Ted Chiang e il ciclo di vita delle mode


TED CHIANG E IL CICLO DI VITA DELLE MODE

 a cura di Claudio Cordella

Lo scrittore Ted Chiang.

“A un secondo sguardo sembra una scena da libro per bambini: un piccolo cucciolo di tigre antropomorfa che fa scivolare biglie colorate lungo un telaio, un panda che esamina un’automobilina giocattolo, la versione da cartone animato di uno scimpanzé che fa rotolare una palla di gommapiuma”. TED CHIANG, The Lifecycle of Software Objects, 2010; tr. it. Il ciclo di vita degli oggetti software, Delos Books, Milano 2011, p. 17.

Le mode letterarie non sono tutto, altrimenti se così non fosse vorrebbe dire che tematiche, luoghi e personaggi bisognerebbe quotarle in un’apposita borsa e che gli autori dovrebbero esser costretti ad annusare l’aria come tanti cani da caccia. Pronti a cogliere al volo ogni minimo mutamento del pubblico, per dare subito al proprio lettore-tipo quello che desidera. Indubbiamente le mode letterarie, non solo nel ristretto ambito del fantastico, son sempre esistite, così come quegli scrittori che appaiono sempre desiderosi di compiacere i gusti dei fans, quasi che il loro compito fosse quello di dar forma ai sogni e agli incubi del momento. Non tutti i romanzieri però sembrano ambire a diventare una sorta di via di mezzo tra uno sciamano e un esperto di marketing, alcuni di loro, pur se attenti alle trasformazioni in atto nel mondo in cui si ritrovano a vivere, preferiscono di gran lunga seguire diligentemente un percorso che essi stessi hanno contribuito a tracciare. Personalità di questo secondo tipo possono forse apparire come fuori moda, non al passo con i tempi, ma in realtà è proprio il loro essere delle voci fuori dal coro che garantisce la bontà, la genuità e la natura non effimera del progetto culturale di cui essi si fanno portatori. Si pensi solo che se oggi scrivere un fantasy a base di cavalieri, elfi, signori oscuri e magia non è altro che un appellarsi che a un logoro stereotipo, quando J. R. R. Tolkien  scrisse il suo monumentale The Lord of the Rings (Il Signore degli Anelli) egli non stava affatto seguendo una moda allora imperante.

Al contrario Tolkien, scrittore originale nonché eminente filologo e linguista, ne stava in realtà creando una ex-novo anche se molti suoi contemporanei inizialmente non lo compresero; giudicandolo così fuori da tempo, anacronistico e conservatore. Attualmente invece le opere tolkeniane sono  lette e ammirate da milioni di persone in tutto il mondo, studiate e copiate da più di una generazione di romanzieri fantasy. Chissà se il futuro riserverà al sino-americano Ted Chiang, nato nel ’67 negli Stati Uniti a Port Jefferson, uno dei dieci villaggi che costituiscono la città di Brookhaven della Suffolk County, posta all’interno dell’area metropolitana di New York, un destino similare a quello di Tolkien. Chiang, il cui nome cinese è Chiang Feng-nan, non ha scritto saghe interminabili ambientate in mondi medievaleggianti, nè romanzi incentrati su romantici vampiri capaci di far cadere ai loro piedi fanciulle umane, eppure nel corso degli anni è riuscito a imporre il proprio nome all’interno della fantascienza di lingua inglese, diventando uno dei “big” dell’attuale panorama fantascientifico mondiale. A fronte di una simile notorietà, costruita nel corso del tempo dagli anni ’90 sino a oggi, la produzione di Chiang è composta esclusivamente da una manciata di racconti e da un romanzo breve; il che se da un lato non fa di lui uno scrittore macina-parole, ci porta a pensare che egli prediliga di più la qualità che la quantità del materiale scritto prodotto. Effettivamente, paragonandolo a due grandi del fantastico americano del Novecento come Stephen King e Ray Bradbury, Chiang non assomiglia per nulla per quanto riguarda la dimensione narrativa che predilige al primo, sorta di fabbrica-umana capace di sfornare poderosi romanzi-fiume, quanto piuttosto al secondo; autore più prolifico sul versante della narrativa breve che del romanzo. L’esordio di Chiang avviene proprio con un racconto: Tower of Babylon (Torre di Babilonia) che si aggiudica nel 1990 il prestigioso Premio Nebula: “[…] in apparenza una storia fantasy con una cosmologia geocentrica; un giovane minatore risale la Torre di Babilonia per raggiungere il cielo, e ne scopre la perdurante incomprensibilità, nell’agnizione di un dio che rimane nascosto tranne nell’operare umano”. SALVATORE PROIETTI, Le parabole di Ted Chiang, ovvero: Postumano è…, in TED CHIANG, The Lifecycle of Software Objects, 2010; tr. it. Il ciclo di vita degli oggetti software, Delos Books, Milano 2011, p. 7.

