Recensione – STRIX IL MARCHIO DELLA STREGA di Connie Furnari


Recensione del libro STRIX IL MARCHIO DELLA STREGA di Connie Furnari

A cura di Fiorella Rigoni

BIOGRAFIA

Connie Furnari è nata a Catania, il 6 Dicembre del 1976.

Si è laureata in Lettere, con una tesi di psicanalisi freudiana sul “racconto perturbante”: un’analisi su come il fantastico interagisca nella vita reale, in modo diverso da persona a persona, fin dalle fiabe dell’infanzia.

Ha vinto numerosi premi con le sue poesie e ha pubblicato racconti in diverse antologie. Scrive per la rivista on line Fantasy Planet e aderisce a numerosi siti letterari.

Da sempre appassionata di scrittura e di cinema, vive tra centinaia di libri e dvd; adora leggere, disegnare fumetti manga, e dipingere quadri a olio mentre ascolta musica classica.

Scrive fiabe per bambini, fantasy, urban fantasy e paranormal romance.

http://stryxilmarchiodellastrega.blogspot.it/p/home-page.html

SINOSSI

Sarah e Susan Sawyer sono due sorelle. Diciassette anni Sarah e sedici Susan. Ma le due sorelle sono molto di più di semplici adolescenti americane. Sono due streghe.

Sono nate a Londra e poi emigrate in America, precisamente a Salem, dove nel 1865 moriranno sul rogo.

Le due ragazze sono destinate dalla nascita a diventare streghe. In effetti il padre, affetto da una grave malattia, viene salvato da un bieco individuo che, in cambio della vita dell’uomo, chiede di poter concepire con la moglie due figlie. L’uomo non è altro che Lucifero, che così darà la vita alle due streghe.

Sarah è la più grande e anche la più timorata. Lei è la prima a ritornare a Salem, dopo ben trecento anni dalla loro prima morte. Susan arriverà solamente dopo qualche giorno, accompagnata dal loro vero padre, Lucifero.

Nella Salem moderna Sarah incontrerà l’amore, o meglio, lo rincontrerà perché Scott è la copia esatta di Arthur, il ragazzo di cui si era innamorata prima di finire sul rogo e che l’aveva ripudiata dopo aver scoperto la sua vera natura.

Ma Sarah e Susan sono tornate per porre finalmente fine alla guerra tra streghe e cacciatori di streghe che continua da troppo tempo.

Purtroppo il loro compito non è così facile perché su di loro grava una antica maledizione che le condanna a morire, ogni volta, uccise.

Riusciranno  le nostre due eroine, stavolta, a rimanere vive?

RECENSIONE

Romanzo d’esordio di Connie Furnari, una piacevole sorpresa.

Si tratta di un libro dinamico, scorrevole con cui passare qualche ora, all’insegna della fantasia e dell’azione. Ultimamente ho avuto modo di leggere parecchi libri di autori italiani, cosa che mi ha fatto molto piacere, quello che invece non mi è andato giù sono stati gli errori grossolani e i refusi di cui tali libri erano colmi, fortunatamente Strix si salva, non ho trovato refusi evidenti, che avrebbero rallentato la lettura.

La storia narra la vicende di due streghe e ne ripercorre, a grandi linee, la vita.

L’autrice ha una scrittura molto fluida, anche se a volte l’intreccio si infittisce frenando il ritmo.

La narrazione scorre comunque abbastanza veloce e porta il lettore alla fine senza problemi.

La trama è intrigante, diversa dai soliti fantasy che ultimamente ci propinano le librerie, cosa davvero rara di questi tempi, in quanto priva dei soliti vampiri o licantropi.

I personaggi sono ben delineati e coerenti. Sarah e Susan sono diverse in tutto: dal fisico al carattere. Riflessiva e puritana la maggiore, estroversa e volitiva la minore e per queste loro diversità spesso si accendono litigi dando vita a incomprensioni.  La storia è velata dalla continua lotta tra i sessi e dall’emancipazione che il ruolo della donna ha avuto nei secoli.

La Furnari esce dal canone classico della strega che usa le sue pozioni o i poteri per sconfiggere il male. Le sue streghe si mettono in gioco in toto, a suon di calci e pugni.

Il lettore non si aspetti di trovare una femmina fragile che si limita a fare incantesimi di sorta, perché qui le streghe lottano nel vero senso della parola.

Le ambientazioni sono ben congeniate, soprattutto quando narra le vicende accadute nel lontano 1685, diventano leggermente più rarefatte quanto si torna al presente. Non sono mai appesantite da troppi dettagli noiosi, che a mio avviso rischiano di far perdere al lettore la voglia di continuare in quanto la fantasia non trova spazio per crearsi un’immagine propria.

Si nota inoltre, molto bene direi, che la scrittrice è una fan accanita di Harry Potter, soprattutto per i vari indizi che ha sparso lungo tutto il libro.

Sicuramente questo libro vi aiuterà a passare qualche ora in assoluta spensieratezza.

ESTRATTO DAL LIBRO

Ritorno a Salem

Le prime luci dell’alba rischiararono ogni abitazione di Lafayette Street e sembrarono riflettersi con intensità sulla grande casa vittoriana dalle mura color crema, velandola di arancio. Il cielo era poco nuvoloso e un leggero vento soffiava per la strada, facendo ondeggiare le tende di pizzo della finestra aperta.

