INSeCTA: ERRORI DELLA SCIENZA O COLPA DELL’UOMO?


Leggere INSeCTA è stata una sorpresa. E’ stato un momento veramente entusiasmante. Gianrico Gambino fa parte di quella folta schiera di autopubblicati che, più o meno giustamente, possono essere considerati veri artigiani dell’editoria. Non voglio aprire un dibattito o una disquisizione sugli autopubblicati, ma voglio certamente dire che nel caso di Gianrico Gambino, per INSeCTA, qualche editore ha perso una ottima occasione.

insecta

 

Quattrocento anni. L’evoluzione chiede un suo tributo di tempo e questo è quanto è servito perché venisse sovvertita la catena alimentare del nostro pianeta. Non senza il necessario contributo dell’uomo.

R. – Non è solo una questione di catena alimentare., bensì di hubris. Una tracotanza di cui i protagonisti umani non sono nemmeno consci alla fin fine. Comunque sì, l’evoluzione sovvertita era un punto che trovavo intrigante mentre scrivevo. Tutti i libri fantascientifici usualmente propongono delle visioni future dell’uomo, alcuni anche evolutivamente parlando (vedere alla voce Asimov). Io ho provato a ribaltare il trono su cui siamo.

Al di là delle motivazioni che ti hanno indotto a scrivere questo libro, di cui parleremo, avverto un forte messaggio sociale, qualcosa che va oltre al semplice “No Racism”, ma proprio una speranza che l’equilibrio di un mondo possa essere qualcosa che va oltre uno stimolo o un istinto. L’esistenza di una ragione, presuppone di poterla usare.

R. – Senza un messaggio un libro è un contenitore vuoto dalla dubbia utilità. Onestamente non ho pensato a tavolino al contenuto sociale. Si è manifestato come naturale estensione nella narrazione della mia storia e delle mie convinzioni personali. Ritengo che la ragione (che differenzio dal razionalismo) sia una delle poche cose che davvero ci distinguano dagli animali. E su questo punto nel libro si batte molto, per motivi che non voglio anticipare per non far spoiler indesiderati. Quanto al razzismo lo trovo intollerabile, io sono cresciuto nella Torino che guardava noi terroni con disgusto e ci chiamava (e ci chiama ancora ahimè) i Napuli.

Ormai i lettori più affezionati lo sanno. Cerco il già visto. Sul romanzo niente da dire, a meno che non vada con la memoria a film degli ultimi anni settanta, ma l’influenza di un “certo” Stephen King (Non spoileriamo) e di un più recente “Starship Troopers” di Heinlin mi sembra evidente. Ne potrebbe essere il seguito naturale!

R. – E qui devo dire che non avevo colto il riferimento a King, che non è tra gli autori da me più amati. Anche perché l’opera cui ti riferisci l’ho letta un eone fa e se riferimento ci fu, fu assolutamente inconscio. Quanto al riferimento a Starship Troopers mi hai beccato anche se costituisce un punto iniziale, una sorta di splash page, ma non hai visto la mia citazione e il mio omaggio più sentito alla mia autrice preferita, Marion Zimmer cui ho dedicato almeno un paio di aspetti del testo, vediamo se li becchi.

In tutto questo dovrai comunque spiegare ai lettori … “I pinguini del Madagascar!”

R. – Porca miseria, mi hai beccato ahahah, volevo inserire qualcosa di divertente. Lo stereotipo del soldato, a partire dai nomi. E siccome un Rico c’era anche in Starship Troopers, mi son detto “son perfetti, perché non usarli”? E quindi ecco Rico, Kovalsky, Skipper e Soldato in azione.

Lascio a te riassumere una brevissima sinossi.

R. – Ah! Fetente. Siamo nel 2477, ma non ditelo ai personaggi che non ne hanno idea. Gli umani hanno perso il dominio del pianeta e vivono sottoterra in un’enorme caverna chiamata Nido di Ferro. Gli insetti, che si sono evoluti in bestie gigantesche e intelligenti, sono al vertice della catena alimentare. Da quattrocento anni gli umani sono costretti a nascondersi e fuggire per non essere massacrati, avendo perso la propria tecnologia e la propria storia. Tuttavia, adesso si manifesta una nuova speranza, ma se dico una sola parola in più si configura il reato di spoiling. Quindi mi avvalgo della facoltà di tacere.

Torniamo al serio… l’unica alternativa alla politica e alla religione è la guerra? Perfino gli insetti o … (non spoileriamo) si avvalgono di questi “Oppio dei Popoli”, ma senza successo! Almeno non completamente. Alla fine la vera forza che unisce è “il non sapere”?

R. – Più che il non sapere, il suo opposto la volontà dei protagonisti di capire il loro posto nella storia di cui non avevano alcuna coscienza, a prescindere dalle razze. Sulla religione ho voluto esprimere una posizione critica, sebbene io sia un credente, è vero. I motivi sono molti e probabilmente legati agli scandali che si stavano vivendo nel periodo in cui ho scritto INSeCTA e cioè il 2009-2010. Quello che stava venendo fuori allora non era assolutamente accettabile.
Quanto all’alternativa, forse non la guerra in sé, che è MaLe, ooops, quanto la guerra come movimento. Il libro è movimento. Tutti partono da un proprio ben definito punto di vista e se lo ritrovano sconvolto.

La vera minaccia alla nostra evoluzione, alla fine, non è la guerra, e nemmeno l’ignoranza, ma proprio la conoscenza: la scienza.

R. – Alcuni aspetti della scienza sono inquietanti. Non in quanto la scienza sia un male in sé e per sé. Bensì in quanto spesso siamo come bambini con una spada laser in mano. È elegante, diceva Obi Uan, per tempi civilizzati, appunto, mettila in mano a incivili e viene fuori un macello. Quindi la vera minaccia all’evoluzione è l’uso che facciamo delle nostre incredibili capacità. La scienza è un’arma inconsapevole, più o meno…

L’uomo ne esce come la razza peggiore. La solidarietà da “Branco” degli insetti non esiste tra gli uomini, dove il benessere del singolo o dei pochi è scelto a rischio dell’estinzione di interi gruppi di “superstiti”.

R. – Diciamo che l’uomo che sta all’origine di tutto ne esce con le ossa rotte, cioè noi. I protagonisti forse temprati da quattrocento anni di lotta per la sopravvivenza hanno acquisito la capacità di capire, non tutti sia chiaro e infatti il MaLe ringrazia caldamente. Gli insetti stessi non ne escono benissimo, si salvano solo grazie a… eh no qui devo tacere. Credo che alla fin fine io mi possa ancora dire fiducioso.

Programmi futuri?

R. – Tanti. Concludere questo racconto, in primis. INSeCTA è una duologia. Avrei voluto farlo autoconclusivo, ma sarebbe venuto un tomo da novecento pagine ho avuto pietà dei lettori, anche perché il secondo inizia sette anni dopo. Lo sto attualmente scrivendo e sono grossomodo poco oltre la metà. Mi piacerebbe trovare un editore che creda in questo progetto e iniziare a scrivere con maggiore regolarità: le idee non mancano ho più o meno in testa la trama di altri tre libri, ma insomma ci va il giusto tempo e la giusta maturazione per migliorarsi. Quindi vincere la Champions senza farmi andare di traverso il Kebab…

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STILE E TECNICA
ORIGINALITA'
PERSONAGGI
GESTIONE DELLA TRAMA
COPERTINA
VOTO PERSONALE
Final Thoughts

Overall Score 4