Deborah Epifani e Le leggende di Aron… è tutto un altro mondo!


Intervista a Deborah Epifani

Le leggende di Aron… è tutto un altro mondo!

A cura di Anna Giraldo

Quando si legge il primo libro di una saga di un esordiente si corrono svariati rischi.  Ma leggendo Il segreto degli Undici, primo capitolo della saga Le leggende di Aron di Deborah Epifani (Linee Infinite edizioni), mai avrei immaginato che il rischio fosse quello di terminarlo con il desiderio di correre in libreria a comprarne il seguito, cosa che, purtroppo, per ora non si può fare.

Aron Tùlsamir, un adolescente nato e cresciuto nel piccolo paradiso di pescatori dell’Isola di Tùlbay, è orfano di padre ed è legato alla madre e alla sua terra da un affetto profondissimo. Nella notte precedente il suo quindicesimo compleanno e la sua ammissione nel Consiglio di Germogli, qualcosa di orribile stravolge la sua vita. Uscito durante una tempesta per aiutare alcuni compaesani in difficoltà, Aron si imbatte in una misteriosa ombra nera e viene ritrovato privo di sensi e febbricitante. Al risveglio a casa egli scoprirà che sul suo petto è comparsa la runa proibita, il marchio dei maghi Oscuri. Frastornato e inconsapevole del motivo per cui ciò è accaduto, viene bandito dalla sua terra e abbandonato su uno scoglio nero e deserto sperduto in mezzo al mare.Ma leggendo Il segreto degli Undici, primo capitolo della saga Le leggende di Aron di Deborah Epifani (Linee Infinite edizioni), mai avrei immaginato che il rischio fosse quello di terminarlo con il desiderio di correre in libreria a comprarne il seguito, cosa che, purtroppo, per ora non si può fare.

Iniziano con una serie di catastrofi le avventure di Aron, subito preda dei pirati, con l’unico sollievo delle cure di Tisbe, fanciulla coraggiosa del popolo degli Auleantini, raccoglitori di erbe e guaritori. In seguito egli viene dato in dono al malvagio Nebuk, mago appartenente alla cerchia degli Oscuri, che lo tortura per ottenere il suo segreto. Perché Aron, diventato Oscuro senza averne alcuna colpa, racchiude in sé un mistero: nessuno è in grado di vedere la sua aura di magia. Ciò che invece egli vede bene è la presenza costante al suo fianco di una pantera nera fatta di ombra, indisponente e spaventosa.

Salvato in fin di vita dalla maga Bianca Gwinever e dal Paladino della Luce Gilian, Aron giunge finalmente in luoghi più confortevoli: la fattoria di Gilian, dove la maga diventa la sua Magistra e gli insegna, nonostante la sua natura Oscura, a usare la magia, e dove conosce la bella mezzaninfa Nephele, forte al punto di abitare da sola nella foresta, ma anche fragile e desiderosa della sua compagnia. Finché sarà convocato nella città/agorà di Irìsia, nella Sala dei Simboli, a testimoniare contro il suo torturatore Nebuk e tutta la vicenda assumerà risvolti inaspettati e sorprendenti.

Il segreto degli Undici è una storia complessa di eventi, luoghi e personaggi, raccontata con semplicità e maestria e se il primo dovere di un fantasy è quello di portarti via, nel suo mondo fantastico, questo ci riesce in maniera egregia.

Una mappa disegnata all’inizio del libro ci illustra il continente in cui si muove Aron, nato nell’Isola di Tùlbay, al largo del Mare di Islyar, poi ostaggio su una nave pirata, quindi prigioniero nelle segrete del castello di Nebuk, poi ancora nella fattoria fiabesca ai lati del bosco, ospite di Gilian e Gwinever e nella città di Irìsia, dai tratti decisamente medievali. Ma non c’è alcun bisogno di una mappa per orientarsi nel mondo creato da Deborah Epifani perché è la scrittrice stessa a guidarci e a mostrarci i luoghi in modo dettagliato.

È bello e ricco anche il cast dei personaggi e delle comparse, nel quale è di grande rilievo la mescolanza di razze, usi e costumi: un mondo vivo e pulsante esce dalle pagine e popola la fantasia del fortunato lettore.

