagiscono con la trama dando luogo a una serie di tradimenti e svolte a sorpresa che rendono una pellicola degna dell’intrattenimento a cui è destinata.

Bravo Jake Gyllenhaal alla sua prima prova da supereroe pompato, che si porta dietro un discreto bagaglio attoriale permettendogli di dare quel necessario spessore a un personaggio di pixel prima ancora che di celluloide.

Convincente anche lo shakespeariano Kingsley alle prese con la parte del traditore da manuale che trama nell’oscurità con spirito vendicativo.

Ma più di tutti il plauso va a Mike Newell, ormai non più solo maestro della commedia romantica alla 4 matrimoni e un funerale ma che ha saputo dire la sua in materia di blockbuster con un convincente capitolo della saga potteriana. Qui Newell fa un sapiente uso dei mezzi tecnici, delle panoramiche, delle ricostruzioni 3D e delle onnipresenti sabbie, croce e delizia della vita desertica dei persiani.

Lo sforzo produttivo richiesto da una pellicola ad alta spettacolarizzazione come questa è ben impiegato a favore di tutti gli elementi che contraddistinguono un buon film tratto da un buon videogioco. E sono sicuro che il box office gliene darà ragione.

Fabio Cicolani


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