TERRA NOVA, ROBA VECCHIA


TERRA NOVA, ROBA VECCHIA
di Claudio Cordella

“Non vi è differenza fra il tempo e le altre tre dimensioni dello spazio, salvo il fatto che la nostra coscienza si muove lungo il tempo”. H. G. WELLS, The Time Machine, 1895; tr. it. La Macchina del Tempo, in La Macchina del Tempo. L’isola del dottor Moreau. L’uomo invisibile, Mondadori, Milano 1990, p.4.

Dinosari in Terra Nova. Copyright degli aventi diritto

Il genere dei viaggi del tempo venne inventato a fine Ottocento da uno dei padri della fantascienza, lo scrittore inglese Herbert George Wells. Il suo capolavoro, The Time Machine (La Macchine del Tempo), divenne il capofila di un’interminabile serie di romanzi e racconti incentrati su viaggiatori diretti verso le epoche più remote del nostro passato, o al contrario del nostro futuro. Il romanzo di Wells venne portato più di una volta al cinema e ispirò molti altri film, si pensi solo alla trilogia fanta-umoristica Back to the future (Ritorno al futuro). La televisione naturalmente, appena fu abbastanza matura per farlo, affrontò i temi dei viaggi temporali; ecco che nel ’63, sempre dal Regno Unito, fa il suo esordio il personaggio del Doctor Who, tutt’ora popolarissimo grazie a sequel e spin-off. Quest’ultimo non è altri che un bizzarro alieno capace di rigenerare sé stesso e di viaggiare indifferentemente nello spazio, verso i mondi più lontani, così come attraverso i secoli della Storia umana. Assai singolare la sua astronave, il Tardis, un vascello vivente che appare all’esterno con le sembianze di una cabina della polizia londinese. È il Tardis che permette alle diverse versioni del Dottore, e alle loro diverse compagne di viaggio, tutte giovani, belle, affascinanti, intelligenti e coraggiose, di superare qualsiasi barriera spazio-temporale. Ad esempio, un’incarnazione del Doctor Who deve affrontare il pericolo rappresentato da un’arma aliena portata da un avventuriero nella Londra bombardata della Seconda guerra mondiale, mentre un suo successivo avatar, nel tentativo di curarlo dalla sua depressione, porta il pittore francese Vincent Van Gogh a una mostra contemporanea a lui dedicata.

Sempre negli anni ’60 fa la sua comparsa la serie classica di Star Trek, e come ogni buon appassionato sa bene, i viaggi galattici dell’Enterprise includevano scorribande nelle più disparate epoche storiche. Celebre a questo proposito è l’episodio The City on the Edge of Forever (Uccidere per amore), scritto dal talentuoso novellista americano Harlan Ellison; un gioiellino nel quale si segnala nel cast l’attrice hollywoodiana Joan Collins e che fu capace di aggiudicarsi nel ’68 un premio Hugo per la categoria Best Dramatic Presentation (“Miglior Rappresentazione Drammatica”). Insomma in letteratura, fumetti compresi, nella settima arte e in televisione, esempi illustri di odissee temporali non mancano.

Dunque è con grande amarezza che dobbiamo sottolineare l’estrema pochezza del serial Terra Nova, serie televisiva di cui è stata appena trasmessa, sia negli Stati Uniti che in Italia, una prima stagione di tredici episodi.  Nato a firma di Craig Silverstein e della scrittrice e attrice britannica Kelly Marcel, a cui si deve l’idea di base del serial il quale ha beneficiato tra i produttori esecutivi sia Brannon Braga, già noto per aver lavorato a più di una serie dell’universo di Star Trek, sia di Steven Spielberg, uno dei più famosi registi contemporanei. Diciamo subito che  nonostante tali premesse Terra Nova rimane, a parere di chi scrive, un’occasione sprecata, gettando a mare qualsivoglia buona premessa iniziale. Questa prima stagione scade sin da subito nel buonismo delle storie “per famiglie”, nelle più piatte convenzioni narrative prive della benché minima originalità che fanno di Terra Nova un telefilm incapace di dire alcunché di nuovo, sia dal punto di vista della trama e dei personaggi, sia dello stile. Tutto inizia nel 2149, in un mondo devastato dall’inquinamento, nel quale è impossibile respirare senza maschere e in cui persino il ricco Occidente non è affatto immune dalle carestie. A Chicago il poliziotto James “Jim” Shannon (Jason O’Mara), porta alla sua famiglia un magnifico regalo: una vera arancia. In una Terra impoverita e sull’orlo del baratro, un frutto è un tesoro prezioso. Peccato che quest’uomo e la moglie Elisabeth Shannon (Shelley Conn) nascondano un terribile segreto, oltre ai due figli adolescenti Josh Shannon (Landon Liboiron) e Maddy Shannon (Naomi Scott), rispettivamente di 17 e 16 anni, essi nascondono una terza figlia segreta: Zoe Shannon (Alana Mansour) di soli 5 anni. Le severe leggi del 22° secolo proibiscono di avere più di due figli e la piccola Maddy è costretta a una vita da reclusa in casa.

