Re Artù: Dall’Historia alla vulgata delle Nebbie


Re Artù: Dall’Historia alla vulgata delle Nebbie.

A cura di Maurizio Vicedomini

[…]Ma suo fratello Uther, avendo creato l’unità del regno, prese la corona, e con il consenso universale fu spinto a regnare. E ricordando le spiegazioni che Merlino gli diede sulla stella prima menzionata, comandò che due dragoni d’oro fossero costruiti, in somiglianza al drago che vide nella coda della stella. Appena furono completati, con una meravigliosa bellezza di fattura, ne regalò uno alla chiesa cattedrale di Winchester, ma tenne l’altro per se stesso, per essere portato con sé nelle sue guerre. Da quel momento in poi, egli fu chiamato Uther Pendragon, che in lingua britanna indica la testa del drago; il motivo di questo appellativo venne dalla predizione di Merlino –  per l’aspetto di drago [della stella. N.d.t.] –  che lui dovesse essere re.

Goeffrey of MonmouthHistoria Regum Britanniae

 

Il Ciclo Bretone – o Arturiano – è uno dei più antichi testimoni della letteratura romanza, di successo ben maggiore rispetto a quelli che l’accompagnavano, come il Ciclo Carolingio e quello Alessandrino.

La fortuna di queste storie è dovuta alla grande varietà di temi – nonostante le tematiche cavalleresche siano sempre al centro – e al numero enorme di autori che hanno contribuito alla sua espansione.

Oggi chiunque conosce Artù, Ginevra, Merlino, Morgana, Lancillotto. In molti ricordano anche personaggi secondari, come Gawain, Parsifal o Morgause, ma le storie oggi risapute sono ben diverse da quelle che si narravano nel dodicesimo secolo d.C., quando il ciclo ha trovato il suo inizio.

Partiamo da un presupposto: la maggior parte dei personaggi più conosciuti non era presente agli albori della materia. Lo stesso Lancillotto, così importante nella vulgata moderna, è un personaggio creato circa venticinque anni dopo l’opera principale. Ma andiamo con ordine.

Il Ciclo Arturiano deve la sua piena paternità a Goeffrey di Monmouth, un monaco benedettino – secondo alcune fonti – che riunì diversi frammenti ormai sconosciuti nella sua opera più grande, la Historia Regum Britanniae (Storia dei Re di Britannia). Monmouth si considerava uno storico, sebbene oggi il suo trattato – che può essere considerato il primo best-seller della storia – sia riconosciuto come opera di fantasia. In questa viene trattata la storia di Britannia dai primi abitanti – che secondo Goeffrey si sono insediati all’epoca dell’assassinio di Giulio Cesare, quindi nel 44 a.C. – al primo re effettivo, cioè Athelstan d’Inghilterra, nel 927 d.C.

La parte che più interessa questa trattazione va dal capitolo VI al capitolo XI. A metà del sesto capitolo, infatti, Vortigern – consigliere del re Costante – lo assassina e prende per sé la corona di Britannia. Fratelli di Costante sono Aurelio Ambrosio e Uther.

Da questo punto in avanti, la storia è già differente da come la si conosce oggi. I due fratelli sconfiggono Vortigern, e Aurelio Ambrosio sale alla corona. Uther come suo comandante sconfigge i figli dell’usurpatore, per lunghi anni di guerra.

Una parte conosciuta è quella relativa alla stella a forma di drago: Uther, inviato in Irlanda per recuperare le pietre dello Stonehenge con Merlino, vede la cometa che segna la morte del fratello, e quindi un auspicio per il suo regno.

La storia che segue è nota a tutti. Uther s’innamora di Igraine, moglie del duca di Cornovaglia (allora chiamato Kernow) Gorlois, e con l’aiuto di Merlino assume le sembianze del marito per giacere con la donna.

Da quell’unione nascerà Artù.

Nell’Historia di Monmouth non si fa parola di Ginevra o Lancillotto, come già detto, né dei famosi cavalieri della tavola rotonda. I personaggi noti sono solo il re, Merlino, Lot del Lothian, Igraine, Morgana e Anna (Morgause nella vulgata successiva). A chiusura del capitolo XI viene presentato Mordred e la sua storia di tradimento.

