Dolcemente Tenebroso


Dolcemente Tenebroso, Il risveglio di Lucilla è un romanzo gotico, un dedalo di strade che si intrecciano fra morte e vita, fra la tragica realtà di un indagine di polizia e l’inquietudine di un cimitero con i suoi spettri.

 

Lucilla è vita, sebbene sia diventata una bimba zombie, circondata da personaggi singolari e angustiata da mille dubbi e domande irrisolte. Un innocenza delicata, dalle venature romantiche persino quando descrive il suo stato d’animo o il suo aspetto. Le scene cruenti appaiono come dipinti oscuri che rievocano antichi scenari gotici.

Si rimane ammaliati dal suo dolce tormento nel momento del risveglio, fra la paura e l’irrazionalità che si alterna con lo stupore per l’arcano.

“Nel buio del mio sonno senza sogni” poche parole in grado di colpire l’attenzione.

“Avrei potuto non aprire gli occhi e riaddormentarmi, lasciando quel risveglio come una piccola parentesi senza senso, ricadendo nell’oblio, sommersa dal buio che mi avvolgeva.” La consapevolezza della morte, il desiderio di combatterla, nascondendosi nel buio.

“Sentii la notte pulsare attorno”. Nel risveglio, da morta, la piccola Lucilla sente la vita.

Un percorso immaginario fra enigmi e paure.

Si alternano le indagini di Lugosi, filastrocche misteriose e le pagine del diario della piccola bimba zombie. Dosando ironia e sense of wonder l’autrice ci trasporta nel mondo di Lucilla, bimba morta in cui albergano sentimenti ed emozioni palpabili fino alla scoperta della verità.

Inizia a scrivere, piccola Lucilla

In queste pagine la tua luce brilla.

Fai sì che splenda tanto

Da rischiare ogni antro.

È una storia ingarbugliata

Dagli eventi ammassata.

Nodi, raggiri e coincidenze

Di tutto sembrano le essenze.

 

Intervista all’autrice

1. Ciao Serena, ci parleresti un po’ di te?
Ciao Alexia, intanto grazie per questa intervista!
Che dire di me? Sono una grande sognatrice, vivo in una dimensione tutta mia e fatico molto ad approcciarmi al vivere comune e quotidiano. Forse temo un poco la folla e pure i singoli, se umani, quindi tendo a ritirarmi il più possibile coi miei animali. Ho rinunciato a “crescere” da molto tempo… forse per questo son rimasta bassina.
Da piccola soffrivo molto per la cupezza del reale poi ho imparato a colorare il quotidiano e, a popolarlo con la mia fantasia. Dopo anni sono riuscita a giustificare questa mia tendenza alla fuga onirica facendone un lavoro. Oltre allo scrivere e disegnare costruisco pupazzi, immaginando di trasportare nel reale gli esseri che affollano i miei mondi irreali.

2.Da cosa nasce la tua visione dark?
La mia visione dark è nata con me. Fin da quando ho ricordi ho avuto una predilezione per i racconti dell’orrore, per le figure fantastiche e soprannaturali, per la magia e, una vera passione per il crepuscolo e la notte…Per farti un esempio, ricordo che all’asilo disegnai l’anatomia di un diavolo e le suore preoccupate mandarono a chiamare mia mamma (lei stava studiando per diventare infermiera e forse ero rimasto colpita dalle tavole anatomiche dei suoi libri). Da piccola inoltre parlavo coi gatti e per loro, immaginate la gioia dei miei vicini, inscenavo assordanti smiagolate sotto la luna. Inoltre ero convinta di essere in comunicazione con gli agenti atmosferici, avevo una quercia sorella a cui confidavo tutto che mi cullava nel vento e, un anello a forma di teschio, trovato nelle patatine, che mi faceva legare col diavolo del mare, verso il quale avevo una sorta di timore reverenziale. Son cresciuta a pane, nutella e leggende, mia nonna mi ammoniva continuamente con le figure paurose legate al territorio, che io fra l’altro adoravo e adoro tutt’ora (sono l’argomento del mio prossimo romanzo). Da adolescente mi accadevano un sacco di cose strane e spesso me la facevo sotto dalla paura. Ah, adesso mi dichiaro una scetticona che si gingilla d’illusioni ma certe notti mi ritrovo col fiato corto, lo sguardo indagatore e smarrito e la sensazione che una sorta di ondata arcana sia sul punto di infrangere ogni mia certezza.

