Intervista all’autore Fabrizio Corselli – DRAK’KAST


INTERVISTA FABRIZIO CORSELLIDrak’kast

A cura di Alexia Bianchini

Oggi siamo qui su Fantasy Planet con uno scrittore in grado di imprigionarci nelle sue poesie e trasportarci nella sua prosa capace di evocare  mondi fantastici. Con Drak’Kast, un poema fantasy edito da Edizioni della Sera, con la quarta di copertina curata da Ciruelo Cabral , Fabrizio Corselli, in veste di bardo, ci narra le gesta di Elkodyas, il leggendario drago mutato in un elfo cantore.

NOTE BIOGRAFICHE

Fabrizio Corselli è uno scrittore di poesia a carattere epico-mitologico e un saggista italiano. Nato a Palermo nel 1973, vive e lavora come educatore a Settimo Milanese. Proprio nell’ambito didattico cura il progetto Calypsos, volto all’intensificazione del linguaggio nel disabile attraverso la poesia. È redattore della rivista nazionale InArte, dove si occupa della rubrica Mythos. Diverse le pubblicazioni su riviste e cataloghi del settore: ha collaborato con il Salone Internazionale di Parigi, con il Museo Beleyevo di Mosca e con Mediabrera (Milano); è stato segnalato sul sito della Treccani per la positiva riscrittura dei classici greci in relazione all’epica sportiva antica e collabora con l’associazione internazionale di cultura ellenica Mondogreco, per la quale ha recensito la celebre mostra La Forza del Bello di Mantova e quella sul Canova presso il Palazzo Reale di Milano.

SINOSSI

Quello di Drak’kast è un mondo rischioso, selvaggio, dominato da profondi e oscuri misteri che aspettano solo di essere riportati alla luce. Un mondo in cui ognuno è costretto a sfidare la stirpe dei draghi e la sua egemonia, aprendosi un varco nel fuoco con il crudele acciaio nel pugno… o andando incontro alla morte. In questa era, meglio conosciuta come Primordium Draconis, esiste però anche chi ha scelto di non combattere i draghi: gli Hadragnir, incantatori disposti a sposare la loro causa per preservare l’equilibrio tra le razze. È qui che entra in gioco il personaggio di Elkodyas, il leggendario drago mutato in un elfo cantore, unico eroe tanto audace da sfidare le insidie e i pericoli celati nella Foresta di Smeraldo alla scoperta di quei segreti che per troppo tempo sono rimasti confinati in essa. Avventura, melodia e incanto. Drak’kast è tutto questo. Da tempo niente era più così epico.

QUARTA DI COPERTINA di Ciruelo Cabral

“I miei draghi sono nati per portare l’arte agli uomini. Essi cercano di ricordare alla società che l’arte, la poesia, la musica hanno un enorme potere che non dobbiamo ignorare. Sono davvero contento che i miei draghi accompagnino i versi di Fabrizio Corselli in queste meravigliose storie. Spero proprio che questi versi e le immagini rievocate dei miei draghi possano incantare chiunque legga il libro, permettendogli di condividere altri mondi, anche se per un momento solo.”

Ciruelo Cabral

INTERVISTA ALL’AUTORE

1. Ciao Fabrizio, ci vorresti parlare un po’ di te?

Sono nato a Palermo nel 73, e adesso vivo a Settimo Milanese, presso cui lavoro come Educatore alla Scuola Primaria. Col sostegno che seguo, ho inoltre avviato un progetto educativo che ha il nome di Calypsos, atto a rinforzare il linguaggio nel disabile attraverso la Poesia. Sono un amante della Musica, soprattutto Classica e Power Metal, impiegando oltremodo la prima in una serie di progetti letterari. Sono un incurabile amante dei Giochi di Ruolo da tavolo e amo molto il Fantasy come genere letterario. Tendenzialmente ho un carattere fin troppo esuberante, e in questo si riscontra anche la mia tendenza all’improvvisazione orale. Mi piace versificare anche quando non dovrei.

2. In quale genere di scrittura ti senti più appagato?

Sicuramente la Poesia. Diciamo che è una questione naturale. Non l’ho scelta, mi sono avvicinato a questo genere nel tempo, secondo istinto. Alla fine è un po’ come chiedere a un pittore perché ha scelto di usare il pennello o allo scultore lo scalpello. Io mi ritrovo pienamente nel verso e attraverso di esso riesco a esprimermi al meglio. Mi sento libero, seppur facendo uso di una serie corposa di tecniche retorico-stilistiche, ma non per questo il tutto è reso artificioso; per il genere che tratto è necessario. Inoltre possiedo un’ottima attitudine all’improvvisazione orale, e di ciò ne faccio buon uso per la stesura dei miei poemi, e in particolar modo per il Gioco di Ruolo.