L’anno successivo escono Understand (Capire), racconto incentrato sulla terapia per curare un danno cerebrale che porta  alla creazione di un’intelligenza super-umana e al contatto con una mente aliena, e Division by Zero (Divisione per zero), mentre nel 1992 riceve Premio John W. Campbell in qualità di miglior nuovo scrittore. Invece nel ’98 un altra sua novella, Story of Your Life (Storia della tua vita), si aggiudica sia un Premio Nebula che un Theodore Sturgeon Memorial Award. Storia della tua vita è un’opera densa, complessa e dalla struttura stratificata, qui Chiang affronta un gran numero di tematiche scottanti: il problema del Primo Contatto con una specie aliena (in questo caso i misteriosi eptapodi), l’Ipotesi di Sapir-Whorf (o Ipotesi di relatività linguistica), la visione deterministica dell’universo e il problema del libero arbitrio. Il punto di vista della narrazione è quello di una linguista, incaricata di decifrare la complessa lingua degli eptapodi per permettere un’efficace comunicazione con loro. Una volta appreso questo linguaggio la donna, la cui mente è stata parzialmente plasmata dal linguaggio extraterrestre, come previsto del resto dagli assunti dell’Ipotesi di Sapir-Whorf, inizia a vedere l’universo con gli stessi occhi degli eptapodi. Quest’ultimi hanno una concezione deterministica dell’universo, essi sono in grado di vedere il tempo come un tutto unico, senza fare alcuna distinzione tra avvenimenti passati e futuri. Dal punto di vista narrativo l’effetto è estraniante e paradossale, con la protagonista che narra la propria storia alla figlia “ricordando l’avvenire”; parlando dell’intera esistenza della giovane come un qualcosa di già avvenuto, dal momento della nascita sino alla morte causata da un incidente in montagna, ma usando solo verbi al tempo  futuro: “Lavorare con gli eptapodi mi ha cambiato la vita. Ho conosciuto tuo padre e ho imparato l’Eptapode B (01), due eventi che mi permettono di avere coscienza di te fin da ora, qui su questa veranda, al chiaro di luna. Alla fine, tra molti anni, rimarrò senza tuo padre e senza te. Tutto ciò che mi resterà di questi momenti sarà la lingua eptapode. Quindi faccio grande attenzione, osservo ogni minimo dettaglio. Sin da principio ho conosciuto la mia destinazione, e ho scelto di conseguenza la mia strada. Ma sto andando verso un’estrema gioia, o verso un’estrema sofferenza? Raggiungerò un minimo, oppure un massimo? Sono queste le domande che ho in mente quando mi chiede: -Lo vuoi fare un bambino?- E io sorrido e rispondo: – Sì- Poi mi svincolo dalle sue braccia, e ci prendiamo per mano, e torniamo dentro per far l’amore, per fare te”. TED CHIANG, Story of Your Life  (Storia della tua vita), 1998; in Il meglio della SF / II. L’Olimpo dei classici moderni, Mondadori, Milano 2009, p. 418.

Il ciclo di vita degli oggetti software, copertina.

Il ciclo di vita degli oggetti software, copertina.

