Recensione: Harry Potter e l’ordine della fenice


Harry Potter e l’ordine della fenice.

A cura di Fabio Cicolani

Dopo successioni in cabina di regia – più o meno felici – la Warner Bros piazza al timone David Yates, il Caronte che traghetterà la saga verso la fine. Sarà Yates a dare agli ultimi capitoli l’impronta più anonima ai film, sposando alla perfezione le atmosfere dei libri, senza far leva su aspetti e scelte troppo personali.

Era forse questo che i potteriani doc si aspettavano? Chi può dirlo.

Si parte con L’Ordine della Fenice, il romanzo forse meno curato della saga, ricco di dettagli e scene spesso superflue, il più diluito e il volume più consistente. Approdo quindi non facile per Yates, che assieme allo sceneggiatore storico Steve Kloves si trova a dover sfoltire trama e personaggi di numerosissime pagine, aprendo voragini di non poco conto nella trama dei capitoli successivi.

La storia non è delle più lineari: Voldemort è tornato ma l’unico ad averne la certezza (esclusi gli alleati del Signore Oscuro) è Harry Potter. Il Ministero della Magia, terrorizzato dall’eventualità catastrofica del ritorno del Male in persona, fa di tutto per screditare il nostro eroe e chi gli sta vicino. Non solo, Hogwarts fino ad ora rappresentava una sorta di isola felice in cui Harry e i suoi amici potevano sciogliere le intrigate tessiture che il male tramava alle spalle del mondo dei maghi. Ora il male viene legalizzato, è il Ministero in persona che manda un vero e proprio sicario a mettere il bastone fra le ruote a Harry e Silente.

Nota di merito per Imelda Staunton, la terribile e irreprensibile Dolores Umbridge, la sua interpretazione sublima il personaggio del libro, descritto come un rospo dal piglio malefico. I suoi sorrisi di circostanta, il rosa shocking e i gattini sono caratterizzazioni di una personalità disturbata che spesso va a braccetto proprio col male.

Ed è qui che risiede la genialità del capitolo, per la prima volta il male non è nascosto, è rivelato a tutti, appare sotto forma di decreti appesi ai muri, di una caccia alle streghe contro streghe e maghi rivoltosi all’interno di uno stesso gruppo sociale. Non si può fare a meno di sottolineare lo specchio sociale che questa linea narrativa riflette della società umana del ‘900.

Tornando al film, tutto si fa più grigio e polveroso, ma non quel grigio luminoso e giocoso del terzo capitolo, più oscuro. La fotografia diventa pastosa e granulare, lo sporco si impossessa ti tutte le superfici. Nonostante sia stata tagliata tutta la parte in cui i Weasley ripuliscono la sede dell’Ordine (e trovano anche un Horcrux, senza saperlo), la casa di Sirius è logora, sudicia e angusta. Una scelta non da poco, visto l’impegno della Rowling nel descriverla comunque come una casa di ricchi, sfarzosa nel suo disfacimento.

Uno spiraglio di luce rappresentano le scene con l’Esercito di Silente, lì, l’energia anche registica si sente, si sente l’entusiasmo, la voglia di combattere e il coraggio e la fratellanza che hanno contraddistinto la storia di Harry fino ad ora.

La scena finale ci riserva lo scontro magico più spettacolare mai visto fin ora. I due maghi più potenti si affrontano a colpi di magia superiore, che probabilmente non conosceremo mai. Uno scontro che sembra essere ad armi pari: Voldemort combatte come se non avesse niente da perdere, con una crudeltà inaudita, con il solo intento di sovrastare e uccidere. Silente si difende, imprigiona e soprattutto ripara Harry dagli attacchi.

Gli effetti speciali sono sempre notevoli, non c’è altro ambito in cui la spettacolarità delle pagine della Rowling possono prendere vita in modo tanto credibile.

Dal punto di vista della scenografia, ho apprezzato il voler ristabilire una linea univoca con le scelte passate. Si fonde Columbus e Cuaron, resta il grande orologio ma anche le vedute panoramiche del castello di Hogwarts.

Per concludere il quinto film della saga rappresenta, come se fosse necessaria, una conferma dell’investimento della Warner su un blockbuster di sicuro rendimento, è la svolta verso un finale col botto.

Infine, come di consueto ecco i dettagli che collegano il quinto film al settimo. Nell’ultimo film ricercati, costretti a nascondere amici e familiari per paura di spietate ripercussioni, ma mai  arrendevoli. Ecco l’Ordine della Fenice nell’ultimo libro. Grimmauld Place, base dell’Ordine, diventa rifugio iniziale del nostro trio con un Kreatcher redento e collaborativo. Anche la stanza delle necessità (custode di un preziosissimo Horcrux) diventa un rifugio, per l’Esercito di Silente, che è come un Ordine della Fenice in miniatura. Con grande stupore torna alla ribalta anche la perfida Dolores Umbridge, a suo agio nel ruolo di inquisitrice suprema e cacciatrice di indegni mezzosangue. Nonostante la sconosciuta punizione inflittale dai centauri, è più impietosa che mai, pronta a mandare chicchessia ad Azkaban, a servirsi dei Dissennatori per estorcere improbabili confessioni. Chi meglio di lei poteva portare al collo con fierezza (e ignoranza del valore effettivo) un Horcrux?


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