Ogni nome in questo libro ha un volto e un carattere ben definito. Aron ha i tratti teneri e assieme tenaci di un ragazzino provato dal destino, ma forte dell’amore che la madre, prima, e la maestra Gwinever, in seguito, gli hanno saputo trasmettere. Dalla notte del temporale sull’Isola di Tùlbay, egli diviene inscindibile da Bruma, la sua pantera d’ombra, il suo animale totem, il suo Guardiano, con il quale intesserà un difficile rapporto, prima di diffidenza e paura, poi di comprensione e di complicità.

Gwinever, la maga Bianca che addestra Aron, è una trentenne indipendente e libera, forte della sua magia, saggia educatrice, ma anche donna, legata da un forte senso di amicizia a Gilian e tormentata da una forte attrazione/avversione per il mago Bianco Ren.

Gilian, Paladino della Luce, compagno di avventure di Gwinever, nonché fattore, è un fratello maggiore per la maga e un protettore silenzioso e un po’ scorbutico anche per Aron.

Nephele, figlia di una Ninfa e di un umano, è bella e intraprendente, dolce come la migliore delle amiche e determinata nella sua scelta di seguire Aron attraverso nuove avventure.

Ma l’universo di Aron è molto più di questo: è una kermesse di personaggi, di luoghi, di incanti in cui tutto ha un nome appropriato, un aspetto affascinante e una storia da raccontare.

Un nota di ammirazione personale va al personaggio (secondario) del gatto di nome Caos, mutevole persino nel colore della pelliccia, scostante ma a suo modo affidabile, che anima le giornate di addestramento di Aron alla fattoria di Gilian.

Vengono spontanei, per una “mangiapotter” come me, alcuni parallelismi con la storia del maghetto inglese più amato del mondo. Forse il più palese è quello della sfida proposta ad Aron, il quale si rivela una sorta di prescelto nella battaglia contro il male secolare che ha spinto gli Oscuri a contrapporsi ai Bianchi. Ma l’autrice ha avuto molta originalità nel delineare e ambientare la sfida e ha saputo dare risalto ad aspetti nuovi e coinvolgenti. E poi qualsiasi autore fantasy al mondo sarebbe ben felice di sentirsi dire che il suo romanzo ha convinto il lettore “come Harry Potter”. Sì, perché Il segreto degli Undici mi ha convinta come e quanto il capolavoro della Rowling.

Il segreto degli Undici, consigliato dalla stessa autrice ai ragazzi tra i 9 e gli 11 anni, a mio avviso è una lettura adatta a ogni età. Per me è stato difficile staccarmi da questo romanzo, a tratti ironico, mai noioso, capace di emozionare pagina dopo pagina. Una prima prova sorprendente!

Deborah Epifani, di origine salentina, vive in provincia di Verbania. Educatrice di professione, coltiva la passione per la scrittura e, pur essendo allergica ai gatti, li racconta con un’abilità davvero unica.

Il suo primo progetto letterario è la saga fantasy Le leggende di Aron, per la quale prevede la stesura di sei episodi.

Dopo l’uscita del primo libro, Il segreto degli Undici, Deborah ha iniziato anche a lavorare come editor per la Casa Editrice Linee Infinite e si cimenta come giornalista letteraria per la rivista Fralerighe, senza mai trascurare il suo blog: http://storiedellaltradeb.blogspot.com/.

Nella fervida attesa del secondo capitolo delle avventure di Aron, ho chiesto a Deb di raccontarci un po’ di sé, del suo libro e della sua passione per la scrittura.

  1. Deborah Epifani, Deb per gli amici, quanto amore si mette nelle proprie storie e perché?

Scrivo per un vero bisogno fisiologico, esattamente come mi serve l’aria per respirare. Sono anche convinta che l’amore e la passione sono ingredienti indispensabili per poter trasmettere ai lettori emozioni e non solo un insieme di parole; allo stesso modo aiutano – ma non sempre sono la chiave – le esperienze personali. Nel mio caso metto molto amore nei testi che scrivo. Il tutto deve nascere da dentro e l’ispirazione è il mio punto di partenza. Poi, però, bisogna tener conto che dall’altra parte ci sono i lettori. Io dico sempre che la giusta misura sta nei compromessi. Se si scrive qualcosa per se stessi, va benissimo. Magari possono nascerne pezzi inestimabili da best seller. Se invece si scrive qualcosa che si vorrebbe condividere, la storia cambia. Passione e amore, dunque, ma anche cura dei dettagli, studio e ricerca.