La narrativa di Chang in questo caso è già pienamente sviluppata: la riflessione tecno-scientifica, niente affatto disgiunta dalla filosofia e dall’etica, si sposa alla perfezione con l’introspezione psicologica e con la presenza di personaggi veri, umanissimi e realistici. Da segnalare poi come dal punto di vista dell’intreccio tra sci-fi e linguistica son ben poche le opere fantascientifiche in grado di rivaleggiare con questa novella di Chiang; personalmente mi ha portato alla memoria il celebre romanzo Babel – 17 (1966) dell’afro-americano Samuel R. Delany. Anche in quest’ultimo caso una poetessa di talento, una volta imparato un linguaggio alieno, scopre di esser stata cambiata in una maniera che ella non avrebbe mai potuto prevedere. Nel 1998 il nostro si aggiudica il Premio Sidewise per la storia alternativa (Sidewise Award for Alternate History) con il racconto Seventy-Two Letters (Settantadue Lettere) mentre nel 2000 fa man bassa dei maggiori premi del settore, Nebula, Locus e Hugo, con la bellissima novella Hell Is the Absence of God (LInferno è lAssenza di Dio). A differenza di Storia della tua vita qui Chiang, ateo dichiarato, ci porta per mano in un universo completamento diverso dal nostro, un mondo nel quale il Paradiso e l’Inferno sono realtà ben definite, tangibili luoghi fisici più che entità oggetto di speculazioni metafisiche. La volontà divina sembra però ugualmente inconoscibile ai mortali che hanno talvolta occasione di vedere l’Inferno sotto i loro piedi, anche le apparizioni di angeli non sono infrequenti, ma essi continuano a vivere in un universo regolato da una volontà a loro ignota. Se Inferno sembra essere un luogo come un altro, con l’unica differenza che Dio è completamente assente, le manifestazioni angeliche possono portare indifferentemente sia morte che salvezza, menomazioni e guarigioni miracolose. Ad esempio, un incidente causato dalla comparsa di un angelo provoca l’atroce morte della moglie di Neil Fisk, Sarah, la cui anima ascende immediatamente in Paradiso. Al tempo stesso però fa ricrescere le gambe alla giovane devota Janice Reilly, perse ancor prima di nascere mentre era ancora nel grembo materno, sempre a causa della venuta di un altro essere celeste. Il povero Fisk, desideroso di ricongiungersi alla moglie nell’aldilà, inizia un sofferto cammino spirituale con lo scopo di imparare ad amare davvero Dio. Vittima di un incidente su di un fuoristrada, si ritrova ferito e in gravi condizioni; proprio allora viene toccato dalla luce del Cielo ed egli impara realmente cosa significhi amare Dio. Tutto però appare di una stupefacente inutilità e di un’inesorabile crudeltà: “Neil Lo amò con una completezza che andava oltre ciò che gli umani potevano sperimentare tra loro. […]Abbandonò tutta la rabbia precedente e l’ambiguità, e anche il desiderio di ottenere risposte. Fu grato per tutto il dolore che aveva sopportato, contrito per non averlo riconosciuto come un dono, euforico che adesso gli veniva data questa comprensione profonda del suo vero scopo. […] Così, alcuni minuti dopo, quando Neil alla fine morì dissanguato, era veramente degno di essere salvato. E Dio lo mandò ugualmente all’Inferno”. TED CHIANG, Hell Is the Absence of God, 2001; tr. it. LInferno è lAssenza di Dio, in I Premi Hugo 2002, Editrice Nord, Milano 2003, p. 131.

Qui Chiang offre ai suoi lettori non solo un universo fantastico realmente “altro”, simile al nostro ma sottoposto ad altre leggi, ma al tempo stesso con questo suo ritratto di un mondo organizzato su tre piani, l’Inferno del sottosuolo, la Terra dei mortali e il Paradiso in Cielo, da un Dio senza pietà e incomprensibile, plasma un perfetto racconto filosofico. LInferno è lAssenza di Dio può tranquillamente essere associato alla produzione del nostro Italo Calvino, così  come a quella di scrittori sci-fi volti a inserire tematiche filosofiche profonde nei loro lavori, come il polacco Stanislaw Lem, e gli statunitensi Philip K. Dick e Ursula K. Le Guin. D’altra parte del precedente Storia della tua vita veniva esplicitamente citato l’argentino Jorge Luis Borges, scrittore noto per i suoi racconti fantastici contraddistinti da uno spiccato carattere metafisico, meta-letterario e meta-linguistico. Sempre nel 2000 viene pubblicata la novella  The Evolution of Human Science (L’evoluzione della scienza umana) mentre due anni dopo è la volta della prima raccolta di quest’autore: Stories of Your Life, and Others (pubblicato in Italia nel 2008 come Storie della tua vita), antologia che riunisce i primi otto racconti di Chiang. A sorpresa nel 2003 il nostro ritira la sua candidatura al Premio Hugo, a quanto sembra perché non soddisfatto della sua opera in gara, Liking What You See: A Documentary (Il piacere di ciò che vedi: un documentario). Due anni dopo ha l’indiscutibile onore di vedere un suo racconto breve, Whats expected of us (Cosa ci si aspetta da noi), pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica Nature pubblicato all’interno della rubrica Futures. Si tratta di un piccolo pezzo di bravura in cui le considerazioni sul libero arbitrio si sposano sapientemente con l’umorismo: “Il mio messaggio per voi è questo: fingete di avere il libero arbitrio. È fondamentale che vi comportiate come se le vostre decisioni avessero importanza, anche se sapete che non le hanno. La realtà non è importante: conta quel che credere, e credere alla bugia è l’unico modo di evitare un coma a occhi aperti. La civiltà adesso dipende dall’autoinganno. Forse è sempre stato così”. TED CHIANG, Whats expected of us (Cosa ci si aspetta da noi, 2005; in L’altra faccia della realtà, a cura di DAVID G. HARTWELL & KATHRYN CRAMER, Mondadori, Milano 2009, pp. 205 – 206.