3. Ci potresti parlare di Drak’kast?

Drak’kast è legato in maniera profonda al mio lavoro di Educatore. Esso nasce tendenzialmente dalla derivazione del progetto educativo Calypsos che porto avanti tuttora con il sostegno. L’obiettivo è quello dell’intensificazione del linguaggio nel disabile attraverso la poesia e l’improvvisazione orale. Utilizzando la progettualità di Calypsos, ho costruito un percorso ideativo-immaginativo ricorrendo ad alcune immagini del mio illustratore di draghi preferito: Ciruelo Cabral. Ho così messo ben dodici tavole in fila, sul pavimento, creando una precisa sequenza “narrativa”. Da lì ho poi sviluppato la trama e la struttura poetica filtrandola attraverso l’ambientazione Dragonbound, di mia creazione, nata per il gioco di ruolo.

Dragonbound è un mondo selvaggio. La sua linea temporale ha inizio dall’alleanza con gli elfi, dopo la Battaglia del Dyamar, scaturendo tutta una serie di implicazioni non solo sociali ma anche di potere. La prima grossa novità a caratterizzare tale periodo è stata l’unificazione del linguaggio, fondendo il Tefrast, la lingua dei draghi e l’Eleamar, in un prodotto finale che è il Teframar. Da questa unione, le derivazioni sono state molteplici e diversificate, sconfinando perfino nella magia. Di questo portento ne fruiscono tuttora gli Hadragnir, gli incantatori di draghi: una casta costituita dai draghi stessi per mantenere l’equilibrio fra le due razze. Elkodyas, il Bardo, protagonista del Drak’kast, è per l’appunto un hadragnir molto speciale, oltre che un drago metamorfosato (naùstarak). Drak’kast narra della sua storia (o meglio di una in particolare).

Per chi lo volesse, è possibile scaricare Dragon Tales sul sito ufficiale dell’opera (www.drakkast.sitiwebs.com), una sintesi dell’ambientazione di Dragonbound. La consiglio vivamente.

4. Parlaci dei tuoi draghi.

I miei draghi sono molto diversi dallo standard classico di depositari di una conoscenza antica, di esseri solitari e arroganti, di creature che vedono l’uomo soltanto come un essere inferiore; essi sono pur sempre affascinanti nella loro altera istintualità, nel loro aspetto ferale di eccelsi predatori, oltre che detentori d’una magia portentosa. La maggior parte di loro sono amanti dell’Arte e della Musica e ricercano in esse l’atavica forza dell’Incanto; lo stesso potere lo si ritrova nella mitologia greca, nelle azioni straordinarie che compie il cantore di Tracia, Orfeo, alle quali si ispira oltremodo l’opera di Drak’kast. La natura del drago però è molto più profonda. La peculiarità di queste creature, e nella fattispecie del naùstarak, ossia il drago metamorfosato, di cui peraltro fa parte il protagonista del poema, risiede nel termine stesso. Drago deriva dal greco “drakon” e nella fattispecie si concentra la sua attenzione sulla radice derkomai, ossia “avere un determinato sguardo”. Uno sguardo quasi ninfale che è quello della poesia, un eccezionale visore di una realtà altra, di una realtà straniata, inedita agli occhi del lettore e che scava all’interno del microcosmo di ogni singola strofa. Al drago si lega però anche la natura elfica, intesa come quella straordinaria incarnazione della Bellezza, della ricerca del Bello, e che insieme al derkomai diviene in maniera estesa lo “sguardo profondo del Bello” che opera oltremodo attraverso una terza componente: la Musica. Alla fine, il disvelamento è il principio del Drak’kast.

5. Figure epiche e arcani da svelare. Qual è stato il passo più difficile nella stesura della tua opera?

Drak’kast fa uso di molte figure epiche, partendo già dallo stesso drago. L’intera opera è disseminata di creature tipiche dell’immaginario collettivo, ma attraverso il tocco poetico esse assumono una forma diversa, una visione inedita. Esso è pieno di Portenta e di Prodigia, se proprio volgiamo citare Virgilio. Tutto il contesto è ammantato da un’eterna coltre di magia, di incanto. La figura che più amo in quest’opera è, senza dubbio, quella di Alkagyrre, l’Unicorno dell’Aria, della stirpe deleyr.

