La notte di Villa Deodati, con un saggio di Danilo Arona – Nova Delphi


La notte di Villa Deodati, con un saggio di Danilo Arona – Nova Delphi

A cura di Alexia Bianchini

Un sudore freddo copriva la mia fronte, i miei denti battevano e tutto il corpo tremava convulsamente, quando, alla luce fioca e gialla della luna che filtrava dalla finestra, vidi la disgrazia, il miserabile mostro che avevo creato.

Frankenstein – Mary Shelley

 Sinossi

La notte del 16 giugno 1816, sulle rive del lago di Ginevra, un gruppo di letterati e intellettuali si incontra a Villa Diodati. Il tempo è umido e freddo, piove. Ispirati dalla lettura di un vecchio volume di novelle fantastiche dal titolo Phantasmagoria, alcuni di loro, tra cui Lord Byron, Mary Shelley e John Polidori danno vita a una “scommessa” letteraria: ognuno avrebbe scritto un racconto fantastico da leggere e confrontare con gli altri nelle notti successive. Nascono così Frankenstein di Mary Shelley, Il Vampiro di John Polidori e La Sepoltura di Lord Byron, opere che gettano le basi per lo sviluppo di moderni generi letterari quali la fantascienza, l’horror e il romanzo gotico moderno. Quello che accadrà in seguito, nella storia della letteratura e nelle loro vite, ha qualcosa di straordinario. Dopo quei giorni, una misteriosa maledizione sembrerà colpire tutti i partecipanti, che moriranno in tragiche circostanze, nell’arco degli otto anni successivi. Tutti, tranne la giovane Mary Shelley, che all’epoca aveva solo diciannove anni e che nel 1818 pubblicherà la prima edizione di Frankenstein, segnando per sempre il corso della letteratura di genere. La Notte di Villa Diodati riunisce per la prima volta le tre opere, in una nuova traduzione, con un ampio saggio di apertura a cura di Danilo Arona.

Villa Diodati è un maniero a Cologny vicino al Lago di Ginevra. Ricordata per essere stata la residenza estiva di Lord Byron, Mary Shelley, Percy Shelley, John Polidori e altri scrittori, nel lontano 1816. Centro nevralgico di film gotici, romanzi moderni e dulcis in fundo anche di fumetti.

Luogo di origine delle celeberrime storie di orrore Frankenstein e Il Vampiro, due non-morti che impazzano sul grande schermo da generazioni, è stata l’ambientazione adatta per l’evoluzione della produzione romanzesca gotica.

Nella famosa e umida estate del 1816 Mary Godwin Wollstonecraft, il suo compagno Percy Bysshe Shelley, Lord Byron ed il suo segretario, nonché medico, John William Polidori, soggiornarono in questo maniero sul lago.

La lettura di racconti su fantasmi e gli intrighi fra loro, diedero vita alla competizione più chiacchierata della letteratura horror.

La notte di Villa Diodati è un libro intrigante. Impossibile non venirne attirati. Il passato viene rievocato, analizzato e smembrato grazie al saggio di Danilo Arona che introduce i racconti. Un’analisi del come e perché, in grado di sviscerare il presupposto della nascita di oscure fantasie primordiali. Quanti misteri si celano dietro quella famosa notte? Che poi si è trattato di molte, e non di una. Quest’adunanza, mitizzata nel tempo, ha dato vita a una competizione fra amici scrittori, concatenati fra loro da legami sentimentali e/o disturbati.

Danilo Arona ci trasporta nel passato, analizzando ogni sfaccettatura di quell’incontro letterario che segnò la storia del fantasy, con la creazione di racconti che hanno lasciato il segno dentro ognuno di noi. Le creature mostruose, parto di demoni interiori, accompagnano da sempre i nostri lati oscuri. Che sia un modo per esorcizzare le paure? Siamo fatti congiuntamente di luce e ombre. È inutile celare e schiacciare la parte tenebrosa, bisognerebbe imparare a farci i conti. Gli scrittori di questo genere meraviglioso hanno la capacità intrinseca di mettere alla luce l’oscurità, una sfida all’ultimo sospiro, ogni volta che si da vita a un incubo.