Il 2007 rappresenta un altro momento di esaltante successo per questo talentuoso scrittore, il suo racconto breve The Merchant and the Alchemist’s Gate (Il mercante e il portale dell’alchimista) vince sia un Nebula che uno Hugo. Un trend positivo che continua nel 2009 con Exhalation (Respiro), che si aggiudica prima un Premio Locus per la categoria Short Story, e poi nell’agosto dello stesso anno uno Hugo. Entrambe le opere sono apparse in italiano sulle pagine della rivista Robot. Chiang ha conquistato nel 2010 il suo quarto, e al momento ultimo, Premio Hugo con il romanzo breve The Lifecycle of Software Objects (Il ciclo di vita degli oggetti software); uscito nel nostro paese all’interno della collana Odissea Fantascienza della Delos Books. Le storie basate su robot antropomorfi, macchine senzienti e simili, costituiscono una porzione non indifferente della produzione fantascientifica; dagli scritti classici di Isaac Asimov ai più recenti esiti del cyberpunk di William Gibson, sono stati versati fiumi di inchiostro a riguardo. Per non parlare  di un analogo interesse che ritroviamo nel mondo della celluloide, come nel leggendario Blade Runner di Ridley Scott, oppure della “letteratura disegnata”, basti pensare ai manga del giapponese Masamune Shirow. Dunque si potrebbe pensare che il concetto di Intelligenza Artificiale, sopratutto nel corso degli ultimi anni, sia stato abbondantemente sviscerato e    analizzato in ogni maniera possibile. Invece Chiang riesce ancora una volta a stupire i suoi lettori offrendo loro una prospettiva inedita relativa alla nascita, allo sviluppo e alla crescita di un particolare tipo di software intelligente. Quest’autore, analogamente all’australiano Greg Egan, un altro nome di spicco della più recente fantascienza hard, cioè rigorosamente tecno-scientifica, può a volte dare l’impressione di dimenticarsi il fattore umano nelle sue storie, perdendosi in complesse elucubrazioni espresse nel più contorto dei linguaggi specialistici. Effettivamente Chiang, pur essendosi diplomato  nel 1989 in quella fucina di talenti che è il Clarion Writers Workshop del Clarion State Collage della Pennsylvania, un corso intensivo di sei settimane per aspiranti autori di sci-fi e fantasy, mostra sin troppo spesso di non conoscere la regola “show, don’t tell”; con pochissimi dialoghi e con una onnipresente voce narrante pronta a esporre, delucidare e spiegare come se si trattasse di una conferenza di cosmologia.