  1. Il tuo romanzo d’esordio è una storia che emoziona e trasporta in un mondo fantastico, studiato nel minimo dettaglio, nel quale ci si perde già dalle prime pagine. Quali sono le tue fonti di ispirazione e come hai creato un universo tanto coerente e dinamico?

Io stessa mi descrivo come un universo! Sono una salentina con il mare e il mediterraneo nel sangue, che però è sempre vissuta tra le montagne e i laghi a ridosso della Svizzera: due mondi più contrastanti di così! Ma io credo che sia anche questo, il bello che c’è ancora nella nostra Italia. Le mie fonti d’ispirazione, quindi, sono radicate nel contesto in cui sono nata e cresciuta, nei miei ricordi d’infanzia, nei profumi, nei sapori, nei cibi, nei volti, nei paesaggi e persino nelle inflessioni di due dialetti opposti. In sostanza, sono stata plasmata da due realtà differenti che, per fortuna, pare che su carta abbiano dato origine all’universo coerente e dinamico di cui parli.

  1. Il tuo mondo fantasy brilla infatti per il melting di razze che vi sono rappresentate. Il paradiso dell’isola di Tùlbay, che mi ricorda tanto la Polinesia, e la nave pirata su cui Aron viene trasportato, si mescolano con le ambientazioni di ispirazione medievale di Irìsia con le sue torri e la magniloquente Biblioteca, e la vita bucolica al margine del bosco, nella fattoria di Gillian e Gwinever. Io ho apprezzato molto questo Caos (passami il termine e la citazione), ma non hai temuto di essere criticata per aver fatto “strani abbinamenti”?

A dir la verità, ho temuto e temo moltissime cose riguardo al mio scrivere e alle mie storie. Sono una scrittrice entusiasta e meticolosa, ma anche consapevole di dover fare la mia brava gavetta. Però su questo aspetto in realtà non ho mai riflettuto. Come dicevo, io stessa sono molteplici realtà differenti… e il mondo in cui viviamo non è forse una magnifica tavolozza di colori?

  1. Possiamo affermare che Le leggende di Aron, del quale abbiamo letto il primo capitolo Il segreto degli Undici, sarà una saga “fantasy” nell’accezione classica. Perché, nell’epoca dei grandi amori tra creature soprannaturali, in cui molti raccontano di angeli, vampiri, licantropi, sirene, adolescenti e non, alle prese con il grande amore e avventure ambientate nel mondo moderno, tu hai scelto invece di “tornare” a questo genere?

Se ti dico che in questo caso non è stato un progetto ragionato, mi credi? (Ride).

Cerco comunque di rispondere: premetto che mi piace sperimentare, quindi non è detto che un domani mi cimenti in un filone del fantasy più recente. Nel caso di Aron è stata solo una scelta “naturale”, nel senso che i personaggi che avevo in mente, così come il loro vasto mondo, non avrebbero trovato posto in nessun altro filone. Niente vampiri, dunque, né licantropi o sirene. Tuttavia non mi sento di catalogare Le leggende di Aron come un fantasy puramente classico. Per esempio, non sono presenti elfi, orchi o nani, mentre ho preferito dare spazio a creature della cultura più mediterranea come le ninfe e i famigli – qui chiamati Guardiani –  che pochi sanno essere di derivazione romana, oppure a leggende legate al mare; ma per questo motivo non è nemmeno un med-fantasy, perché ho dato uguale spazio a tradizioni più nordiche. Diciamo che Le leggende di Aron è un romanzo dall’ambientazione medievale fantastica, con nuovi elementi dal sapore mediterraneo, rivisitazioni del nord Europa e il tono ironico della letteratura per ragazzi.

  1. Nel tuo romanzo ho letto, pur rivisitate con originalità, alcune reminiscenze potteriane e di altri classici del genere. Mi riferisco in particolar modo alla struttura della sfida contro il cattivo di turno e alla scelta, per ora solo accennata, che dovrà compiere Aron, il protagonista. A tuo avviso esistono dei principi cardine indispensabili al fine di costruire una storia fantasy?