 

VILLA DIODATI HORROR SHOW

 

(Prometeo, Edipo ed Ecate contro il Vampiro)

Il 24 settembre 1840 una donna inglese di 43 anni dal volto austero e orfano di un’antica e ormai trascorsa bellezza, percorre a bordo di un battello la riva nord del lago di Ginevra, il Lemano.

Lei si chiama Mary Wollstonecraft, vedova del grande scrittore Percy Bysshe Shelley e scrittrice di successo a sua volta. L’accompagna il figlio diciottenne Percy Florence in una sorta di viaggio sentimentale alla riscoperta delle “stazioni” della sua fuga giovanile, avvenuta in un’estate lontana nel tempo ma vicinissima nella memoria, quella del 1816.

Giunto all’altezza di Bellevue, il battello punta verso la sponda opposta in direzione di Cologny e Montalègre. Località poco fuori Ginevra in cui si trovano due famose maison à louer, Villa Diodati e Maison Chappuis, che ospitano di solito personaggi celebri con la romantica passione per la vacanza lacustre.

Una volta che il battello ha ormeggiato nel piccolo porto, Mary si perde ancora una volta (ma sarà l’ultima) nella bellezza incorniciata, come spesso capita da quelle parti, dal grigiore di una giornata fredda e cupa che non rende giustizia all’azzurro e al verde della natura circostante. Luoghi dove l’amore per Percy  ha palpitato come mai prima e dopo quell’estate e come mai la creatività condivisa si è lanciata, persino a dispetto dei propri creatori, oltre i convenzionali confini di quel che si definisce come “ispirazione”.

Soprattutto Villa Diodati e Maison Chappuis. Sempre splendide e “viventi”, pur con il loro carico di nuovi e inquietanti fantasmi.

Sì, perché quelli di Villa Diodati, quelli dell’estate del 1816, sono già tutti morti.

Percy, Byron, John Polidori, il piccolo e adorato William, che è volato via nel giugno del ’19 a soli tre anni. Persino Matthew Gregory Lewis che alla Villa fu una presenza a dir poco sfuggente. Persino Allegra, all’epoca solo un tenero e invisibile angioletto che stava crescendo nel grembo della madre.

Tutti.

Tranne lei, la madre di Allegra, l’odiata Claire.

La location è nota: Villa Diodati, nei dintorni del lago di Ginevra. La data pure, la notte fra il 16 e il 17 giugno del 1816, così come il gruppo di personaggi riuniti nella leggendaria sfida attorno ai torrioni della paura, ovvero Percy e Mary Shelley, Lord George Gordon Byron, John William Polidori e Claire Clairmont. Soltanto a tre di loro (la Shelley, Polidori e Byron) dovremo dedicare la nostra attenzione in quanto di loro competenza sono i titoli raccolti nel volume che avete tra le mani: Frankenstein ovvero, il Prometeo moderno, Il vampiro e il frammento La sepoltura. A suo modo Shelley se ne tirò fuori e Claire non possedeva, pur forse agognandola, l’energia necessaria per il mestiere della scrittura. Però ci provò, stando a quel che relaziona Polidori nel suo diario. E che fosse scrittrice, per quanto incostante, lo testimoniano vari Journal, suoi e di Mary. In verità le cose non sono così semplici. Né da riportare né da interpretare. Mai come in questo caso l’incrocio fra vita reale e immaginario condiviso è stato tanto denso e complicato. Mai come in questo, parafrasando Franco Pezzini e Angelica Tintori, la più fascinosa ambiguità nasconde e confonde la realtà degli eventi nonché le origini del fantastico moderno e della nuova teratologia. Faremo del nostro meglio per districarci in tanta, affascinante congerie, avvertendo che chi vi “parla” è scrittore affetto dalla più famosa delle manie dei narratori, quella di colmare i “buchi” della trama con la propria inadeguata fantasia. Opererò al meglio a favore dell’oggettività e della verità storica.