L’aria dell’estate impregnava ancora il piccolo prato che circondava la casa e l’erba tremolava simile a un mare tempestato di rugiada.

Sarah rimase a fissare il cielo che si illuminava d’oro, stretta nella sua vestaglia bianca decorata con rose rosse ricamate. Non riusciva a credere di trovarsi di nuovo in quella città, dopo quanto era accaduto, più di trecento anni prima.

Salem.

Aveva girovagato per il mondo cercando di dimenticare e infine era ritornata nel New England, come una falena attirata da una fiamma letale.

Chiuse gli occhi color verde smeraldo. Le parve di risentire ancora le urla, l’odore nauseante di carne bruciata, le incitazioni dei puritani. E soprattutto quegli insulti talmente volgari da farla vergognare di se stessa, malgrado fosse consapevole di non aver mai fatto nulla di cui era accusata.

Al di sopra di tutto questo, il suo Arthur.

Il viso di quel ragazzo era ancora nitido davanti a lei, mentre la fissava con amore e adorazione. Il suo dolce sorriso, i suoi occhi grigi.

Non avrebbe mai potuto scordare quel volto.

La testa le girò e decise di fare una lunga doccia calda per riprendersi, seguita da una sana colazione. Era il modo giusto per iniziare quella giornata che già si annunciava piuttosto dura.

Si spogliò, e quando rimase completamente nuda davanti allo specchio dalla cornice barocca, si girò di profilo per osservare il tatuaggio dietro la sua spalla sinistra.

Una grande S dalle estremità attorcigliate: una lettera gotica.

Entrare per la prima volta in una scuola nuova, mentre tutti la scrutavano nei corridoi mormorando parole che non riusciva a sentire, era una delle esperienze che dopo decenni ancora la innervosiva.

Sarah sospirò e ripensò con malinconia alle verdi brughiere dell’Inghilterra, anche se vi mancava da solo una settimana.

Entrò nella doccia e cercò di rilassarsi sotto l’acqua bollente. Chiuse gli occhi e si chiese come sarebbe stata la sua nuova vita a Salem.

Nonostante i secoli che portava oramai sulle spalle, aveva un’immensa voglia di fare cose terribilmente normali come mangiare una pizza, andare al cinema e uscire con le amiche a fare shopping il sabato pomeriggio, perdendosi dentro la folla dei grandi magazzini.

Fino a quel momento però, non era mai riuscita a vivere come una normale diciassettenne, in nessuna delle proprie vite precedenti. Nelle sue varie incarnazioni, ogni volta che aveva avuto degli amici, era sempre successo qualcosa che alla fine li aveva fatti scappare.

Omicidi, ferite mortali e lotte all’ultimo sangue nel cuore della notte. Qualunque ragazzo sarebbe fuggito dopo aver assistito a cose del genere.

Sarah promise a se stessa che questa volta sarebbe stato diverso. Fisicamente dimostrava ancora diciassette anni, e avrebbe vissuto come una normale ragazza della sua età.

O almeno, ci avrebbe provato.

Indossò un paio di pantaloni verde militare con le tasche laterali e una semplice maglietta bianca a mezze maniche. Erano gli abiti più anonimi che avesse; non voleva attirare troppo l’attenzione, desiderava solo confondersi tra le persone.

Un gatto nero le si strusciò fra i piedi miagolando.

«Circe» disse alla gatta, «non ho tempo di giocare. Stanotte andremo a spasso, te lo prometto.»

Il felino saltò sul letto vittoriano dal baldacchino rosa e si raggomitolò, chiudendo gli occhi verde chiaro con le pupille sottili.

Sarah aprì il cofanetto sopra la scrivania in stile retrò e frugò tra i suoi gioielli. Alcuni li aveva indossati in determinati periodi storici, come quel braccialetto d’argento trovato dentro la Reggia di Versailles, subito dopo la presa della Bastiglia.

Dopo un attimo di esitazione, prese dal cofanetto l’unico gioiello che la rappresentava. Una collana con un grande rubino ovale, che aveva lo stesso colore dei suoi capelli: rossi con striature più chiare e divisi in morbide onde che le ricadevano dietro le spalle.

D’un tratto, sussultò.

Dalla finestra una nuova folata di vento la avvolse, impregnata di un odore che lei purtroppo conosceva molto bene.

L’aveva sentito moltissime altre volte, negli ultimi tre secoli.

Pregò con tutta l’anima che non fosse chi temeva.

Tremò e corse alla finestra ma questa volta, invece di fissare il cielo, esaminò il prato sotto la casa con una strana inquietudine.

E lì, proprio nel suo giardino, lo vide.

Indossava un lungo cappotto, nero naturalmente; sotto si intravedevano una giacca gessata e una cravatta annodata in modo perfetto. Era molto elegante, come al solito del resto. E sensuale, così com’era sempre stato.

L’uomo le sorrise lascivo, poi si voltò. Col passo sinuoso di un felino affamato imboccò Lafayette Street, in direzione del centro della città.

Sarah toccò il ciondolo della collana e si pentì amaramente di essere ritornata a Salem. Aveva commesso un altro errore, nonostante le buone intenzioni.

Non è ancora finita. Il passato continuerà a perseguitarmi, perché è questo il destino a cui sono condannata.

Lui l’aveva seguita e stava preparando qualcosa.

Quello era l’odore della morte.


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