Questa predominanza del narrato sul parlato, del didascalico su qualsiasi altra considerazione di ordine narrativo, non è comunque infrequente nel racconto filosofico, anzi possiamo quasi considerarla come una caratteristica congenita di questo sottogenere più che un difetto tipico dello stile di questo scrittore. Chiang comunque, esattamente come Egan, autore con cui pare condividere pregi e difetti, riesce a liberarsi da tale cliché in quelle che sono le sue prove migliori come scrittore; basti pensare agli umanissimi protagonisti di  La storia della tua vita LInferno è lAssenza di Dio oppure proprio di questo recente Il ciclo di vita degli oggetti software. In quest’ultima sua fatica egli invece riesce a regalarci un ritratto femminile a tutto tondo, quello della zoologa Ana Alvarado, costretta prima a un lavoro di ripiego in un zoo come addestratrice di animali, dato che in natura non esistono praticamente più scimmie allo stato brado, poi a un lavoro ancor più insolito in compagnia di alcuni programmi senzienti. Questi animali virtuali, delle Intelligenze Artificiali capaci di vivere nella Rete assumendo l’aspetto di diversi avatar zoomorfi simili a cartoon, ma anche di entrare nel mondo reale indossando dei corpi robotici, divengono alla stessa maniera degli umani che badano a loro, si preoccupano del loro benessere e del loro futuro, degli autentici protagonisti. La natura del rapporto, quasi madre-figlio, che Ana riesce a instaurare con Jax; una di queste creature digitali, che Chiang chiama digients (digienti nella traduzione italiana), diviene uno dei punti focali di tutto il romanzo. Questa donna si batterà con coraggio per il benessere di Jax e dei suoi simili, quando questi ultimi diverranno obsoleti, giudicati inutili in base alla spietata logica del profitto e delle leggi del mercato, lei sempre sarà dalla loro parte affinché per loro ci sia un domani; sperando che un giorno anch’essi saranno considerati delle persone. Leggendo Il ciclo di vita degli oggetti software è impossibile non pensare ai racconti della serie dei Supertoys dell’inglese Brian Aldiss, raccolti nell’antologia Supertoys Last All Summer Long (A.I. – Intelligenza Artificiale), poi serviti da base per il film A.I. Artificial Intelligence (A.I.-Intelligenza artificiale), pellicola progettato da Stanley Kubrick prima di morire ma realizzato da Steven Spielberg. Le vicende narrate da Aldiss dell’androide dalle sembianze infantili chiamato David, costretto a prendere coscienza di sé e della propria natura, imparando a relazionarsi con gli umani tra mille difficoltà, ha molte analogie con quella di Ana e Jax di Chiang; tra tutte il rapporto di carattere genitoriale che viene a instaurarsi tra un umano e un essere sintetico. Lasciamo il piacere di scoprire quale sarà il destino ultimo dei digienti a chi vorrà leggere Il ciclo di vita degli oggetti software, così come lo stabilire se questi ultimi siano realmente coscienti o meno, oppure se non siano nient’altro che dei sofisticati giocattoli. Alla conclusione di questo nostro discorso possiamo dire questo; forse il cyberpunk, come molti sostengono, sarà morto ma moltissime tematiche affrontate in precedenza da questo movimento, come l’Intelligenza Artificiale e la robotica, sono a tutt’oggi di grande attualità. Chiang, incentrando la sua narrativa sulle idee e sulla speculazione filosofico-scientifica, pare essere del medesimo avviso; dimostrando così la possibilità di scrivere una letteratura fantastica dalle solide basi, capace di resistere all’usura del tempo, al di là dell’effimero ciclo delle mode.

Sinossi di Il ciclo di vita degli oggetti software.

Negli anni Cinquanta Alan Turing ipotizzava di poter far “crescere” un’intelligenza artificiale istruendola come se fosse un bambino: fornendole i migliori organi sensoriali per mettere la macchina in contatto col mondo e cominciando a insegnarle a parlare e a capire il linguaggio umano. Ma come sarebbe, davvero, allevare un’intelligenza artificiale nel mondo contemporaneo, l’era di internet fatta di società startup, di giochi di ruolo online, di software open source? Ted Chiang, che qui si cimenta per la prima volta su un’opera lunga, racconta la storia di due persone e del loro particolarissimo “cucciolo”, descrivendo i particolari ma inevitabili problemi che dovranno affrontare, come gli aggiornamenti dell’hardware e l’obsolescenza del software. E contemporaneamente propone una riflessione sulla reale differenza tra intelligenza e potenza di calcolo, e su cosa significhi davvero rapportarsi con un’entità artificiale.

Note

(01) Gli alieni che appaiono in questo racconto hanno un sistema per la lingua parlata completamente diverso da quello impiegato per la redazione di documenti scritti: “In effetti, sarebbe più corretto riferirsi al sistema di scrittura come Eptapode B, e usare Eptapode A esclusivamente per richiamarsi alla lingua parlata”. CHIANG, Storia della tua vita, p. 384.

 

 

 


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