Per chi, come il sottoscritto, è cresciuto nella convinzione che i grandi Archetipi della paura moderna siano scaturiti dall’interazione – anzi, dalla collisione – del profondo e personale vissuto motivazionale di questo o di quell’autore, opportunamente segnato da traumi e da tracce incancellabili, con quello che in psicanalisi è noto come l’Inconscio Esterno lacaniano, la notte del 16 giugno 1816 in quel di Villa Diodati dovrebbe rappresentare la madre di tutte le prove a sostegno.

Usiamo il condizionale, come avrete notato. In realtà il condizionale è d’obbligo, perché intanto non ci fu “una” sola mitica notte. Di sicuro se ne susseguirono diverse che poi il Mito ha in qualche modo provveduto a confondere. Ma non c’interessa neppure la precisione cronachistica dei diari e delle lettere dei protagonisti. Siccome siamo qui per rendervi partecipi di visioni oniriche e allucinazioni creative, ci piacerebbe che la nostra ricostruzione potesse sempre tener conto di una condivisibile quanto paradossale affermazione del celebre psicanalista francese, quella sottolineante che l’inconscio non è il profondo, il misterioso o l’abissale, ma piuttosto “un effetto di superficie”. “Come un herpes che fiorisce nel viso in un giorno di festa”, scrive Lacan. In altre parole, l’inconscio non sta dentro ai corpi, ma è fuori. Un “fuori” che Lacan chiama l’Altro – con la maiuscola -, l’Altro che è il linguaggio, ovvero il mondo percepito e definito entro le cui leggi i soggetti devono muoversi.

Abbiamo ovviamente schematizzato e strumentalizzato il pensiero lacaniano, ma proviamo a immaginare a cosa potesse corrispondere nel giugno del 1816, a Villa Diodati, quel “mondo attorno ai corpi”. Una natura imbizzarrita e un’atmosfera da fine del mondo, una congrega di artisti con rapporti interpersonali a dir poco complessi, i fantasmi di ognuno in piena deflagrazione, disturbi della personalità e sintomi post-traumatici.

Frankenstein e Il vampiro furono così i coerenti prodotti di un incrocio straordinario di circostanze fuori dall’ordinario. Ma i cinque di Villa Diodati lo erano sul serio fuori dall’ordinario. Ognuno a suo modo, con le proprie peculiarità e le proprie ferite. Sempre sul confine tra la sfida cosmica e l’esperienza demoniaca. Il cielo lampeggiante dell’estate 1816 rappresentò al meglio quel coacervo di mondi ctoni e inconsci che, una volta fuoriusciti, non ne vollero più sapere di rientrare. L’abissale nascosto che divenne vertigine infinita dello sguardo. […]

Danilo Arona

Danilo Arona, scrittore, critico cinematografico e letterario. È autore di saggi sul cinema fantastico, quali Vien di notte l’uomo nero – Il cinema di Stephen King (Puntozero, 1997), Gli uccelli di Alfred Hitchcock (Unmondoaparte, 2010) e L’alba degli zombie – Voci dall’Apocalisse, il cinema di George Romero (Gargoyle Books, 2011). Tra le sue ultime pubblicazioni ricordiamo: L’estate di Montebuio (Gargoyle Books, 2009), Ritorno a Bassavilla (Edizioni XII, 2009) Bad Visions (Mondadori, 2010) e Malapunta (Edizioni XII, 2011).

Suoi interventi critici sono reperibili nei volumi Io credo nei vampiri di Emilio de Rossignoli (Gargoyle Books, 2009) e The Fincher Network (Bietti, 2011).

Il suo sito: www.daniloarona.com

 

 

 

 


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