Il passo più difficile nella stesura del Drak’kast è stato il continuo monitorare della coerenza dei versi, gestire la loro tensione dialettica, ossia di relazione tra un elemento e l’altro. Pensa all’intera opera come a un puzzle, e ogni singola parola, ogni singolo fonema come a un pezzo con più aperture o protrusioni. Ognuno di essi è in diretto contatto con un altro ancora, e così via. È un po’ come comporre musica, la nota deve stare al suo posto e si lega alle altre nella strutturazione dell’armonia e della melodia insieme. Cambi anche una sola sillaba, e tutto va a monte.

6. Come ti sei trovato con l’illustratore Ciruelo Cabral a cui ovviamente faccio i miei complimenti?

Molto bene. Ciruelo è stato molto disponibile, abbiamo discusso del progetto tempo fa, quando Drak’kast era ancora in formato PDF, per il download gratuito; diciamo una versione molto ridotta. Del resto, l’opera nasce da un percorso ideativo-immaginativo, partendo da ben dodici tavole di Cabral, che poi sono divenute vere e proprie sezioni tematiche. Nella versione cartacea questa indicizzazione è saltata. Cabral è stato molto entusiasta del progetto, soprattutto perché il personaggio di Elkodyas è modellato sull’immagine del suo drago Hobsyllwin, The White Guardian. Recentemente ho ricevuto la sua approvazione e i complimenti per l’aspetto grafico del libro, soprattutto della copertina dell’artista Cesarina Ciotti.

A scanso di equivoci, come ho già in altra sede, il libro non contiene affatto le illustrazioni di Cabral.

7. Raccontaci cosa vuol dire essere uno scrittore di poesia a carattere epico-mitologico.

Scrivere un poema non è la stessa cosa di scrivere una poesia da silloge. La differenza è radicale. Richiede soprattutto pianificazione, piena consapevolezza della struttura versificatoria, buona conoscenza del verso e il possedere una conoscenza base delle diverse figure retoriche, nonché tenere a mente la sua dimensione euritmica, cioè di dislocazione armonica delle parole, ossia ogni cosa al suo giusto posto. La parola euritmia, del resto, la ereditiamo dall’Architettura. Il poeta è un costruttore; da questo punto di vista, preferisco usare il verbo “comporre” e non “scrivere”. Soprattutto serve una buona dose d’inventiva e capacità di connessione. Come ogni poema che si rispetti, il testo prevede una divisione in sezioni tematiche di modo che si possa affrontare in maniera precisa ogni singolo aspetto del testo, in particolar modo il profilarsi della storia principale e la relazione con i suoi componenti (personaggi secondari, luoghi, ecc.). Essere uno scrittore di poesia a carattere epico-mitologico significa essere impegnati in un processo creativo intenso, straniante, ai limiti dell’espressività, per l’appunto il tendere verso l’Ineffabile, verso la solennità della parola, che non va confusa con l’altisonanza”. Musica e verso sono amanti molto passionali.

La mia poetica non opera come emulazione dell’Epica classica, peraltro presuntuoso pensarlo, bensì si realizza attraverso un processo di assimilazione, ossia di recupero delle tecniche e degli stili della tradizione antica per la creazione di un sistema formale unitario che si avvicini il più possibile al nostro di “moderno”. Stile che, per l’appunto, ho coniato col termine di “Epica forma”. In Drak’kast il principio è stato un po’ diverso, avvicinandolo più al genere della fiaba, più alla tradizione bardica. Pertanto, dico ai detrattori, di cancellare sin da adesso dalla loro mente ogni tendenza a vedere Drak’kast come l’usurpazione di un poema antico. Drak’kast ha più il gusto di un racconto breve, di quelle storie che si raccontano intorno al fuoco. Pertanto sarebbe assurdo fossilizzarsi sulla questione di una trama minimale o altro; questo è l’errore di chi si avvicina a un’opera poetica con gli occhi di un lettore di narrativa. Come ha ben evidenziato qualcuno su un portale, nella recensione, Drak’kast si afferma per il suo modo di raccontare una storia. Drak’kast è prima di tutto un Canto, seppur di circa tremila versi.