3.Quando e come germoglia Dolcemente tenebroso?
Dolcemente Tenebroso è germogliato in fretta, è stata una storia che mi è venuta scritta quasi di getto, nata dall’idea di una ragazzina che soccorreva gatti morti ai margini delle strade, li ricuciva e li teneva, resuscitati, con sè. Invece ho impiegato molto tempo nella revisione ma è come per le mie creazioni, bisogna andare per gradi, strato su strato e in fondo si può decorare. La mia prima tappa per una storia, come per un pupazzo, di solito è un disegno.

Quale messaggio vuoi offrire con il tuo romanzo?
4.Vorrei dare una visione diversa sulla morte e sugli zombie. Trovo castrante la figura che il cinema sembra aver imposto riguardo a questi personaggi. Nelle nostre storie, o almeno in quelle di mia nonna, i morti che tornavano non erano mangia cervelli senza barlumi d’intelletto ma solo i nostri cari che si svegliavano dalla morte, per un motivo o per un altro. A “L’alba dei morti viventi” preferisco “Mortacci”.
Inoltre vorrei che i cimiteri venissero visti come scrigni di ricordi e non come luoghi di terrore. Non nascondo anche che è servito a me per esorcizzare un poco la paura della morte.

5. Ci sono scrittori o registi di genere gotico a cui ti sei ispirata?
Ci sono molti scrittori e registi che adoro, ma non mi sono ispirata, volutamente, a qualcuno. Però quando ti piace un autore, un artista, un regista, è difficile non venirne influenzati. Si creano dei filtri mentali e quando crei è facile perdere d’originalità. Ma penso capiti a tutti. Non nascondo che, il mio più grande e irraggiungibile sogno, sarebbe vedere “Dolcemente Tenebroso” scelto come trama per un futuro film diretto da Tim Burton.

6. Tre aggettivi per Lucilla e tre per il commissario Lugosi.
Lucilla: leale, sveglia, coraggiosa.
Lugosi: vegano, meditativo, tormentato.

7. I nomi dei vari personaggi non sembrano affatto casuali, potresti narrarci come hai ponderato la scelta?
In realtà nessun nome è casuale, anzi! Lugosi è un omaggio a Bela Lugosi, Angelo è il nome di un amico particolare che si trascina dietro un sacco di fantasmi. Lucilla è un nome comune ma particolarmente carino. Mi piacciono molto i nomi femminili che finiscono con “illa”, come Carmilla. Ligeia è un omaggio a Poe, l’ispettore Boccadoro ad Hesse (anche se caratterialmente ricorda un mio ex), Dell’Ozio è spudoratamente ispirato ad un mio amico…e via dicendo, non vorrei svelare troppo.

8. È possibile decantare la vita attraverso gli occhi di una Bimba Zombie?
Certo che è possibile, Lucilla lo fa. Anzi, nel mio romanzo forse sono proprio i morti ad apprezzare di più la vita e la loro “non vita”, e non a caso.

9. Romanticismo e dolcezza albergano nella deliziosa protagonista del tuo romanzo, in contrasto con le sue evidenti cicatrici. Qual è stato il passaggio più difficile da scrivere?
Mi verrebbe da dire che non ci sono stati passaggi difficili (a parte la revisione) ho vissuto tutto in prima persona, come credo che capiti a chi scrive. Mi sono divertita, commossa, impaurita assieme ai miei personaggi, ero loro e l’aria che li avvolgeva. Scrivere è meraviglioso, è sublimare la fuga dalla realtà e rendere i sogni in inchiostro.

10. Cos’è peggiore del buio?
Alle volte la luce fa più paura del buio perché scopre ogni angolo. Il buio può ammorbidire i confini delle cose, permettendoci di illuderci. La cosa che trovo peggiore in assoluto è l’impotenza, per questo Lucilla combatte fino all’ultimo, senza arrendersi, senza essere schiacciata dalla sua apparente realtà.

11. Nel tuo romanzo vi sono molte domande. Svelerai tutte le risposte?
Il bello delle domande è dare risposte, quindi sì, cerco di rispondere a tutto…anche se ho lasciato qualche cosa in sospeso (non strettamente legata allo svolgimento della trama, odio i romanzi che lo fanno) da approfondire in un seguito…anzi, a dire il vero avrei altre 2 avventure in mente da far vivere alla mia piccola Lucilla.

 


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