Scovata durante una retata di un nucleo speciale della polizia, adibito al controllo della popolazione, viene presa in consegna dallo Stato e portata in un’apposita struttura. Jim, preso da un poco opportuno scatto d’ira, aggredisce un agente e finisce con il prendersi una severa condanna, sei anni di carcere. A questo punto le premesse iniziali contengono senz’altro degli elementi interessanti ma gli autori non paiono avere alcun interesse ad approfondire le tematiche suggerite. Perché Jim ed Elisabeth vogliono avere Zoe a tutti i costi? Pur non volendo iniziare qui un dibattito relativo alla bioetica e al controllo delle nascite, non possiamo non chiederci cosa possa passare per la testa a una coppia di genitori che decide di mettere al mondo un figlio destinato ad essere un paria, costretto a vivere come un topo nascosto in un buco. Si consideri poi che la Terra in cui vivono i coniugi Shannon è ridotta per lo più a una landa desertica priva di risorse e le leggi relative al terzo figlio, pur se discutibili, nascono dalla necessità di affrontare una situazione apocalittica. Quanto dunque la scelta dei genitori è vero amore, e quanto è invece una forma di cieco egoismo? Nel corso della serie Jim dice alla figlia, fatta nascere in gran segreto fuori città, che si è trattato di affetto ma le sue parole cozzano un po’ con quelle di Josh: il ragazzo afferma che gli Stati Uniti del suo tempo sono un luogo di incubo nel quale i giovani non riescono a vivere e in cui suicidio adolescenziale è una piaga diffusa. Dunque aumentare al di là del consentito, violando la legge, la propria famiglia in una realtà simile è davvero responsabile? Terra Nova dribbla questi interrogativi di carattere etico per abbandonarsi a un facile sentimentalismo dal sapore conservatore: la famiglia numerosa, sempre e comunque, è cosa buona e giusta. Zoe poi ci viene presentata come un simpaticissimo scricciolo indifeso per la cui sorte lo spettatore non può fare a meno di tifare, esattamente come Jim incarna il tradizionale ruolo del pater familias protettivo, combattivo, generoso e capace di farsi rispettare.

Come fuggire però dallo squallore e dallo scenario catastrofico del 22° secolo? Per fortuna viene scoperto un passaggio dimensionale, un tunnel che conduce direttamente nel Cretaceo, 85 milioni nel passato, creatosi in seguito ad alcuni esperimenti. La faglia si apre in una realtà alternativa, una Terra incontaminata, un luogo ideale per la colonizzazione e per dare un nuovo inizio a una nuova civiltà. Bisogna riconoscere che la trovata della linea temporale parallela è davvero geniale, impedendo per sua natura i paradossi narrati a suo tempo da Ray Bradbury nella sua novella A Sound of Thunder (Rumore di tuono). In questo racconto un cacciatore, desideroso di uccidere un possente Tyrannosaurus rex, finisce con il cambiare il suo presente schiacciando accidentalmente una farfalla. I nostri eroi invece possono uccidere dinosauri, o rischiare di far da cena per loro, senza alcun rischio di ulteriori danni collaterali per le epoche future. I coloni di questo Cretaceo alternativo passano attraverso una sorta di portale, posto nel sito di Hope Plaza nella città di Chicago, in scaglioni regolari denominati Pellegrinaggi. Gli appartenenti al Sesto Pellegrinaggio, detti Sixers, hanno però dato vita a una comunità separata da quella degli altri coloni, perseguendo apparentemente altri fini diversi da quelli della semplice colonizzazione. Elisabeth, medico in gamba e rispettato, viene chiamato a lavorare nella colonia preistorica di Terra Nova con il Decimo Pellegrinaggio assieme ai suoi due figli più grandi. Evaso Jim di prigione, e prelevata Zoe dalla struttura governativa dov’era tenuta, la famiglia Shannon riesce in maniera rocambolesca a riunirsi nel Cretaceo. Il passaggio funziona in un’unica direzione, verso il passato, e la legge statunitense non può più toccarli.

