Saving Mr.Banks La Recensione


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Alla Disney non mancano di sicuro le idee per autocelebrare il proprio impero. Con lo scadere dei quarant’anni dall’uscita nei cinema del classico “Mary Poppins” nel 1964, la major di Topolino, invece di rimettere a nuovo la storica pellicola – magari appiccicandoci sopra quel finto e fastidioso 3D postumo – e rispedirla nei cinema ad allietare le nuove generazioni (“che tanto lo passano in tv ogni Natale”) ha ben pensato di realizzare un film “tecnico-nostalgico”, ovvero la storia di come il primo romanzo della serie scritta da Pamela Linda Travers sia stato trasposto per il grande schermo. Una vera guerra per la cessione di diritti, fatta di piccole e insidiose battaglie quasi sempre vinte dall’irritante autrice, che, di vedere la sua Mary Poppins zompettare e gorgheggiare in Technicolor con animaletti animati e filastrocche, proprio non ne voleva sapere.
In preparazione dell’uscita del film, ho letto proprio quel libro, ansioso di esplorare il livello di edulcorazione iniettato da Walt Disney in persona con un grosso siringone di zucchero filato rosa.
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In effetti, con la Mary Poppins che tutti conosciamo e amiamo, quella di P.L.Travers c’entra poco. Per meglio capirla, la postfazione all’edizione del romanzo riedito da Rizzoli, ci racconta di cosa rappresentasse un’educatrice nell’Inghilterra del primo ventennio del secolo. Una figura rigida e austera, poco avvezza a canzonette, dolcetti e sorrisi. Ed è così che ce la racconta la Travers, con un retrogusto amaro che ti si attacca al palato.
Ma agli americani, si sa, le tate cattive, proprio non vanno giù. Ed ecco arrivare sullo schermo il volto angelico e l’ugola d’oro di Julie Andrews, allora semisconosciuta al grande pubblico ma star dei palcoscenici londinesi.
Fonti certe dicono che l’autrice si oppose alla scelta dell’attrice e che digerì a fatica l’opzione Dick Van Dyke. Ma nonostante la sua rigidità e i muri alzati attorno al suo mondo – più emotivo che narrativo – alla fine la Travers dovette cedere all’insistenza e al carisma seduttivo di Walt Disney. Il film uscì nelle sale così come il magnate della fantasia lo voleva, lasciando che l’autrice lo detestasse fino al midollo, tanto da chiedere, al ricevimento con la stampa per la prima «Siamo ancora in tempo per rifare tutto?».
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Il film racconta proprio questa battaglia all’ultimo ritocco dello script, con una magistrale Emma Thompson nel ruolo dell’autrice acida e prepotente e un azzeccato Tom Hanks nei panni inamidati dell’iperattivo Walter Disney.
La ricostruzione storica dei primi anni sessanta è impeccabile perfino nella riproduzione del parco in Florida così come appariva all’epoca. La regia è spesso invadente, alternando reiterati flashback sull’infanzia dolorosa della piccola Travers, allora semplicemente Elen Groff, molto legata a un padre magico con i figli e tragico nella vita e nel lavoro, troppo attaccato alla bottiglia e morto di cirrosi epatica.
Chi ha avuto la curiosità di spulciare tra gli annali e nei documentari sa che Walt Disney, il vero signor Disney, non era semplicemente il giocoso sognatore che tutti conosciamo, era anche un uomo prepotente e calcolatore. Sono celebri gli scioperi degli animatori dei suoi studios per gli orari di lavoro massacranti e il suo atteggiamento da schiavista al quale sottoponeva i suoi dipendenti. Disney era stato un accorato maccarthista, persecutore di comunisti ed esponente della “caccia alle streghe” del ventesimo secolo che aveva messo alla gogna lo spauracchio del comunismo figlio della Guerra Fredda.
Un’altra operazione di edulcorazione riuscita, quindi, nella quale i buoni sentimenti trionfano assieme al magico operato della storica major che così tanto ha dato ai bambini e tanto ha anche tolto, come il piacere per la verità, l’orrore che fa parte della vita e delle fiabe originali, quelle vere.
Il film ci priva quindi anche dell’immagine di un personaggio che oltre alla polverina magica nascondeva nelle tasche di quei bei completi su misura anche la cenere di una realtà non sempre così scintillante.
«È questo che facciamo noi narratori, ristabiliamo l’equilibrio dei ricordi con l’immaginazione» dice Walt Disney in una delle scene conclusive alla recalcitrante P.L. Travers.
E alla fine la frase chiude il cerchio alla perfezione e permette di apprezzare una pellicola nata non per raccontarci una storia affascinante nella sua verità, ma fantasticamente verosimile, con una magica spolverata di buon cinema e bravi attori.

sceneggiatura e dialoghi
Fotografia e Ricostruzione storica
Cast
Regia
voto personale
Final Thoughts

Overall Score 3.7