È bene far notare come Mordred non sia il figlio di Artù, ma solo il nipote, figlio di Anna e Lot.

Gli altri personaggi – più o meno noti – appaiono successivamente, grazie ad autori francesi dell’epica duecentesca.

Importante in questo senso è Chrétien de Troyes, che scrisse molte opere sul Ciclo Bretone. Primo – e purtroppo non giunto ai giorni nostri – è il Banchetto della Spalla, un’opera su Tristano e Isotta.

Sebbene il mito di questi due personaggi sia stato collegato solo più avanti alla materia, la trama è più antica anche dell’Historia Regum Britanniae, avendo fonti risalenti all’ottavo secolo d.C.

Opera più interessante è Lancelot ou le chevalier de la charrette, dove viene presentato Lancillotto del Lago e la regina Ginevra, nell’amore che li ha resi famosi.

Anche Dante Alighieri, nel Canto V dell’Inferno, allude a quest’opera:

«Quando leggemmo il disïato riso

esser basciato da cotanto amante,

questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.

Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse:

quel giorno più non vi leggemmo avante.»

(Dante Alighieri, Commedia, Inferno, Canto V, versi 133-138)

Notare come il termine Galeotto stia a indicare Galehault, il siniscalco di Ginevra che portava i suoi messaggi al cavaliere.

Per ritornare a Chrétien de Troyes, altre opere importanti furono Yvain, le Chevalier au Lion, che narra le gesta di Yvain, e l’incompiuto Le Roman de Perceval ou le conte du Graal, che è la prima opera letteraria a menzionare il Santo Graal, in particolare nelle gesta di Parsifal, il più giovane e puro dei cavalieri di Artù.

Tramite queste opere il Ciclo Bretone è stato riempito di nuove gesta, dapprima sciolte, poi legate sempre più intensamente al nucleo di base. Oggi, infatti, nessuno direbbe che Lancillotto o Ginevra non sono personaggi fondamentali delle storie arturiane.

Opere più tarde riuniscono tutte queste avventure in un solo ciclo più o meno coerente. È il caso, ad esempio, de La Morte d’Arthur (letto alla francese) di Sir Thomas Malory, pubblicato per la prima volta nel 1485.

Quest’opera  racchiude in sé le seguenti storie:

  1. Nascita e regno di Artù
  2. Re Artù contro l’imperatore Lucius di Roma
  3. Il Libro di Lancillotto
  4. Il Libro di Gareth
  5. Tristano e Isotta
  6. La Cerca del Santo Graal
  7. L’amore di Lancillotto e Ginevra
  8. La rottura fra i Cavalieri della Tavola Rotonda e la morte d’Artù

Sebbene Sir Malory aggiunga il personaggio di Gareth – fratello di Gawain – al ciclo, la sua importanza sta nel rielaborare in forma unitaria l’intera materia.

La vulgata ha già portato diverse variazioni importanti: si consideri che la Historia di Goeffrey di Monmouth era stata pubblicata circa tre secoli prima.

Morgana, ad esempio, viene vista come una strega dai poteri oscuri già da opere minori precedenti a La Morte d’Arthur, e qui Mordred nasce come figlio d’Artù e di Anna, sua sorella. Vengono inoltre presi a spunto diversi aspetti biblici: alla nascita di Mordred, Merlino consiglia ad Artù di uccidere tutti i bambini nati in quei giorni, e il re gli da ascolto.

Siamo davanti, quindi, a una rielaborazione di tutt’altro tipo: se Monmouth aveva voluto dare origini nobili e cavalleresche all’Inghilterra, Sir Malory punta invece sulla dottrina religiosa, portando la morte di Artù per mano di Mordred come una punizione per il peccato d’incesto.

Ultimo momento importante nella vulgata del Ciclo Bretone è ai giorni nostri. Nell’ultimo secolo abbiamo avuto diverse revisioni della materia arturiana, in particolare per ciò che riguarda Mordred.

Causa di tutto ciò è Marion Zimmer Bradley, con il suo Le Nebbie di Avalon. Questo libro cerca di rimettere insieme le varie fonti antiche, ma prendendosi fin troppe libertà nel concedere a Morgana un ruolo principale nelle vicende. Lo spostamento del punto di vista su Morgana, personaggio di poco conto all’origine e fattucchiera malvagia nella prima vulgata, comporta un totale sconvolgimento dei ruoli.