8. Quanto conta il Mito nella letteratura?

Il mito ha una sua importanza nodale, sia come particolare forma di narrazione che, attraverso elementi fantastici, cerca di spiegare l’origine del mondo e dell’umanità, sia come inesauribile fucina di elementi a supporto della creazione letteraria. I miti diventano dei modelli. In ogni caso, oggi il mito non rappresenta più un “fatto culturale” come lo era nei tempi addietro, poiché legato alle credenze religiose, ai modi di vivere e pensare, e ai valori morali di un popolo. Io, invece porrei l’accento più sull’aspetto della mitopoiesi, della creazione di un “mito”, di un insieme di elementi atti a strutturare un vero e proprio mondo, una nuova realtà coerente con i suoi eroi, i suoi personaggi, i suoi luoghi e leggi naturali. Il mito è alla fine l’incarnazione della facoltà immaginativa dello scrittore.

9. Secondo te siamo in grado di vedere le bellezze e le simbologie di un tempo in una società come la nostra che corre veloce verso il futuro?

Mi piacerebbe pensarlo, ma non è proprio così. Nell’era in cui viviamo le “bellezze” e le “simbologie d’un tempo sono state del tutto fagocitate dalla moltitudine delle cose, si sono con-fuse, e in tale amalgama caotica, individuarle è abbastanza arduo. In un’era in cui si corre freneticamente non c’è più posto per la riflessione; trovare un microscopico ritaglio di tempo per pensare, ma ancor più difficile, per analizzare, guardare oltre è oltremodo complicato. E così, anche la poesia o un testo che richiede tempo, che richiede la sua dovuta realizzazione semantica per potere funzionare, proprio in termini letterari, si smorza in un processo pressoché angoscioso. Questo tendenzialmente per la poesia che opera e vive di simbologie, di metafore e di sovradimensionamento delle strutture, nella sua costruzione di livelli di senso. Anche la narrativa opera un siffatto processo, anche se meno pretenziosa, ma è in un rapporto più complessivo. Disambiguare in questo caso figure, simboli, allegorie è più semplice. Di essi la poesia ne fa suoi elementi costitutivi al pari di cellule vitali.

Per tale motivo la categoria del bello che, più di ogni altra, considero adatta, o meglio connaturata, al tipo di società nella quale viviamo è la Subtilitas: «Ben sappiamo, che a noi piace ciò che è semplice e chiaro, e rifuggiamo da ciò che risulta oscuro e non distinto, poiché possiamo arrivare facilmente ad intenderlo, a scorgere la sua armonia e bellezza. Al contrario, se posti di fronte a qualcosa di complesso, di difficile o confuso, riusciamo a darne spiegazione, a comprenderlo, a conoscerlo in tutta la sua pienezza, allora il piacere che ne deriva da tale contemplazione sarà maggiore». (Wladyslaw Tatarkiewics). La lettura si trasforma in ricerca delle passioni, il sapere in archeologia del pensiero.

10. Cosa consigli ad un autore che vorrebbe far visionare i propri scritti?

Prima di tutto, aver chiaro in mente cosa si pretende dall’opera, o meglio cosa l’autore insegue quale fine specifico, Molti sono gli autori che abbandonano perché delusi dai continui rifiuti o perché vengono disattese le loro aspettative, una volta pubblicato. Secondo poi, fare una consapevole cernita delle Case Editrici alle quali mandare il proprio manoscritto, specialmente in rapporto all’affinità; quindi prendere più informazioni possibili su forme contrattuali e generi trattati, soprattutto per non spendere soldi inutili di raccomandata, per poi scoprire alla fine che quella casa non tratta il genere prospettato. Infine, non arrendersi e avere sempre un approccio più critico e meno emotivo nei confronti dell’opera considerandola a priori un capolavoro. Questo perché spesso nascono diverbi o livori fra chi seleziona e lo scrittore stesso, imputando al primo una sorta di incapacità nel comprendere il proprio “creato”. Umiltà e consapevolezza, in particolar modo.

11. Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Per adesso sto lavorando al secondo canto del “Drakkamal, la Saga dei Draghi Eterni” di cui fa parte Drak’kast. Ogni canto della Saga, autoconclusivo, approfondisce un particolare aspetto di un drago specifico. In più, sto revisionando un’altra opera a carattere mitologico che presenterò alle Case Editrici.

Un sentito grazie a quest’autore che si è reso disponibile per un’intervista. Attendendo con ansia i suoi prossimi progetti gli auguriamo un grande successo.


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