Il colonnello Nathaniel Taylor (interpretato da Stephen Lang, già visto in Avatar di James Cameron nel ruolo di un violento mercenario), l’autoritario seppur benevolo padre-padrone della colonia di Terra Nova, decide di passare sopra tutte le irregolarità della simpatica famigliola di Chicago. Elisabeth così diventa la dottoressa a capo dell’ospedale dell’insediamento mentre il marito ricopre il ruolo di sceriffo, essendo incaricato di sovraintenderne alla sicurezza dell’abitato assieme ai soldati di Taylor. Che dire? A questo punto, dopo aver avuto modo nei primi episodi di presentare luoghi, personaggi e situazioni, questo serial delude per la piattezza e la banalità imperanti associate a un facile sentimentalismo che imprigiona i personaggi in cliché triti e ritriti. Ecco il prevedibile abuso del mito del “buon pioniere” del Far West, una “coccolosa” Zoe e un protettivo Jim di cui abbiamo già detto, i modi da ribelle combina guai di Josh privi di qualsivoglia originalità, la “secchiona” Maddy che da saccente “Lisa Simpson” della situazione si trasforma, puntata dopo puntata, in una ragazza bella e corteggiata. Niente di nuovo sotto il sole con Terra Nova, nulla che non si sia già visto altrove, senza che nemmeno sia stato minimamente rielaborato sotto una luce diversa, dando alle vicende narrate una prospettiva inedita.

Tutto è scontato in maniera sconfortante, con trame che alternano situazioni del sottogenere “crime”, legate al lavoro di Jim, oppure ai pericoli della vita di frontiera; questi ultimi in ogni caso sempre risolti dai nostri con una certa facilità. Le sotto-trame legate al gruppo ostile dei Sixers guidati dall’abile Mira (Christine Adams), ai loro mandanti e al genio folle Lucas Taylor (Ashley Zukerman), il figlio del comandante di Terra Nova che odia ferocemente il genitore, non riescono ad animare più di tanto un serial che non riesce mai ad essere realmente avvincente, finendo quasi per diventare un’involontaria parodia di Lost.

Le ultime due puntate della prima stagione, a cui dovrebbe far seguito una “second season” di cui al momento non si sa nulla di preciso, sono un tale concentrato di dramma e azione, compresa la stereotipata scena della corsa dell’eroe con le fiamme dell’esplosione alle spalle, che contrastano con il vuoto presente nelle puntate precedenti. Rivelazioni sul passato dei protagonisti, la morte di alcuni personaggi e l’inedito ruolo che viene riservato ad altri, come ad esempio per la giovane Skye (Allison Miller), non servono a cambiar di molto le carte in tavola. L’impressione generale che se ne ricava è quella che gli autori abbiamo cercato troppo tardi di rimediare ai loro errori, buttando un sacco di elementi alla rinfusa proprio al termine della programmazione del loro show. Un po’ come una squadra di calcio pigra e svogliata, decisa a giocare solo verso il fine partita, a giochi ormai fatti. Persino gli elementi inediti introdotti a fine della stagione, mercenari al servizio di una potente corporation, la possibilità scoperta da Lucas di varcare la faglia spazio-temporale in entrambi i sensi, sia verso il passato che verso il futuro, i paradossi, all’inizio evitati e prospettati come impossibili, sanno di estrema mossa disperata per attirare un pubblico ben poco interessato alle avventure del clan Shannon.

Al momento in cui scriviamo, non sappiamo se il canale statunitense Fox abbia intenzione di dare un seguito alle avventure di questi “pionieri del Cretaceo”, in caso affermativo però chi avrà realmente la curiosità di seguirle? Alla fin, fine Terra Nova nell’attuale panorama dei telefilm sci-fi & fantasy rimane un bizzarro fossile vivente, incapace di avvincere e stupire. Agli inizi degli anni ’90, quando Spielberg portò sul grande schermo i dinosauri clonati di Jurassic Park, dando vita alle inquietanti visioni fantascientifiche del romanzo omonimo di Michael Crichton, il pubblico ne rimase estasiato. Terra Nova al contrario non riesce a essere ugualmente convincente, non solo perché in questo caso le apparizioni delle creature preistoriche, avendo a disposizione un budget per una serie televisiva e non per un kolossal cinematografico, devono per forza di cose essere più limitate, per qualità e quantità, ma anche perché lo stupore provocato da un dinosauro ricreato in computer graphic non può esser eterno. I seguiti del primo Jurassic Park, uno più fiacco dell’altro, diversi documentari e il telefilm Primeval, incentrato su anomalie spazio-temporali e animali provenienti da altre ere geologiche, hanno stemperato di molto l’iniziale meraviglia. Ecco perché, anche dal punto di vista visivo, Terra Nova a nostro parere rimane un accozzaglia di vecchiume stravisto.


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