In questo libro, infatti, Mordred diviene figlio suo e di Artù, relegando ad Anna-Morgause solo il ruolo di madre adottiva. Da questo romanzo in poi – con dovute eccezioni – Mordred viene reso come figlio di Morgana la Fata.

Non era la prima volta che si mostrava un simile scenario. Due anni prima della pubblicazione del romanzo, il film Excalibur presentava Mordred come figlio di Morgana. Il personaggio della strega era tuttavia fuso a quello di Anna-Morgause per motivi di spazio, e a causa di ciò si riconduce alle Nebbie di Avalon la vera svolta in questo senso. Non a caso il film citato si rifà – quasi fedelmente – a La Morte d’Arthur.

Altro tipo di modifica moderna viene presentata da Bernard Cornwell nel suo ciclo Il Romanzo di Excalibur. Cornwell ha il grande merito di mostrare una Britannia com’era organizzata nel quinto-sesto secolo d.C., parlando di Dumnonia, Gwent, Powys, Kernow e tutte le altre regioni e regni com’erano chiamati all’epoca. In questo ciclo la storia viene rimodellata in alcuni punti. Uno dei più significativi è il personaggio di Lancillotto, presentato come uno sbruffone privo di alcuna capacità militare, contrapposto al fratello Galahad, pio e abile guerriero.

Qui Mordred è nipote di Uther, figlio di un suo omonimo, e Artù solo figlio illegittimo.

Questa seconda modifica non ha riscosso tanto successo come Le Nebbie di Avalon da incitare un continuo, lasciando la versione più nota delle leggende quella della Bradley.

In chiusura mi riservo di parlare di Merlino, personaggio onnipresente nel ciclo, e primo ad apparire nella storia della materia di Britannia.

Il personaggio è tratto da una figura realmente esistita, tale Myrddin Wyllt, un bardo vissuto intorno alla fine del sesto secolo d.C. Si dice che fosse abile nel suonare, ma che impazzì dopo una battaglia sanguinosa, prendendo a vagare per i boschi come una bestia. Questo Myrddin fu unito a un altro personaggio, Ambrosio Aureliano, noto per la sua saggezza e conoscenza. Ciò che ne uscì fu Myrddin Emris, ovvero Mago Merlino, o ancora Merlino Aureliano.

C’è comunque da specificare come ogni autore avesse ripreso a modo suo ogni personaggio, con le proprie idee e secondo le proprie fonti, andando a modificare caratteri più o meno importanti. È questo il motivo principale per cui non è possibile creare un testo unitario e certo sul Ciclo Bretone, poiché l’unico modo di farlo sarebbe scegliere un singolo testo e non dar credito agli altri.

In termini filologici l’unica opera che potrebbe essere destinata a far ciò è l’Historia Regum Britanniae, ma si perderebbero le famose gesta di Lancillotto e l’amore con Ginevra, nonché la tradizione del Graal.

Dunque il Ciclo è destinato a restare frammentato e a libera interpretazione dei posteri. L’unica cosa che è possibile fare è tenere presente le opere maggiori, come l’Historia e La Morte d’Arthur, cercando di eliminare le vulgate più recenti, che hanno compromesso la nostra conoscenza della materia di Britannia.

Il sovrano impugnò la lancia e si gettò in avanti gridando: «Traditore, è giunto il giorno della tua morte!»
Ser Mordred si scagliò a sua volta contro di lui brandendo la spada, ma il re già gli affondava la lancia sotto lo scudo e gliela faceva fuoriuscire dal corpo per più di un braccio. E quando l’usurpatore comprese che non sarebbe potuto sfuggire alla morte, si slanciò con tutte le proprie forze in avanti trafiggendosi fino all’impugnatura dell’asta, poi calò la spada tenuta con entrambe le mani sul proprio padre e lo raggiunse a un lato della testa, trapassandogli l’elmo e il cranio.
Subito dopo si accasciava a terra morto.

Sir Thomas MaloryLa Morte d’Arthur

 


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