Se pensi che il lunghissimo titolo della mia tesi di laurea è “Harry Potter e il calice di fuoco: l’amicizia in adolescenza. Alcuni spunti di riflessione pedagogica”, puoi immaginare che parlerei di questo argomento per ore. Ma finirei per annoiare anche me, quindi salto ai punti fondamentali: non credo che per scrivere una storia fantasy occorra necessariamente avere dei principi cardine, a parte uno, l’elemento fantastico. Detto ciò, sia Harry Potter che Aron hanno in comune una struttura fiabesca cara alla letteratura per ragazzi: c’è un eroe, spesso ignaro dei suoi compiti; c’è l’antagonista che mette puntualmente i bastoni tra le ruote; c’è la scelta; ci sono le prove da superare e ci sono i personaggi destinati a dare aiuto. Inoltre, sia Harry che Aron affrontano il passaggio dalla fanciullezza all’età adulta, proprio come nei romanzi di formazione. Aggiungi anche l’ironia, aspetto radicato nella mia persona, ed ecco gli elementi condivisi dalle due saghe. Per il resto… è tutto un altro mondo!

  1. Veniamo ai personaggi. Aron è un protagonista adolescente che si fa amare per il suo profondo dolore, per i dubbi, la fragilità ma anche per la spensieratezza. Da dove arriva Aron? Quali sono stati i tuoi modelli di riferimento e quanto invece viene da esperienze e osservazioni personali?

Credo di aver semplicemente messo su carta gli aspetti, negativi e positivi, di quest’età, prendendo spunto dalla mia esperienza personale, ma anche da quella di molti giovani con cui ho lavorato, condividendo storie, gioie, paure, scoperte, dubbi. Aron, in particolare, è un personaggio che avevo in mente da tantissimi anni. Probabilmente è stato un po’ come il mio amico immaginario, una figura che pensavo spesso di far vivere in una storia e che è cresciuto con me. Aveva persino nomi diversi, ma alla fine Aron – sì, scritto proprio con una “A” – è sembrato a entrambi il migliore.

  1. Accanto ad Aron c’è l’Auleantina Tisbe, dai capelli di fiamma, che fa una comparsata, ma spero vivamente di rivederla nei prossimi capitoli della serie. Ci sono la Magistra Gwinever e la mezzaninfa Nephele. Donne indipendenti e forti, pur dotate di femminilità e tenerezza, in grado di curare, addestrare, accompagnare Aron nelle sue avventure. Vuoi parlarcene?

Volentieri, e ti rassicuro subito dicendo che Tisbe tornerà nel secondo episodio, ancora più combattiva; ora sono giusto alla stesura dei pezzi che la riguardano. Lei, Gwinever e Nephele sono in effetti le figure femminili più importanti dell’intera saga, anche se non le uniche in programma; Tisbe è una coetanea di Aron, con capelli rossi e biondi, che a lui ricordano le fiamme, ed è la prima persona di pelle chiara che incontra lontano dalla sua isola. Nel primo episodio è una breve comparsa che però lascia il segno. Poi c’è Nephele, una mezzaninfa tanto bella quanto stravagante con cui il protagonista instaura fin da subito una profonda amicizia. Infine c’è Gwinever, una maga che addestrerà Aron andando non solo contro tutte le logiche della diversa natura che li caratterizza, ma anche contro la legge; lei è un personaggio essenziale. Gwinever, infatti, fa parte del percorso di crescita di tutti gli adolescenti, quando questi sperimentano il rapporto con altre figure di riferimento adulte al di fuori della famiglia. Gwinever non è solo un’insegnante di magia, ma anche e soprattutto una maestra di vita. Pur molto diverse tra loro, Tisbe, Nephele e Gwinever sono tre figure femminili forti e indipendenti… perché? Perché ci vuole del carattere per stare al passo di un tipetto come Aron!

  1. Da amante appassionata dei felini, vorrei che tu ci parlassi di quelli che descrivi con tanta maestria nelle pagine de Il segreto degli Undici. Già dalla copertina vediamo una pantera d’ombra, la bellissima Bruma, e poi tra le pagine scopriamo un gatto di nome Caos, adorabilmente “gatto” nell’individualismo e l’apparente indifferenza che lo caratterizzano. Cosa rappresentano queste creature per Aron e per te?

Anch’io adoro i felini e un po’ mi ci sento. Ho parecchie cose in comune con loro, tra cui la continua ricerca di indipendenza e la strenua difesa dei propri spazi. Bruma e Caos sono due facce del mio alterego felino! Immagino che lo siano anche per Aron, di riflesso; ma ovviamente non rappresentano solo questo. Caos ricorda lo stregatto di Alice nel Paese delle Meraviglie, con una logica tutta sua, non sempre comprensibile e, come dici tu, è tutto da scoprire. Bruma invece ha un significato più profondo: è la metafora del nostro lato più oscuro, quello di cui si viene a conoscenza durante il passaggio dall’età infantile, dove c’è una netta divisione tra bene e male, a quella adulta. Esattamente l’età che ha Aron all’inizio della saga. Sapevo che il protagonista sarebbe stato affiancato da un Guardiano felino, perché volevo che anche lui ne assumesse alcuni tratti del carattere, ma per la scelta della pantera ho fatto delle ricerche. Tra tutti i felini, mi serviva il totem più misterioso, più schivo, raro e selvaggio. Molte leggende, poi, lo legano a… be’, se lo dico faccio spoiler!

  1. Deborah, tu sei un’educatrice e hai scelto, con il tuo primo romanzo, di parlare ai ragazzi. Cosa hai voluto trasmettere loro con il romanzo di Aron?

A questo punto credo si sia capito molto dalle risposte precedenti. Aron è una persona in pieno divenire, dal forte potenziale, aperto alla vita e all’ignoto come è giusto che sia per un quindicenne. Ne Il segreto degli Undici, Aron vive diverse avventure ed esperienze nuove, alcune esaltanti, altre davvero terribili. Sono stata adolescente anch’io e, al di là della mia professione, conosco i turbamenti profondi e le esperienze sconvolgenti che può fare un giovane. Non sempre è facile parlarne, non sempre gli adulti sono in grado di aiutare e soprattutto ascoltare. Ecco, il messaggio di Aron, se mai se ne volesse scorgere uno, è che per quanto si viva un periodo di radicali stravolgimenti interiori ed esteriori, si possono superare le difficoltà facendosi forza, mettendo in campo il coraggio, credendo in se stessi e nelle persone amiche che ci accompagnano. Ma questo credo valga a qualsiasi età.

  1. Ci consigli qualche libro? Quali sono i tuoi preferiti di tutti i tempi?

Ci sono molti libri di diverso genere che potrei consigliare, ma non vorrei farne un mero elenco. Mi piace piuttosto ricordare ai lettori di non fermarsi alla produzione delle grandi case editrici, ma di avvicinarsi con curiosità e passione anche a quella della piccola e media editoria; a volte si scoprono dei veri gioielli, unici più che rari, che meritano di essere amati e, certo, pubblicizzati! La piccola e media editoria può crescere solo con il contributo dei lettori, del resto. E così giovani autori italiani che hanno molto da offrire al panorama della letteratura odierna in termini di originalità e talento, ma che spesso sono schiacciati dalla grande produzione.

Parlando invece del mio libro preferito di sempre, quello che ti porti nel cuore come il primo amore, è La Storia Infinita. È stato il primo romanzo che ho letto, all’età di sette anni, in classe con i miei compagni, e con la mia maestra che interpretava le voci dei diversi personaggi. Un’esperienza coinvolgente di cui mi è rimasto un bellissimo ricordo.

  1. A quando il prossimo capitolo de Le leggende di Aron?? E più in generale, quali sono i tuoi progetti futuri?

Aron II (chiamiamolo così perché il titolo non è ancora ufficiale) è ancora in stesura, e devo dire che sono la prima a non stare più nella pelle, perciò spero di riuscire a pubblicarlo molto presto. Aron ha ancora tante cose da dire, e già si nota la sua crescita, i toni più adulti, le atmosfere più dark. Ne accadranno delle belle, promesso. Ho anche diversi progetti in cantiere, questa volta tutti autoconclusivi, anche se di diverso timbro e ambientazione rispetto alla saga di Aron; sono particolarmente attratta dalle atmosfere steampunk, ma non mi dispiacciono la fantascienza e l’urban fantasy. Mi piace sperimentare per conoscere i miei limiti e testare le mie possibilità. E poi è divertente!


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